Rosamaria Maggio
Mentre in Parlamento si votava la fiducia fra mercimoni e slanci politici, nelle piazze di tutta Italia sfilava l’opposizione militante deli studenti e di altri soggetti sociali in lotta, segmenti importanti della società che contrastano, a faccia alta, il governo Berlusoni. Ecco su questa opposizione una riflessione di Rosamaria Maggio, presidente del CIDI di Cagliari.
Finalmente gli studenti fanno sentire la loro voce, in questi due anni non si era mai vista una protesta così significativa.
Questa protesta è la protesta di un paese che sta tirando fuori la testa dal sacco, dopo anni di torpore. E’ questa la sensazione che si ha nel vedere questa “onda”.
Anche l’altissima audience di qualche sera fa per la trasmissione di “Vieni via con me”,va in questa direzione.
Quasi il 30% di share, staccando di 11 punti il Grande fratello, 8milioni di persone e oltre 10 milioni la settimana scorsa, che hanno scelto una trasmissione di riflessione.
Ma non passa inosservata anche la forma della lotta studentesca.
Come gli operai, anche gli studenti salgono sui tetti, come se una manifestazione ordinaria, con gli striscioni e le bandiere, non fosse più sufficiente per farsi ascoltare dalla controparte, il Governo e dal paese.
Uno studente all’Università, emulando Fazio dice:
Vado via perchè se non salgo sui tetti non mi ascolta nessuno!
Le ragioni della protesta degli studenti è comprensibile e condivisibile:
nessuna prospettiva per la ricerca, riduzione delle borse di studio, nessuna garanzia di trasparenza nei concorsi per l’università, riduzione dei corsi di laurea.
Una sostanziale riduzione dell’investimento complessivo in Università e ricerca, in assoluta controtendenza rispetto a quanto fatto negli altri paesi europei.
Una domanda però da insegnante di scuola mi tormenta da giorni:
perchè la protesta monta solo ora?
Qualcuno si è accorto che dal 2008 ad ora sono state stravolte la scuola elementare, la scuola media e quella superiore?
Che la riduzione della spesa ha fruttato 8 miliardi di euro , ma ha comportato la riduzione del tempo scuola in tutti gli ordini e gradi di scuola, la riduzione delle discipline e degli insegnanti di sostegno per i diversamenti abili, l’aumento del numero degli studenti per classe , la riduzione del numero degli insegnanti, la perdita del posto di lavoro per oltre 200 mila precari?
Sa il paese che ogni bambino, ogni ragazzo, ognuno di noi, trascorre a scuola almeno 13 anni della propria vita?
Che dopo 13 anni di scuola questi ragazzi, purtroppo solo in parte, arrivano all’Università?
E se la scuola è depauperata, chi risucirà ad andare all’Università e come potrà affrontare studi più impegnativi?
Il silenzio che mi ha sconcertato di più è stato quello del paese, della politica, del mondo della cultura, ma anche quello della stessa scuola.
La verità è che la scuola è sola ed è debole.
Gli insegnanti hanno perso nel tempo ogni autorevolezza, a differenza di quella ancora riconosciuta ad un docente universitario, gli studenti ad eccezione di quelli delle scuole superiori, sono troppo giovani per poter essere consapevoli di ciò che sta capitando nelle loro scuole, ed i genitori, spesso con problemi di lavoro anche loro, non hanno la capacità di prendere in mano il problema della scuola dei propri figli.
Gli studenti delle superiori e molti dei loro genitori poi, sono cresciuti all’ombra del Grande fratello.
Gli insegnanti si arrabbattano tra l’aumento smisurato delle loro mansioni a seguito della rivoluzione organizzativa derivante dall’autonomia scolastica .
Il corpo docente è ormai impegnato nella pianificazione dell’offerta formativa della loro scuola, nell’attività di realizzazione dei progetti programmati, nell’attività didattica e di sostegno alla didattica nei casi in cui i ragazzi non raggiungano gli obiettivi, nell’attività di orientamento, nell’informazione alle famiglie.
Spesso, piuttosto che penalizzare i ragazzi con iniziative di protesta e sciopero o quant’altro, continuano silenziosamente a tamponare gli effetti disastrosi dei provvedimenti Gelmini.
La scuola avrebbe avuto bisogno di una particolare attenzione .
Soprattutto la scuola media e quella superiore.
Ce lo dicono le indagini Ocese -Pisa che continuano a registrare le debolezze dei nostri studenti nelle aeree letterarie e scientifiche, pur nella recente inversione di tendenza (vedi OCSE-PISA 2009) e per quanto vada sottolineato che queste indagini misurano le competenze degli studenti a prescindere dai modelli didattici e dai luoghi in cui quelle competenze si sono formate.
Ce lo dice il mondo del lavoro se la Confindustria denuncia la mancanza di personale tecnico tanto che la domanda è a oggi di 236 mila unità contro 126 mila diplomati . Ne mancano 110 mila.
Allora la prima attenzione che un Ministro attento avrebbe dovuto avere è quello di monitorare la situazione esistente per” non buttar via il bambino con l’acqua sporca”-
In realtà non si aveva nessuna preoccupazione di migliorare l’esistente bensì’ si intendeva colpire il settore nel quale si costruisce conoscenza, formazione, consapevolezza, capacità critica , oltre che la forza economica di un paese.
Così si è presa la palla al balzo: si è colpita la cultura facendo cassa.
L’obiettivo primario era quindi politico, ideologico ed ha consentito anche di recuperare risorse per il bilancio dello Stato già così’ disastrato.
Ciò tanto è vero che la scuola già indebolita da anni di indifferenza e malgoverno, non ha avuto neanche la forza di reagire!
Ma c’è un Qohelet della speranza:
Per ogni cosa c’è il suo momento,
il suo tempo per ogni faccenda sotto il sole
Un tempo per piangere e un tempo per ridere,
un tempo per gemere e un tempo per ballare…….
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