Rosamaria Maggio
La Costituzione è un testo che parla di lingua, un testo semplice ma anche complesso, un testo fondamentale,un testo da interrogare. E’ la stessa Costituzione all’articolo 3 che recita :”Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono uguali davanti alla legge senza distinzione di sesso, di razza, di lingua….E’ compito della Repubblica rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana……”
Proprio nella IV delle Dieci Tesi del Giscel per la pedagogia linguistica democratica, è citato l’art. 3. La scuola è chiamata a fare tutti gli sforzi possibili per sviluppare le capacità linguistiche individuali .Naturalmente anche le altre istituzioni devono attivarsi perché venga promossa nel paese una vita culturale e dell’informazione tale da sviluppare pienamente le capacità verbali dei cittadini.
Quanto al linguaggio della Costituzione, Tullio De Mauro, nella sua introduzione al testo pubblicato dalla Utet, Premio Strega speciale per il 60° dalla sua emanazione, sottolinea l’alto valore linguistico della nostra carta fondamentale, nella quale, egli dice, si fa più concreto lo spirito democratico che sorregge le norme. Il linguaggio, continua, non vive solo di parole, ma vive della scelta delle cose che si vogliono dire, dei destinatari che possono intenderle.
Il testo della Costituzione italiana è lungo 9369 parole, di cui 1002 appartenenti al vocabolario di base. Molte sono le ripetenze. Il 74% del lessico della Costituzione riguarda il vocabolario di base.
Il che per un testo normativo è una cosa eccezionale. Infatti in genere i giuristi tendono a comunicare come se i destinatari fossero sempre degli addetti ai lavori, mentre, la capacità di spiegare le cose con un linguaggio più comprensibile senza perdere in scientificità, richiede abilità aggiuntive. La Costituzione in quanto testo semplice, è facilmente fruibile da tutti ed è per questo che non è velleitario porsi il problema di una sua diffusione dai primi anni di scuola.
La Costituzione non è il comando di un legislatore supremo ma è il patto, l’accordo che sta alla base della convivenza di tanti soggetti portatori di identità diverse, che cercano di combinarle fra di loro. Nell’epoca del pluralismo la posizione della Costituzione è rovesciata: non più legge più alta, ma norma fondamentale dal basso.(G. Zagrebelsky). La Costituzione non impone ”valori” cioè qualcosa che sul piano della morale deve valere, si deve realizzare tassativamente. La Costituzione ci induce a ragionare per principi che intendono realizzarsi attraverso l’azione. La Costituzione pluralista si ispira alla tolleranza e non alla giustizia assoluta. E’ un patto che contiene anche un progetto di futuro della nostra comunità nazionale.
In Italia la Costituzione si insegna poco ed i cittadini italiani la conoscono poco. E’ auspicabile che in ogni ambito disciplinare si realizzi un insegnamento improntato ai principi fondamentali della Costituzione quali l’uguaglianza, la solidarietà, la laicità, le libertà. Gli approcci didattici possono essere diversi tenendo presente la trasversalità della lingua che è patrimonio non di una ma di tutte le discipline […].
Queste premesse ci fanno comprendere che un progetto di insegnamento-apprendimento della Costituzione, per i ragazzi ma anche per i bambini, non sarebbe utopistico. Con l’ obiettivo non soltanto di veicolare la conoscenza dei principi fondamentali, dei diritti e dei doveri, delle istituzioni, ma anche di favorire l’acquisizione della capacità di lettura delle norme che, anche se complessivamente ritenute lessicalmente semplici, come tutte le norme, devono essere interpretate. Tale operazione non può essere la costruzione di un sapere ingenuo e mnemonico, ma deve condurre all’acquisizione della capacità, più o meno analitica, ai diversi livelli di maturità degli studenti, di comprensione dell’obiettivo del legislatore costituente. Tutto ciò non può che essere frutto di un apprendimento guidato da docenti esperti, anche specialisti del settore, che sappiano coniugare le capacità scientifiche con quelle pedagogiche.
Vi e’una sorta di pericolosa “decostituzionalizzazione” che si è abbattuta sul nostro sistema politico-istituzionale. Ma seguire le indicazioni della Costituzione rimane un dovere. Certo, serve una cultura adeguata, perduta in questi anni e che ora si sta recuperando. Ma proprio questo serissimo lavoro di approfondimento può essere fatto anche con il contributo della scuola […].. Occorre l’apertura di una nuova fase di “attuazione” costituzionale”. La scuola è chiamata a dare il suo contributo ed è fondamentale uno studio della Costituzione anche da parte dei docenti, uno studio guidato che tenga conto del fenomeno di decostituzionalizzazione in atto e con una particolare attenzione alle didattiche possibili.
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