Francesco Cocco
Tonino Mameli, noto pedagogista sardo, ha licenziato nei giorni scorsi un libro molto interessante ed attuale: “Una via per la pace”, Ed. La Collina - euro 25. Pubblichiamo un recensione di Francesco Cocco, che costituisce uno stimolo potente alla lettura del volume.
L’opera viene presentata oggi sabato 15 alle ore 17 presso la Comunità La Collina a Serdiana.
Tonino Mameli dà corpo in questa sua opera sia all’ esperienza scientifica (professore di pedagogia generale nella Facoltà di scienze della Formazione dell’Università di Cagliari) sia alla lunga militanza politica (dirigente del PCI, consigliere provinciale, sindaco). Di qui il valore di un lavoro che, pur articolandosi su un piano di rigorosa analisi scientifica, è vivificato dall’ancoraggio ai molteplici aspetti della realtà che la lotta e l’educazione alla pace impongono nel quotidiano, sia a livello locale che globale.
L’autore pone la necessità di andare oltre una dimensione di pace come semplice assenza di guerra e di violenza (pace negativa) per affermare la presenza di elementi che rafforzino i rapporti di coesistenza , collaborazione ed integrazione tra le comunità (pace positiva).
La pace positiva implica pertanto un atteggiamento attivo, finalizzato a superare le condizioni di sottosviluppo che affliggono tanta parte dell’umanità. Quindi a conquistare situazioni di benessere senza lasciarsi soffocare dalla strapotenza del potere economico. Il tutto nel rispetto dell’esigenza primaria di salvaguardare lo spirito di autenticità delle origini, anche al fine di evitare processi di sostanziale colonialismo culturale ed, in ultima istanza, d’imbarbarimento.
Conquistare situazioni di benessere non significa farsi condizionare da modelli di consumismo opulento, perché è dalla bramosia del possesso che nascono in non piccola misura le situazioni di conflittualità tra gli individuai, le comunità, i popoli. Di qui l’ampio spazio ai processi educativi.
I ragazzi hanno un concetto riduttivo di pace raramente legato all’etica ed alla morale, alla sopravvivenza stessa dell’umanità, alle istituzioni internazionali. Ciò anche per la scarsa attenzione all’insegnamento dell’educazione civica. Anche di qui la necessità di un impegno pedagogico che ponga il dialogo a fondamento dell’impegno formativo. La pace è alla base di un tale impegno che deve mirare a rifondare la coscienza dell’uomo moderno. Quindi una pedagogia per creare una coscienza critica dell’individuo “per combattere l’egocentrismo, l’individualismo, l’etnocentrismo”
La formazione dell’uomo moderno non può che essere pacifista. Ecco perché va oggi rovesciata l’antica massima romana “si vis pacem para bellum” in “se vuoi la pace prepara la pace”. Pensare di risolvere con la guerra controversie tra paesi dotati di armi atomiche significa, per l’autore, accettare la prospettiva catastrofica dell’annullamento di ogni forma di vita sulla terra.
L’umanità non può sopravvivere nel terzo millennio se non trova una soluzione positiva all’esigenza di equilibrio e collaborazione tra gli Stati. Certo sono scomparsi i blocchi che hanno caratterizzato la storia mondiale sino ai primi anni novanta del secolo scorso, ma è aumentato il rischio di conflitti locali e sono sorti nuovi muri: il terrorismo indotto dal fanatismo religioso, le chiusure nazionalistiche o pseudo nazionalistiche (la fantomatica Padania, per guardare a casa nostra), ma anche muri in senso fisico, il muro d’Israele con i territori palestinesi, il muro USA/ Messico, il muro di Nicosia a Cipro, l’ultimo muro di separazione fisica tra Stati esistente in Europa.
Per realizzare l’obiettivo della pace, la scuola deve essere innanzitutto concepita come comunità non come un fatto di natura aziendalistica. Quindi il superamento della scuola delle “ tre i” di morattiana memoria, improntata alla visione produttivistica (o pseudo produttivistica) berlusconiana.
Scrive l’autore :” Alla pedagogia della pace “spetta i compito di elaborare una teoria analoga ed opposta alla tanto diffusa filosofia della guerra ; di sviluppare la vigilanza pacifica……….non è più sufficiente parlare genericamente della pace occorre un’ organizzazione scientifica dell’impegno di pace per non scadere nel propagandismo”
La pedagogia ha il dovere di proporre soluzioni possibili. Di qui lo sforzo scientifico che deve essere compiuto per pervenire ad una sintesi teorica delle problematiche che la ricerca della pace impone. Non vi è dubbio che quest’opera di Mameli si muove e raggiunge ragguardevoli risultati in tale direzione.
