Caro Vito, non siamo tifosi, vorremmo essere giocatori

11 Febbraio 2011
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Andrea Pubusa

Vito Biolchini ritiene l’articolo di Giuseppe Marci su L’Unione sarda, che noi abbiamo riprodotto, un cedimento di questo intellettuale di sinistra alle correnti conservatrici cagliaritane, un servizio obiettivo alle loro ragioni, alla vigilia di un confronto elettorale importante. Secondo me, al contrario, Marci mette a nudo (ammetto, forse con accenti senza speranza) le difficoltà che una città complicata come Cagliari pone e lo fa stigmatizzando lo scarso impegno della sinistra e del PD, il lungo sonno del PD, appunto.
Ora queste due posizioni sono in qualche modo paradigmatiche di due approcci diversi alle primarie cagliaritane e alla campagna elettorale del centrosinistra. Come sempre, i meno utili al centrosinistra e al suo candidato sono i sostenitori acritici di Zedda; il blog di Biolchini, attraverso i post, ne evidenzia le (peraltro, ben note) caratteristiche: nascosti nell’anonimato, manifestano le loro sicurezze e già individuano il “fuoco amico” in chi affronta la questione in modo problematico e critico, lanciano un po’ di insulti. Costoro sono esistiti in tutte le stagioni e solitamente hanno fatto solo danni. Lasciamoli da parte. Veniamo alle cose serie.
Quali le criticità, dunque? Il disimpegno del PD, anzitutto. Su Cagliari dorme da anni e non sapendo che fare, butta giù un nome, Cabras, che con la città non ha nulla a che fare e che, per di più, ostenta il suo disinteresse prima, durante e dopo le primarie. E’, questa, una condotta che aiuta? Non occorre lunga discussione per dir di no. Le primarie sono state poi un terreno per piccole vendette interne. Queste fucilate dal seggio, inteso come muretto a secco, aiutano? La risposta è sempre la stessa, no. In questo - contrariamente a quanto sostiene Vito - il richiamo di Marci a Soru non è fuor di luogo. L’entrata a gamba tesa di Soru nel 2004 (molti di noi lo hanno sostenuto) ha dato il via ad una disamistade, ch’egli non si è sforzato di chiudere negli anni della presidenza, ma che anzi ha alimentato con azioni poco lungimiranti. L’esito elettorale alle regionali del 2009 è la riprova di una grave lacerazione non sanata nel centrosinistra, e sopratutto nella società sarda. Una grossa fetta di elettorato, delusa, è rimasta a casa o ha disperso il voto.  Altro che fuoco amico! Errori politici marchiani e imperdonabili! Comunque, fintanto che fra i capi delle tribù del PD (che hanno piccole dépendences in SEL e nei Rossomori) non verrà fumato il calumet della pace, le vittorie, pur non impossibili, diventano però difficili. Dire questo e sollecitare un ripensamento unitario danneggia il centrosinistra e il suo candidato? O non è forse indicare la condizione fondamentale per la vittoria?
Infine, molti di noi ritengono che Zedda non li rappresenti, per vari ordini di motivi, primo fra tutti perché il dato anagrafico di per sé non è decisivo. Marci sintetizza questo convincimento, molto diffuso, mettendo in luce la grande difficoltà di rappresentare una realtà (commerciale, burocratica, professionale ed ex-militare) storicamente complessa come Cagliari. Dire questo vuol dire affossare il candidato del centrosinistra? Credo di no. Vuol dire adempiere (bobbianamente) il dovere di indicare le difficoltà per suggerire una soluzione. Il rimedio a questo deficit di rappresentatività? Mettere in campo un progetto robusto e convincente, formare una squadra autorevole e rappresentativa, coinvolgere sul programma i settori fondamentali della città. Insomma, un grido di allarme, un’indicazione: evitiamo che la comunicazione sia soltanto mediatica, tutta giocata sul giovanilismo. Se Kennedy è diventato presidente a 40 anni, certo Zedda può diventare sindaco di Cagliari a 35. Ma Kennedy (che già aveva molto di suo) si circondò del meglio dell’intellettualità progressista del suo paese. Nel piccolo, chiedere a Zedda di attivare le migliori energie democratiche cagliaritante non mi pare dargli una pugnalata alle spalle. E allora convinciamoci tutti che, per invogliare gli elettori al seggio e conquistare Cagliari, ci vuole molta unità, molto impegno, molte idee, molto coinvolgimento. La palla le primarie (azzoppate)  l’hanno data a Zedda. E’ lui che per primo deve giocarla. Noi siamo in campo. Possiamo - da semplici elettori - pretendere che imposti bene il gioco in modo che tutti i progressisti siano proficuamente della partita?

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