Dagli operai di Mirafiori riparte l’opposizione al governo del privilegio e dell’arroganza

15 Gennaio 2011
1 Commento


Andrea Pubusa

Da Mirafiori riparte la resistenza operaia, che dà una speranza a questo Paese, dominato da nani, ballerine, imbroglioni di vario genere e da un’opposizione perplessa. Il no vince nei seggi operai mentre il sì prevale di poco grazie al voto della gerarchia impiegatizia e dirigenziale, da sempre filoaziendale.
Il risultato è eccezionale se si pensa all’ampiezza del fronte per il sì, da Belusconi, Marchionne e Marcegaglia fino a larga parte del PD e a tutte le sigle sindacali, esclusa la FIOM. E’ di grande significato se si pensa al battage di tutti i media a favore del ricatto di Marchionne. Ed è per questo che pensavano di stravincere con percentuali dal 70 all’80%. Invece si devono accontentare di un risultato che è perdente fra gli operai e nel Paese.
Marchionne ricorda i despoti di tutti i tempi, che hanno il sadismo di dare alle loro vittime più illustri la facoltà di suicidarsi, a scanso d’uccisione per mano dei loro sicari. L’esempio più celebre è quello di Nerone con Seneca. Ed è chiaro che in queste condizioni non esiste l’elemento essenziale di qualunque valida votazione: la libertà di scelta, una vicenda aperta a più risultati, la possibilità di determinare un esito diverso da quello imposto dal despota di turno.
La vicenda Fiat di Pomigliano e di Mirafiori infrangono il velo dell’ipocrisia e della finzione e ci mostrano la condizione reale dei lavoratori in fabbrica oggi, che sempre più si avvicina ad una condizione servile. E squarcia anche il velo che vuole convincerci dell’esistenza di una società di gente felice, sorridente e vincente, mostrando invece il volto reale di una società sofferente, in cui la povertà non solo avvolge i disoccupati e i sottoccupati, ma si estende agli operai e morde sempre più il ceto medio, a fronte di una ricchezza che si concentra in modo sproporzionato e ingiustificato nelle mani di pochi. Basta un imprevisto per far cadere anche non poche famiglie del ceto medio nella morsa del debito e dell’indigenza. Basta una piccola parte del vergognoso “compenso” di Marchionne per consentire agli operai di pisciare un volta in più. Basta il suo “stipendio” per pagarli tutti, quelli di Mirafiori o di Pomigliano. Sommando lo “stipendio” di Montezemolo, li possono pagare tutti a Torino come vicino Napoli.
Ora su questo risultato dovranno meditare tutti, i padroni che pensavano di avere chiuso i conti coi lavoratori,  e le forze democratiche, che in questo voto di dignità espresso dai NO (e da tanti tormenati sì) trovano uno stimolo potente ed una base reale per ridefinire e riorganizzare l’opposizione al governo politico-finanziario-puttanesco del Paese. Gli operai di Mirafiori ci dicono che è possibile tirar fuori l’Italia dall’oscuro tunnel di privilegio e sopraffazione in cui è stato condotto da una maggioranza affaristica e antidemocratica e riallinearlo sui binari della civiltà e dell’aspirazione all’eguaglianza nel solco della Costituzione repubblicana, oggi vilipesa.
Ha ragione la Segretaria della CGIL Susanna Camusso: ”le ipotesi e le modalità che propone la Fiat non fanno parte della cultura di questo Paese e non devono diffondersi. Se l’accordo Fiat è moderno - ha detto ancora - ben venga la conservazione perché dentro quell’accordo non c’é alcuna modernità, c’é l’idea antica del comando autoritario e del rapporto puramente gerarchico tra il lavoratore e l’impresa”.
Gli operai di Mirafiori ci dicono che si può reagire.

1 commento

  • 1 Pro-Renzi
    17 Gennaio 2011 - 14:29

    Professore bisogna avere il coraggio di cambiare altrimenti il mercato farà chiudere la Fiat e manderà a spasso tutti i lavoratori.
    Sono passati e trapassati i tempi degli anni ‘70, bisogna avere il coraggio del cambiamneto, per fortuna una sinistra riformista ha capito e si sta evolvendo…l’altra sinistra quella rimasta alle antiche idee e sistemi e destinata a scomparire.
    un saluto da parte di un suo ex-allievo

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