Giustizia: la clava del Cavaliere

11 Marzo 2011
1 Commento


Carlo Dore jr.

Con la riapertura dei processi Mills e Mediatrade, e con l’incombere della prima udienza del dibattimento relativo all’ormai famigerato Ruby-gate, la clava del Cavaliere minaccia di nuovo l’integrità del sistema giudiziario: nell’i-pad di Angelino Alfano è infatti contenuto il file con le linee guida della “riforma epocale” della Giustizia promessa dal Governo, ultimo atto di una guerra tra poteri dello Stato che sembra ben lontana dal trovare il suo epilogo.
Malgrado il naturale riserbo che tuttora avvolge i dati custoditi nell’i-pad di Angelino, i punti principali della “grande, grande, grande” riforma sono stati ampiamente anticipati dai principali organi di stampa: stravolgimento della disciplina di cui agli artt. 101 – 113 della Costituzione, superamento del principio dell’obbligatorietà dell’azione penale, affrancazione della polizia giudiziaria dal controllo del PM, separazione delle carriere di giudici e magistrati inquirenti, smembramento e duplicazione del CSM, creazione di un’Alta Corte – composta in prevalenza da giudici di nomina politica – a cui spetta il compito di “sanzionare civilmente” (cioè, di colpire nel portafogli) i “magistrati che sbagliano”.
Esultano i berluscones della prim’ora, eccitati dalla prospettiva di poter impartire una lezione di sano autoritarismo politico in confronto di quei magistrati da sempre percepiti come “un manipolo di disturbati mentali, antropologicamente diversi dal resto della razza umana”; esultano i fiduciari delle varie cricche e cricchette sparse per l’Italia, messi di punto in bianco dinanzi alla rosea prospettiva di una riforma che riduce la funzione del PM a quella di mero esecutore delle determinazioni assunte da Parlamento e Governo; storcono il naso i tanti utenti del servizio giustizia, i quali, costretti a confrontarsi quotidianamente con le ataviche anomalie di una macchina che gira a vuoto, si chiedono se la ricetta custodita nell’i-pad di Angelino potrà effettivamente contribuire a risolvere i tanti problemi di un sistema prossimo al collasso.
Una volta messo a tacere il coro a bocca chiusa degli oplites filogovernativi che ogni giorno inonda l’etere e la rete, l’opera di ingegneria giuridica del ministro venuto da Agrigento rischia di crollare sotto i colpi di un semplice interrogativo: l’attribuzione alla polizia (e dunque all’Esecutivo) del monopolio assoluto delle indagini, l’individuazione da parte del Parlamento dei reati da perseguire con priorità, la duplicazione del CSM e la creazione dell’Alta Corte con funzioni disciplinari potranno assicurare processi più rapidi, pene più certe, giudizi più equilibrati, un più razionale sfruttamento delle poche risorse di cui il sistema dispone? La risposta a questo quesito appare scontata agli occhi di qualunque commentatore imparziale, il quale non fatica a scorgere l’effettiva finalità che ispira la “riforma”. Stretto nella morsa di una serie di scadenze processuali dall’esito quantomai incerto, ferito a morte da una molteplicità di scandali che ne hanno ridotto grandemente consenso e credibilità, il Cavaliere usa lo spauracchio della grande riforma per condizionare l’operato delle odiate Toghe, per annacquare le verità processuali nel chiacchiericcio del dibattito politico, per spaccare ancora una volta il Paese nell’ennesima guerra santa sulla sua persona.
Ma se l’i-pad di Angelino appare dunque come la clava con cui Berlusconi minaccia di disarticolare le c.d. “toghe militanti”, l’intera operazione elaborata dal Presidente del Consiglio rischia di saltare a causa di una semplice variabile: dinanzi alla prospettiva di una riforma che si limita a politicizzare la giustizia, a terrorizzare i magistrati, a creare un sistema di tutele inflessibile con i deboli e pemissivo nei confronti della c.d. criminalità borghese, è ipotizzabile una veemente reazione non solo da parte delle forze di opposizione presenti in Parlamento e degli appartenenti all’ordine giudiziario, ma anche e soprattutto da parte di una società civile sempre meno disponibile ad assecondare i desiderata del Princeps. Ecco allora che proprio il passaggio referendario (momento conclusivo del processo di riforma della Carta Costituzionale) potrebbe costituire la pietra tombale che seppellisce le ambizioni riformatrici dei giureconsulti riuniti sotto la guida di Ghedini e Alfano, il temuto bug in grado di compromettere irreversibilmente il corretto funzionamento dell’i-pad di Angelino.

1 commento

  • 1 Nicola Imbimbo
    12 Marzo 2011 - 00:43

    La”" veemente reazione dell’opposizione” non è veemente quanto occorrerebbe, o almeno quanto è veemente il “nano” contro i magistrati che lo incriminano e che lo devono giudicare, contro la corte costituzionale, la scuola, la cultura, quella con la C maiuscola,contro ogni opposizione interna o esterna.C’è di peggio nell’opposizione; gente come Casini e Fini che accreditano il dittatore (tu lo chiami ironicamente il principe) di una credibilità che soprattutto per loro non dovrebbe più avere,Il modo e i tempi ( oltre alla sua incredibile storia di nullità e incapacità di governare se non per i suoi affari e i suoi reati) in cui tira fuori la epocale minaccia alla costituzione e alla magistratura dovrebbe indurli a trattare con disprezzo e severissime critiche i suoi proclami e le sue eversive dichiarazioni . Invece vogliono “confrontarsi”, mentre lui sa solo scontrarsi o comandare, comprare e corrompere.

Lascia un commento