Piazza normale e opposizione anormale

10 Luglio 2008
3 Commenti


Carlo Dore jr.

Le prevedibili polemiche che hanno fatto seguito alla manifestazione organizzata da Micromega e dal Movimento dei Girotondi per protestare contro le “leggi-canaglia” elaborate dal Governo - Berlusconi in questo primo scorcio di legislatura impongono una seria riflessione sul rapporto tra l’opposizione parlamentare e quella che viene tradizionalmente definita come “l’opposizione di piazza”, da considerare nella sua dimensione non contaminata dal qualunquismo fine a sé stesso di qualche comico riciclatosi nell’impegnativo ruolo di Savonarola del Terzo Millennio.
 Scegliendo di non prendere parte “gratuitamente” a “manifestazioni organizzate da altri” (intendendo per “altri” anche intellettuali del calibro di Flores d’Arcais, Andrea Camilleri o Furio Colombo, i quali non hanno mai fatto mancare in questi anni il loro prezioso contributo di idee e proposte alla causa del centro-sinistra italiano), Veltroni ha confermato l’intendimento di “superare la stagione delle eterne contrapposizioni”, di proporre un modello di opposizione riformista che rifiuta il clima proprio di un’eterna emergenza democratica.
 Tuttavia, l’appuntamento di Piazza Navona, debitamente emendato dalle incursioni di Beppe Grillo, ha messo in evidenza una realtà di cui la parte migliore del popolo progressista sembra avere ormai preso ampiamente coscienza: ad un’opposizione che vorrebbe essere “normale ed europea” si contrappone da quasi un ventennio una maggioranza guidata da un leader più adatto (parafrasando le parole di Marco Travaglio) allo Stato Libero di Bananas che ad una moderna democrazia occidentale. Esaltazione della Voce del Principe, Parlamento asservito alla volontà dell’Esecutivo, istituzioni di garanzia ridotte ad silenzio, compagnie di comici ingaggiate per allietare i vertici internazionali, magistrati definiti come “metastasi” del Paese, veline dal sorriso di cartapesta investite di incarichi ministeriali: quale “tela del dialogo” si può tessere in un simile status quo? Cosa c’è di “normale” nel regno del Caimano?  La risposta è: nulla, nemmeno l’opposizione.
 Dopo cinque durissimi  anni di battaglie movimentiste incentrate proprio sui temi della giustizia e della legalità, all’indomani della vittoria del 2006 l’elettorato del centro-sinistra attendeva dall’Unione una svolta netta in ordine alle materie appena richiamate: una svolta che doveva passare attraverso l’adozione di tre provvedimenti fondamentali come l’abrogazione delle leggi ad personam, l’approvazione di una legge in grado di dirimere una volta per sempre ogni possibile ipotesi di conflitto di interessi, l’elaborazione di una disciplina idonea a regolamentare in maniera seria il mercato radio-televisivo. Ma le vicende che hanno condotto alla rapida conclusione della precedente legislatura non hanno assecondato queste concrete prospettive di cambiamento: è stato approvato l’indulto ma non sono state cancellate le leggi vergogna, e la discussione sul conflitto di interessi è stata ben presto sacrificata sull’altare delle sterili polemiche relative ai DICO ed al rifinanziamento della missione afgana.
 Morale: Berlusconi è tornato a Palazzo Chigi, seguito da quell’eterna emergenza democratica che per forza di cose contraddistingue ogni esperienza di governo in cui l’interesse dell’Uomo solo al comando è destinato a prevalere sull’interesse generale. Berlusconi è tornato, ed il centro-sinstra non c’è più, rimpiazzato da un partito indecifrabile che – diviso tra loft, caminetti, correnti, fondazioni ed associazioni – risulta del tutto privo di canali di collegamento con la società civile, ed in particolare con quella fetta di elettorato progressista la quale, lungi dal recepire la logica del ma-anchismo, continua ad individuare nelle materie della giustizia e della questione morale il vero elemento di discontinuità rispetto al vangelo imposto dal demiurgo di Arcore.
 Privata di un partito in grado di rappresentarne con incisività gli orientamenti,  questa fascia di popolo della sinistra non può che rivolgersi alla Piazza per gridare la propria indignazione nel lungo inverno della politica italiana, indignazione che traspare dalle poesie incivili di Andrea Camilleri, dalle acute analisi di Marco Travaglio, dalle vibranti considerazioni di Furio Colombo e Paolo Flores d’Arcais. Ma a chi di politica vive e a chi alla politica non riesce a non appassionarsi resta pur sempre l’amarezza figlia di un’ultima considerazione al veleno: nel regno del Caimano, solamente la Piazza sembra essere rimasta normale.

