Carlo Dore jr.
Ieri si è tenuto il Congresso provinciale della nuova ANPI. Tanti gli interventi interessanti per la difesa e il rilancio della Costituzione. Tante le proposte per una ripresa dell’iniziativa democratica nella società e nelle istituzioni, violentate dalla diseguaglianza, dalla povertà dilagante a fronte di ricchezze sfacciate, e dalla creazione di un ceto politico imposto e autoreferenziale.
Dopo quello di Gianna Lai, ecco l’intervento di Carlo Dore jr., giovane e brillante giurista, che riassume egregiamente lo spirito del Congresso.
Parto da due frasi sulla nostra Costituzione, di recente, proposte all’attenzione dell’opinione pubblica. Sono due frasi diverse pronunciate da due persone che appartengono a differenti realtà: eppure tra queste frasi può essere, a mio avviso, individuato un ideale punto di congiunzione. La prima frase è stata scandita con forza da Pierluigi Bersani in occasione della manifestazione dell’11 dicembre, allorquando il segretario del PD ha ribadito che la nostra è “La Costituzione più bella del Mondo”; la seconda, invece, appartiene ad un insigne giurista cagliaritano con un passato da partigiano azionista, il quale, in un’intervista rilasciata a “L’Unione Sarda” la scorsa domenica, ha osservato che “la legalità non si fa andando in giro tenendo bene in mostra la Costituzione. Si fa e si pratica rispettandola ogni giorno, la Costituzione”.
Ecco, la nostra è la Costituzione più bella del Mondo, ma il concetto di legalità (come quello di democrazia) non può ridursi al leit motiv che governa un comizio ben riuscito, o - peggio ancora - ad un mero argomento a disposizione dei collettori di voti impegnati in questa o quella campagna elettorale. No, la Costituzione e l’idea di legalità che essa declina devono essere comprese, vissute, praticate: dalla lettura della Costituzione, si può infatti rilevare quali e quante anomalie caratterizzano la realtà in cui oggi viviamo, la realtà di un Paese ridotto alla triste condizione di democrazia minore.
In un’epoca in cui il significato di alcune norme della Carta Fondamentale viene brutalmente distorto nelle piazze come nei salotti televisivi dall’arroganza di giuristi improvvisati costretti, per conseguire l’abilitazione all’esercizio della professione forense, a percorrere il cammino che separa Brescia da Pizzo Calabro, siamo tenuti a chiederci: cosa c’è scritto nella Costituzione?
C’è scritto che tutti i cittadini hanno diritto al lavoro, che il lavoro è il substrato fondamentale della nostra Repubblica e che la Repubblica deve promuovere le condizioni che rendano effettivo questo diritto; c’è scritto che la Magistratura è un ordine autonomo rispetto ad ogni altro potere, che i giudici sono soggetti solamente alla legge e che i pubblici ministeri sono tenuti a perseguire qualsiasi reato, dal furto di una mela al fatto di corruzione all’abuso commesso dall’amministratore pubblico nell’esercizio delle sue funzioni; c’è scritto, soprattutto, che tutti i cittadini sono eguali dinanzi alla legge, senza distinzione di condizioni personali e sociali, risultando la Repubblica impegnata a rimuovere gli ostacoli che limitano il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione economica, politica e sociale del Paese.
Ora, non è mio compito, in questa sede, avanzare conclusioni: ma già dalla lettura di questi semplici principi emerge quanto lontana sia dal disegno del Costituente la realtà nella quale il posto di lavoro viene inteso come un privilegio da difendere fino alle lacrime, nel quadro di una fredda logica di mercato che sacrifica i diritti fondamentali sull’altare della produttività dell’impresa; in cui la Magistratura viene descritta a reti unificate come una metastasi che paralizza il normale funzionamento della vita democratica, allorquando la sua azione contrasta con i disegni del potere politico; in cui la titolarità di una carica di governo viene interpretata non come una funzione da svolgere nell’interesse della collettività, ma come un privilegio tale da giustificare la creazione di figure istituzionali legibus solutae.
Ora, mentre il berlusconismo volge al crepuscolo, ecco che proprio dalla combinazione delle due frasi che ho citato nella fase introduttiva del mio intervento può essere individuato lo scopo principale che anche questa associazione deve impegnarsi a perseguire nel prossimo futuro. Noi abbiamo la più bella Costituzione del Mondo: non limitiamoci ad esibirla nelle manifestazioni, ma pratichiamola e rispettiamola ogni giorno, diffondendo il messaggio di eguaglianza che in essa è contenuto.
A distanza di sessant’anni dalla sua entrata in vigore, la lettura della Costituzione offre ancora un’idea di giustizia, di democrazia e di tutela della persona che conserva intatta la sua carica di vitalità: un’idea di speranza, la stessa speranza che promana dalle parole di un protagonista della lotta partigiana come il Comandante Diavolo: “noi sognavamo un mondo diverso, ma quel mondo ancora non c’è. Perciò riflettete, ragionate con la vostra testa, e continuate nella vostra lotta”.
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