Andrea Raggio
Il vento della libertà che soffia nell’Africa settentrionale e nel Medio Oriente porta con sé i segni di una possibile democrazia araba non necessariamente fotocopiata da quella occidentale. Perciò la centralità del Mediterraneo nella prospettiva europea e nella scena mondiale si ripropone oggi in una nuova luce.
Alla Sardegna si aprono nuovi orizzonti. Ma la classe politica regionale, rattrappita com‘è nel suo piccolo mondo begaiolo, appare indifferente alla rivoluzione in corso alle porte di casa nostra. Non vedo traccia d’attenzione nel comportamento della Regione e dei partiti. E non sembra che i candidati alle amministrative cagliaritane avvertano l’esigenza di liberare dalla demagogia il tema “Cagliari capitale del Mediterraneo” per riproporlo ancorato alle possibilità che si delineano.
E’ vero, la causa della democrazia araba è ancora incerta, soprattutto a causa della feroce controffensiva di Gheddafi in Libia. Ma ad avviarla verso un esito certo non servono l’allarmismo e l’attendismo, serve il pieno sostegno dell’Europa e dell’Italia. L’Europa intergovernativa, invece, si muove con ritardo e il Governo italiano col suo comportamento ambiguo è corresponsabile. La Regione sarda ha perciò il dovere, anche in ragione della centralità mediterranea dell’isola, di premere politicamente per sollecitare, utilizzando gli strumenti di cui dispone, il pieno impegno nazionale ed europeo.
Occorre, innanzi tutto, fermare il folle proposito distruttivo di Gheddafi e promuovere il rilancio della politica euro mediterranea. Gli obiettivi del processo di Barcellona avviato nel 1995 e dell’Unione per il Mediterraneo - progettata nel 2007 da Sarkosy, Zapatero e Prodi e sancita dal vertice di Parigi del luglio 2008, con l’adesione dei quarantatre Paesi interessati, eccetto la Libia - sono chiari: diritti umani, ambiente, cultura e università, co-sviluppo. Diversamente dalla politica degli aiuti, il co-sviluppo è caratterizzato dalla co-responsabilità. La finalità è “fare del Mediterraneo il più grande laboratorio al mondo del co-sviluppo, dove lo sviluppo si decide insieme e si domina insieme, dove la libertà di circolazione degli uomini si costruisce insieme e si domina insieme, dove la sicurezza si organizza insieme e si garantisce insieme” (Nicolas Sarkosy). Questa strategia, rapidamente abbandonata nell’illusione di poter meglio combattere gli effetti della crisi globale con le chiusure nazionalistiche, oggi può e deve essere ripresa e sostenuta con determinazione.
La Sardegna deve fare la sua parte. Ho appreso recentemente che è stata costituita la prima scuola internazionale post universitaria di management della Sardegna, a vocazione mediterranea. Si tratta di una buona iniziativa. Su questa direzione a mio parere si deve andare avanti con coraggio. E’ tempo che la Regione, coinvolgendo le Università sarde e le forze sociali, si dia una chiara politica mediterranea di co-sviluppo, articolandola su iniziative concrete e dotandola di strumenti adeguati ed efficaci. Ed è tempo che l’argomento sia iscritto tra le priorità nell’agenda del rapporto Regione – Stato.
1 commento
1 Giulio C.
10 Marzo 2011 - 18:55
La rivolta delle popolazioni del nord del mediterraneo riporta sulla scena politica i valori che l’occidente per 30 anni ha dimenticato: pace, democrazia, libertà, pane ed eguaglianza.
E’ uno dei motivi per cui quasi nessun osservatore al di là del mare ha compreso quello che stava per avvenire, con un incredibile ritardo di comprensione intellettuale prima che politica.
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