Valentino Parlato
Col titolo “17 marzo. Fiacche bandiere e fischi per Silvio”, ecco su Il Manifesto la cronaca della giornata del 17 nella capitale: Valentino Parlato vede nei fischi reiterati al Cavaliere un possibile promettente avvio di una nuova fase della politica italiana.
La giornata di ieri, per celebrare il centocinquantesimo anniversario non della Repubblica ma dello stato italiano, quello fatto dai Savoia, sia pure con il forte consenso di Giuseppe Garibaldi e di molti non «savoiardi», è stata piuttosto fiacca e burocratica. Anche i fuochi d’artificio tricolori della mezzanotte del 16 non hanno vivacizzatom, e le sparse bandiere tricolori apparivano bagnate dalla pioggia e non esaltanti. La Lega - ovviamente - si astiene: con l’Italia non c’entra niente. La giornata è cominciata all’Altare della Patria con il Presidente della Repubblica, ministri e anche Berlusconi. Il presidente del consiglio non ha mancato di ripetere la sua volontà di resistere: «Non lascio il paese in mano ai comunisti» ha detto inventandosi il fantasma dei comunisti, che gli sembrano (e apposta li inventa) l’unica ragione della sua sopravvivenza. Si guarda bene dal dire che cosa ha realizzato, visto che il paese è agli stracci e lui non ha combinato nulla.
Poi il corteo si è fermato al Pantheon in relativa disattenzione, ma già al Gianicolo gli applausi a Napolitano venivano rafforzati (così penso io) dai fischi a Berlusconi e grida «vattene con il bunga-bunga». A piazza Esedra ancora applausi a Napolitano, ma anche a Tremonti e Alfano e, nuovamente fischi al Cavaliere e alla Gelmini, ministro della pubblica istruzione. La scuola è diventata questione decisiva. Riflettiamoci.
Sempre di seguito cerimonia solenne nella Basilica di Santa Maria degli Angeli, con messa solenne officiata dal cardinal Bagnasco. Nonostante le solite mura della Basilica, anche dentro arrivava il rumore della salva di fischi indirizzati a Berlusconi. Di conseguenza, e molto ragionevolmente, Berlusconi e il suo staff hanno deciso di andarsene da una porta secondaria per non farsi vedere e fischiare. L’idea di una fuga di Berlusconi da una porta secondaria di Palazzo Chigi comincia a diventare una speranza credibile.
Per ultimo, nel pomeriggio, riunione solenne a Montecitorio, segnata anche qui da applausi al Presidente della Repubblica, negativamente rivolti al presidente del consiglio.
Questa la giornata. Una celebrazione - ripeto - senza vigore e senza passione. Molto diversa, per quel che ricordo, dal centenario, il 17 marzo del 1961: meno fiacche bandiere nazionali e più bandiere rosse. Eravamo in un crescendo delle lotte operaie, del cosiddetto miracolo italiano, della volontà di cambiare l’Italia e non solo di conservarla.
Due anni dopo, nel 1963, ci fu una grande avanzata del Pci: allora i comunisti c’erano e non se li inventava Berlusconi.
In ogni modo la giornata di ieri, per quanto piuttosto deprimente, ha registrato una positiva crescita dei fischi. Aspettiamo: se son fischi cresceranno.
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