3 commenti

  • 1 paolo
    10 Luglio 2008 - 08:40

    Io come come altri 25.000 cittadini circa il giorno 8 luglio nonostante il caldo sono stato in piazza Navona, bellissima piazza di Roma, ma chi come mè era li in quella piazza non era li per ammirare le bellezze ma per ribadire che la democrazia la liberta non vanno mai in ferie neanche d’estate con i 38 gradi all’ombra. Molti giornali hanno dato “solamente ” risalto alle parole di Grillo e della Guzzanti ma sono sicuro dalle espressioni e dalle facce della gente che erano li per poter dire di avere almeno una speranza di poter vedere l’Italia come un paese quasi normale.

  • 2 Mauro N.
    10 Luglio 2008 - 11:23

    Certo che finchè qualcuno continuerà a ritenere sterili le discussioni sulla pace e la guerra e quelle sui diritti civili, Berlusconi avra terreno fertile in cui far crescere la sua malapianta. La costituzione si difende nella sua essenza e non a spizzichi, l’articolo 3 assieme all’articolo 11, sempre e comunque, mai a corrente alternata. Mi dispiace Carlo ma proprio non siamo d’accordo! Alcuni eccessi di quella piazza sono a mio avviso il principale effetto della mancanza di partiti e forze politiche capaci di organizzare la protesta dentro un progetto politico complessivo. La pochezza di un personaggio come Veltroni che prende le distanze da coloro ai quali ha chiesto il voto in nome del pericolo Berlusconi, è pari alla tristezza di leader come Di Pietro che mettono il cappello sulle ansie securitarie venate di xenofobia e sulle battaglie in difesa della costituzione, due spinte normalmente in antitesi. Anche personaggi rispettabili come Camilleri o Colombo, col loro comportamento quantomeno confuso, contribuiscono a tenere in piedi il grande inganno del maanchismo. Tutti noi che a Piazza Navona eravamo, in corpo o in spirito, siamo purtroppo l’ultimo baluardo di quell’altra Italia, storicamente minoranza di questo paese, che in molte stagioni è stata capace di essere egemone perchè portatrice di un progetto di emancipazione collettiva, materiale e morale. Senza quel progetto e senza le forze capaci di guidarlo e attuarlo ci si riduce all’indignazione giornaliera per, scusate l’espressione, la “merda” che tutti i giorni ci piove addosso. L’indignazione è un sentimento nobile certo, ma incapace da solo di intercettare milioni di individui dispersi e assediati dalla paura del futuro. Un Aventino dei nostri tempi, destinato purtroppo ad avere lo stesso esito. Scusate lo sfogo!

