Vincenzo Pillai
Riceviamo e volentieri plubblichiamo
Intorno alla statutaria si è accumulato un groviglio tale di paradossi (non affrontabile qui per mancanza di spazio) che sarebbe certamente “saggio” riportarla in Consiglio regionale per correggerne gli aspetti più discutibili e di dubbia costituzionalità. Come l’articolo 38, che, per la legislatura in corso, rende non applicabili alcune incompatibilità indicate nella legge elettorale nazionale. Si tratta di un dispositivo con effetto retroattivo che surclassa tutti i tentativi di Berlusconi di far votare leggi ad personam.
Basti pensare che, per introdurre l’art. 38 gli stessi estensori della legge, hanno dovuto implicitamente riconoscere che, nella legislatura in corso, siano stati eletti consiglieri senza averne il diritto; con quell’articolo se ne legittima, comunque, l’elezione anche attraverso il voto in Consiglio degli stessi interessati!!
Che l’articolo sia stato votato dagli stessi partiti che tuonano contro le operazioni pro Berlusconi del governo e che si dicono impegnati in una moralizzazione della politica perché non vogliono essere considerati “casta”, è solo uno dei paradossi di cui dicevo.
Un altro paradosso è il comportamento, in campagna referendaria, delle forze che in Consiglio hanno votato la statutaria; quasi tutte non hanno fatto alcunché per spiegare agli elettori la legge e convincerli ad andare a difendere con il loro voto confermativo la scelta fatta dalla maggioranza qualificata del Consiglio regionale.
Eppure lo spirito della norma che regola i referendum confermativi è chiarissimo perché presuppone che, se la maggioranza qualificata del Consiglio (o del Parlamento) approva una legge di valore costituzionale, quella stessa maggioranza abbia tutti gli strumenti per spiegare al Paese la bontà della propria scelta così da averne il consenso attraverso il referendum, appunto, confermativo, attraverso la vittoria dei SI.
Si è preferito, invece, puntare sulla non partecipazione, come se si fosse di fronte a non normale referendum abrogativo dove l’elettore può esprimere il proprio dissenso al quesito referendario sia andando a votare NO, sia NON ANDANDO A VOTARE, nella speranza che non venga raggiunto il quorum e resti quindi valida la legge o la norma, sottoposta a referendum, ma fino a quel momento in vigore.
In questo comportamento di una maggioranza che poteva battersi con dovizia di mezzi per difendere le proprie scelte e contribuire alla crescita democratica della nazione sarda che sarà pure senza stato, ma non senza cervello, non vi è nulla di saggio; siamo piuttosto in presenza di un maldestro tentativo di imbrogliare le carte per tenere nascoste le proprie contraddizioni e consigliata, forse, da qualche azzeccagarbugli.
Leggo sulla stampa che ora l’assessore Dadea chiede il parere “pro veritate” a importanti costituzionalisti, ma ponendo solo il quesito relativo al referendum: sarebbe bene che i costituzionalisti interpellati, leggendo la legge, dicessero anche se contiene norme che nulla hanno a che fare con una legge costituzionale. Cosa penserebbero questi costituzionalisti se un ultimo articolo della Costituzione avesse detto: siccome in questo parlamento ci sono o possono esserci persone elette fuori dal rispetto della legge elettorale noi prevediamo nella Costituzione che tali elezioni vanno considerate legittime. Anche volendo infliggere un tale vulnus all’ordinamento, non avrebbero usato il testo della Costituzione che ha il compito di enunciare principi e non di mettere toppe alla mancanza di titoli per essere e rimanere deputati.
Esaminino, dunque, bene quell’articolo perché in una legge di rilievo costituzionale l’articolo 38 non ha alcuna pertinenza e può diventare, se non rimosso, la classica buccia di banana su cui scivola l’intera legge. Varrà, allora, ben poco aver definito solo come si deve comportare Soru dopo la sentenza della Corte d’appello sul referendum.
2 commenti
1 G M.
5 Luglio 2008 - 06:57
Pillai mette in luce uno degli aspetti più immorali di questa legge: l’art. 38 “salva incompatibili”, voluto, concordato e votato dagli stessi incompatibili! Probabilmente la legge non sarebbe passata senza quell’articolo e quel voto. L’altra disciplina ad personam è quella sul conflitto d’interessi, Ed anche qui è veramente paradossale che chi grida (giustamente) per il conflitto d’interessi del Cavaliere non veda questo, che su scala regionale ha lo stesso rilievo. Cosa diranno costoro se ad es. Floris il clinico divenisse l’anno prossimo presidente della Regione? Un bel paradosso!
2 Claudio B.
7 Luglio 2008 - 17:39
caro G.M.
è proprio vero, concordo con ciò che descrivi, accadrebbe una guerra mediatica e politica di massa, una rivoluzione, se Floris il clinico, divenisse l’anno prossimo presidente della Regione! Un paradosso che crea contraddizioni sopratutto all’interno di rifondazione, che si trova a sostenere il promulgamento di una legge, nella speranza che l’art. 38, chiamata da via asproni “salva uras” possa far sopravvivere la loro montagna di interessi e di prebende.
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