Il paradosso di Gheddafi riguarda anche noi

28 Febbraio 2011
Nessun commento


Francesco Cocco

C’è qualcosa di paradossale e nello stesso tempo di veritiero nelle deliranti lamentale del colonnello Gheddafi sul fatto che in Occidente si avanzano riserve sui suoi 40 anni di (s)governo, mentre nessuno ha da ridire sui 60 anni di “potere” della regina d’ Inghilterra.
L’aspetto paradossale sta nel non tenere conto che nel caso della monarchia britannica ci troviamo di fronte ad una istituzione puramente rappresentativa, che in quanto tale può ancora assolvere ad un ruolo nell’ambito delle diverse nazionalità del Regno Unito e del più ampio Commonwealht. Ma ormai tale istituzione, proprio per la sua natura meramente rappresentativa, non incardina alcun reale potere.
L’aspetto che contiene in sé un momento di verità è il rapportarsi del colonnello ad una plurisecolare monarchia, posto che ormai sono numerosi i casi di presidenti di repubblica che hanno attribuito o tendono ad attribuirsi sia il carattere della durata a vita che della ereditarietà del ruolo esercitato. Che poi sono gli elementi più immediatamente percepibili della distinzione tra monarchia e repubblica.
E’ un fenomeno traversale che troviamo sia in paesi che dicono di richiamarsi (anche questo è un paradosso, per di più ridicolo) a forme di potere socialista, si veda il caso della Corea del Nord, sia a paesi che gravitano nell’Occidente capitalistico, pur dandosi talvolta qualifiche nominali diverse. Gli stati dell’Africa del Nord, scossi in questi mesi da violente rivolte e talvolta da vere e proprie rivoluzioni, ne sono un chiaro esempio. Sia il presidente tunisino, che quello egiziano, che l’ineffabile Gheddafi avevano realizzato vere e proprie forme monarchiche, con caratteri propri di uno stato patrimonialistico, dove era difficile scindere il potere incardinato nella persona fisica del presidente dal potere dello stato.
Qualche paese dell’Occidente, pur di tradizione liberal-democratica, non pare immune da questi fenomeni. Ciò deve preoccuparci. Quel che è accaduto e sta accadendo nel Maghreb non è una realtà da noi abissalmente distante, come taluni vogliono farci credere. Certo da noi i fenomeni non si presentano nelle forme rozze e primitive come abbiamo potuto osservarli in quei paesi. Ma vi è processo di erosione che ci sta facendo precipitare verso un potere personale più vicino a forme monarchiche primitive che ad uno stato repubblicano moderno. Forse “l’amico Gheddafi” non è stato solo maestro di bunga-bunga ma anche suasivo suggeritore di un pensiero politico, integrato con quello dell’ “amico Putin”.
Cosa sono il continuo richiamo del presidente del Consiglio, che , abbarbicato alla sua carica, evoca di continuo la necessità di maggiori poteri per l’esercizio della sua funzione, la contestazione del ruolo del Parlamento e della Magistratura, il demagogico richiamo alle masse, persino l’affermazione di una natura quasi divina (“unti del Signore”) degli eletti dal popolo? E cos’è il potere personalistico che si tende ad affermare anche nelle istanze periferiche della nostra Repubblica (dai sindaci a vita nei piccoli comuni al potere dei presidenti di regione che non sanno scindere gli affari pubblici da quelli privati) se non una regressione verso forme primitive di potere ed una lenta ma sostanziale fuga dallo stato di diritto? Ed ancora, in tale logica, gli incarichi a vita di certi dirigenti di partito, pronti di continuo a cambiare posizione pur di mantenere saldamente a vita i propri incarichi. Oggi più che mai l’era della globalizzazione rende prossime a noi realtà che sembravano abissalmente distanti. Di qui la necessità della continua vigilanza democratica.

0 commenti

  • Non ci sono ancora commenti. Lascia il tuo commento riempendo il form sottostante.

Lascia un commento