  • 3 Gianluca S.
    10 Luglio 2008 - 14:46

    E’ strano che Veltroni venga criticato da chi, pur avendo aderito a movimenti che erano contrari alla nascita del PD, non ha avuto remore nel cadere nella logica del voto utile, frutto di un colossale imbroglio dell’entourage mediatico veltroniano, votando PD solo perché aveva paura del comunista col “cachemire” e delle tassazioni delle rendite finanziarie. Così come penso che sostenere che la discussione sul conflitto di interessi sia stata sacrificata sull’altare delle “sterili polemiche relative ai DICO ed al rifinanziamento della missione afgana” sia un’affermazione totalmente gratuita, sia perché la missione in Afghanistan è stata votata da tutta l’Unione (e i distinguo, a partire dalla reale situazione di Kabul, non erano certo peregrini, anche alla luce dei risultati della missione e di quanto accaduto anche ieri), sia perché i tanto deprecati DICO non sono stati approvati per ignoranza da una classe politica che non capisce come il tema della libertà personale, a partire dalla possibilità di vivere serenamente la propria vita sentimentale, sia una delle grandi sfide della sinistra del XXI secolo, per non parlare del fatto che in tutta Europa esiste una legislatura in proposito (e non voglio citare il discorso di Zapatero all’ultimo congresso del PSOE). E poi il conflitto di interessi è stato forse affrontato da Veltroni in campagna elettorale? No, nemmeno lo nominava il Cavaliere: ma allora perché votare l’ex sindaco di Roma e andare in Piazza Garibaldi a fare numero e ad applaudirlo?
    Credo che sia poi frutto della confusione deprecare Grillo e lodare Travaglio, non foss’altro perché questo giornalista ogni lunedì alle 14 tiene un intervento proprio sul sito di Grillo. Rispetto al comico genovese, poi, sono di quelli che pensano che certo in un paese normale uno come lui farebbe semplicemente il suo mestiere di attore satirico e non politica, ma, e questa è la triste verità, in questo momento solo lui pone certe domande, ad esempio sul sistema industriale del nostro Paese (e nell’intervento, al netto del riferimento a Napolitano su cui tra l’altro in passato aveva detto cose ben più pesanti, è stato molto efficace su questi temi). Ma quale partito oggi riflette concretamente sul motivo per il quale i capitalisti italiani riescono a comandare nelle aziende con così poche azioni che se dovessero campare di dividendi sarebbero poveri, guadagnando in un giorno quello che un lavoratore medio guadagna in un anno? Chi mette in evidenza come stia sparendo il ceto medio impiegatizio ed operaio, nerbo dell’Italia del miracolo, per colpa di politiche economiche sciagurate?Solo Grillo purtroppo! No, non dovrebbe essere lui, ma Veltroni a chiedere a Fini, terza carica dello Stato, cosa ci faceva in barca con Tronchetti Provera (uno di quei manager che controllava Telecom con lo zero virgola) a fronte delle migliaia di licenziamenti previsti da Telecom per le prossime settimane.
    La confusione di Piazza Navona c’era e nessuno la nega, ma era dettata proprio da chi dovrebbe esercitare la propria leadership politica di capo dell’opposizione e invece non la esercita per manifesta incapacità, nascosta ad hoc da media compiacenti di sinistra e destra (quando lo ritrovano un avversario così?). E perché, né oggi né ieri dopo la rottura fra PD e IDV, nessuno ne ha chiesto il conto al leader del PD che caldeggiò con forza l’accordo elettorale? La ragione è semplice: perché è il suo ennesimo fallimento (io sto aspettando ancora il gruppo unico fra democratici e dipietristi come ci avevano promesso a febbraio), e a lui, come a Berlusconi, non piace essere definito perdente o sentire la parola dimissioni. Un fallimento che purtroppo viene coperto anche da artisti come la Mannoia e Camilleri, che si lamentano perché non si sta facendo nulla ma poi durante la campagna elettorale hanno fatto “l’endorsement” per Veltroni. Per finire un consiglio: vedere il documentario “Nazirock” e il passaggio sulla manifestazione organizzata da Berlusconi nell’inverno 2007 contro il governo Prodi, insultato pesantemente. Allora nessuno, nel centrodestra, prese le distanze dagli slogan contro il leader dell’Unione anche perché, con quella manifestazione, Berlusconi continuò ad alimentare la delegittimazione del governo in carica e a prepararsi la strada per il ritorno trionfante a Palazzo Chigi.

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