Cagliari: progetto o disamistade?

5 Febbraio 2011
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Francesco Cocco

Proseguiamo la riflessione sulle primarie di Cagliari, invitando i lettori ad intervenire con opinioni e commenti, colmando così l’assenza di sedi di dibattito.

Mi fa piacere che un giovane abbia vinto le primarie per la candidatura a sindaco di Cagliari. Trentacinque anni sono l’età ideale per affrontare i gravosi problemi che il primo amministratore cittadino deve risolvere. Questo non significa che una persona più avanti negli anni, anche di qualche decennio, non abbia le qualità adatte per assolvere ad un tale compito.
Voglio però sottolineare che la “sindacatura” è magistratura di trincea, chiamata spesso a rispondere ad esigenze impellenti ed inderogabili. Per sua natura richiede anche resistenza fisica, destinata ad estinguersi col passare del tempo. E così la giovane età è requisito che può compensare le qualità che l’età avanzata porta con sé.
Quel che mi preoccupa è l’assenza di dibattito sul futuro di Cagliari. Ho visto circolare parole d’ordine, programmi generici e sommari, abbozzi di progetto. Ma non ho visto negli ultimi anni un serio dibattito sulla città che coinvolgesse le forze politiche e soprattutto un loro progetto in un serrato confronto con la società civile. Questo blog lo scorso autunno cercò di avviarlo ma non si è sviluppato, segno anche questo di carenza nelle forze politiche.
Vedo al posto di seri programmi (seri in quanto realmente coinvolgenti e partoriti da attenta elaborazione democratica) emergere un leaderismo in cui diventa centrale non più la città ma il candidato. E quel che più conta in negativo é che lo stesso non viene visto in relazione al programma ma alla contrapposizione con gli altri candidati. Insomma si delineano situazioni da “disamistade” più che da confronto democratico.
Eppure a partire dalla seconda metà dell’ Ottocento la storia amministrativa cagliaritana ha visto un pieno coinvolgimento della società civile nei programmi di sviluppo della città. Emergenze significative della Cagliari monumentale che conosciamo nascono in quel periodo e da quel dibattito: dal Bastione alla “palazzata” di via Roma, dalle scuole di Santa Caterina a Piazza del Carmine. Una borghesia che sapeva esprimere amministratori con chiare idee sulla crescita del contesto urbano. Persino con soluzioni avveniristiche: per tutte il tunnel che avrebbe dovuto congiungere Piazza Yenne con Piazza Garibaldi, e che gli amministratori dell’ ultimo mezzo secolo non hanno saputo riprendere e realizzare, pur avendo a disposizione la tecnologia allora impensabile. La riprova di questa ideazione, capace di coinvolgere la cittadinanza, è chiaramente testimoniata dalla stampa del tempo.
La sinistra nel dopoguerra seppe riprendere quella progettualità democratica. Lo attestano i programmi elaborati e discussi nelle sezioni di partito. Purtroppo la città è stata amministrata da un blocco conservatore che non ha saputo ideare una nuova “forma urbana” e modificarne gli assetti civili. Talvolta l’ha persino isolata rispetto alle realtà contermini, impedendo la realizzazione della dimensione metropolitana, condizione prima dello sviluppo complessivo e della crescita civile.
Ecco perché occorre che la sinistra sappia dispiegare le sue migliori energie progettuali, nella consapevole che a tal fine è necessaria una sana concorrenza collaborativa piuttosto che confronti per consumare sotterranee “distamistadi.”

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