In questo orizzonte di educazione alla pace la scuola non è l’unica agenzia chiamata (o che dovrebbe essere chiamata, visto che nelle condizioni attuali non lo è) ad una tale opera. Mameli si sofferma sull’ impegno della Chiesa (con particolare attenzione ai preti di base) e dei movimenti pacifisti laici. Ricorda come dalla fine degli anni cinquanta del novecento si siano succediti pontefici (da Giovanni XXIII a Paolo VI a Giovanni Paolo II ) che con le loro encicliche hanno dato particolare impulso ai temi della pace. Avanza qualche perplessità sull’attuale pontefice che vede più vicino a Pio XII che al suo grande predecessore. Forse però è il caso di dire che ci troviamo in presenza di un’ azione che deve ancora dispiegarsi nella sua pienezza. Dico questo perché mi pare particolarmente significativa l’elevazione alla porpora cardinalizia dell’ arcivescovo di Monaco mons. Reinardh Marx. E questo non già per la strana situazione di un Marx componente del sacro collegio cardinalizio. Mi riferisco all’ intervista che mons. Marx qualche tempo fa concesse al giornalista Andrea Tarquini. In quel contesto troviamo affermazioni di grande apertura: “ …la dottrina sociale cattolica ha preso molto sul serio Karl Marx e la sua analisi del capitalismo. E’ innegabile che molte delle disuguaglianza sociali nel XIX secolo erano giuste”. Poi precisa:”Una società divisa in classi, in cui vengono posti uomini contro altri uomini. Questo per me, come cristiano, non è accettabile, perché io considero ogni individuo fatto a immagine e somiglianza di Dio”.
Mameli sottolinea come l’azione della Chiesa cattolica non sia stata disgiunta da una presenza del laicato cattolico che, anche se solo con punte avanzate, ha avuto figure illuminanti nella lotta per la pace: dall’ indimenticabile componente dell’ Assemblea costituente poi sindaco di Firenze, Giorgio la Pira, a don Giuseppe Dossetti, da don Milani a padre Balducci.
Anche la sinistra offrì nel dopoguerra testimonianze significative nella lotta per la pace. Di grande momento il discorso pronunciato a Bergamo da Togliatti nel marzo del 63 e poi il memoriale di Yalta dell’anno successivo. Entrambi testimoniano attenzione ai valori della pace anche perché nati in condizioni che escludevano qualsiasi strumentalizzazione.
L’autore ricorda il ruolo, in quella temperie, di due dirigenti del PCI sardi: Velio Spano che fu vice-presidente mondiale dei partigiani della pace e Renzo Laconi, stretto collaboratore di Togliatti durante i lavori della Costituente.
La Sardegna, ci ricorda Mameli, nel 1961 vide l’organizzazione di una marcia della pace che fu evento eccezionale nella Cagliari di quegli anni. Ad animarla era stato Aldo Capitini, il grande pedagogista teorico della non violenza. Era stata preceduta da un’accuratissima preparazione e da iniziative di base che avevano visto la partecipazione attiva di numerosi intellettuali e politici, tra i quali Emilio Lussu, Enzo Tagliacozzo, Antonio Pigliaru. Renzo Laconi.
Il libro contiene una antologica ricognizione dei pensatori che dall’antichità ai giorni nostri si sono occupati dei temi della pace. Dalla prima figura storica di pacifista, il faraone Amenofi IV Akhenaton, al principe indiano Siddarta,detto Budda; da Aristotele ai Padri della Chiesa. Sino ai nostri giorni: da Capitini a Martin Luther King, da Gandhi a Gramsci. In un’ opera che ha e realizza la giusta ambizione di offrire uno strumento completo di ricerca della scienza della pace questa parte non poteva mancare. Oltretutto può essere particolarmente utile per accompagnare lo studio di altre discipline storiche inquadrandole in un’ ottica di pace. Non poteva mancare anche per un’ altra ragione: in fondo tutta l’opera -come evidenzia l’autore- è “la ricerca del filo rosso che ha guidato gli uomini nella ricerca della pace, considerata come condizione essenziale per la formazione di veri uomini”.
Solo alcuni flahs di un lavoro ricco e variegato. Ma vi è un aspetto su cui vanno spese alcune parole conclusive. Per Mameli la volontà di pace va vissuta nel quotidiano, nelle diverse forme di solidarietà possibili. Il volontariato diventa così un modo concreto di vivere la pace perché innanzitutto essa si realizza nel rapporto interpersonale per poi estendersi alle comunità ed ai popoli.
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