Conferenza sulla “limba”: non b’est acontzu chene iscontzu

9 Dicembre 2010
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Michele Podda

Nei giorni dal 9 all’11 dicembre, a Fonni, si tiene la conferenza annuale per la lingua sarda.
Un’altra inutile passerella di studiosi e studiati, politici e conferenzieri, e sopratutto di “addetti” regionali che svolgeranno a dovere il loro ruolo di cerimonieri dell’occasione.
L’elenco dei partecipanti per la verità è di tutto rispetto, dato che molti di loro sono ben noti per aver concretamente lavorato in vari modi per la lingua sarda. Il programma dei lavori per contro è tanto generico quanto superficialmente ammiccante, come fa intendere il titolo “Una Limba Normale”, proposto tutto con iniziale maiuscola nel sito RAS.
Avrei capito la maiuscola per l’articolo iniziale, perchè è la prima parola; capisco anche la maiuscola per limba, perchè le si vuole attribuire importanza, prestigio, alla stregua di un nome proprio che, detto in logudorese (in campidanese è identico a quello in italiano “lingua”) significa, in tale contesto, “lingua sarda” e niente altro. Dunque la maiuscola come idea di volerla mettere ancor più al centro dell’attenzione. E va bene.
Ma perchè la maiuscola per “Normale”? E’ un aggettivo che non dovrebbe comunque assumere connotazione di primo ordine, che non può obiettivamente aspirare a posizioni di altissimo rilievo, come per “Limba”; un motivo ci sarà.
A ben vedere, spero di non sbagliarmi, il significato di questa scelta grafica potrebbe essere il seguente: VOGLIAMO CHE SI PARLI DI LINGUA SARDA NORMALE, E NON TANTO DI LIMBA SARDA COMUNA.
SPERO di non sbagliarmi, perchè allora questa sarebbe la velata confessione di un fallimento che poteva essere facilmente previsto, se i burocrati e i politici avessero ascoltato studiosi e appassionati che seguono sul campo le sorti della lingua sarda.
Riconosco che tanti volenterosi hanno salutato l’arrivo della LSC come una via necessaria alla sua valorizzazione, un modo di giungere più in fretta al riconoscimento di un “sardo” ufficiale, in totale buona fede; ma questa scelta non poteva avere futuro, perchè il punto di partenza doveva e deve restare assolutamente il sardo parlato, quello esistente, in tutte le sue forme, nei numerosissimi dialetti, compresi quelli di Sassari e della Gallura.
L’ammettere di avere sbagliato è un importante passo avanti, perchè ciò limiterebbe i danni e potrebbe costituire finalmente l’inizio di un nuovo modo di affrontare la questone, con estremo rispetto e con tanta umiltà e prudenza, nei confronti della lingua sarda conosciuta e parlata in tutta la Sardegna.
Ricercando notizie, come dicevo, sulla conferenza, mi sono imbattuto nella nota riguardante la conferenza stampa tenuta dall’Ass. Milia, pubblicata come accennavo nel sito della Ras.
Titolo di tale nota: “La Regione punta allo sviluppo della lingua sarda. Presentata conferenza regionale”. Dunque abbiamo già una rivelazione di prima mano: pare che la Regione intenda puntare, nientepopodimeno che, allo sviluppo… Incredibile, ancora queste parole trite, già obsolete dalla nascita, trenta o quaranta anni fa; e qui si ripetono ancora come promessa, come dichiarazione di intenti, come soluzione per il futuro. Se questo è il livello, allora la lingua sarda può stare fresca davvero.
Il “lungo e articolato” resoconto, una ventina di righe in tutto, con una foto che lo sovrasta per posizione, dimensione, nitidezza, colore e contenuto, fornisce agli interessati altri “importantissimi” dettagli, fra cui i principali sono:
- che bisogna dare alla lingua una collocazione normale e non occasionale, perciò quel titolo (il problema sarebbe “come”, cioè con quali strumenti e metodi);
- che nella conferenza verranno presentate le linee guida del Piano triennale per la lingua e la cultura sarda, e che esse convergeranno verso progetti che diano solidità alle nostre radici, alla nostra tradizione ed alla nostra lingua (questi progetti e obiettivi, assolutamente generici, sono gli stessi da tanti decenni e di fatto sono rimasti degli slogans vuoti, mai veramente perseguiti);
- che non si vuole “che la nostra lingua rimanga confinata in alcune zone, sempre più ristrette, della Sardegna” (un pio desiderio/auspicio che necessita di atti concreti);
- che in zone sempre più ristrette, ove il 70% parla ancora sardo, solo il 13% dei bambini conversa in limba con i propri genitori (questa è detta anche “scoperta dell’acqua calda”; mentre ne stiamo parlando la percentuale è già scesa al 5%);
- che “anche per questo abbiamo deciso di puntare sull’istruzione e sull’insegnamento, a cominciare dalle scuole” (altra novità sconcertante: però non capisco bene cosa significhi “puntare”; finora invece?);
- che “chiederemo di inserire, nel progetto ministeriale “Scuola digitale”, tra gli argomenti scientifici, anche la lingua sarda” (geniale, così potrà trovare applicazione l’inutile e per adesso dannoso C.R.O.S., il correttore ortografico di recente partorito);
- che “in molte zone proprio del nuorese le famiglie non parlano più in limba” (ma dove son finite le belle tradizioni?);
- che “non è assolutamente una vergogna sentirsi europei e allo stesso tempo sardi, con la nostra identità linguistica” (bontà loro);
- che infine è una questione di soldi e che dunque “è necessario che la Regione reperisca altre fonti di finanziamento per lo sviluppo della politica culturale e linguistica” (speriamo che piova).
E questo è tutto. Di novità, come si vede, neanche l’ombra; salvo il progetto nazionale di “Scuola digitale” in cui inserire l’argomento scientifico “lingua sarda” e in cui ritengo si voglia utilizzare il CROS appena varato. Desolante. Per il resto tante parole prive di contenuto. Solo i partecipanti dunque potrebbero riempire il vuoto profondo, purchè le proposte abbiano poi concrete applicazioni.
Perciò rivolgo un appello a tutti i partecipanti alla Conferenza di Fonni, che hanno a cuore le sorti del sardo:
- abbiate coraggio nell’ostacolare progetti artificiosi ed insulsi che si ammantano di funzioni e valori che non hanno per la lingua sarda, perchè non sarebbero soltanto inutili, ma dannosi;
- accantonate, almeno per il momento, la LSC e proponete lo studio del sardo che c’è, quello ancora vivo, in tutte le sue varianti e dialetti esistenti, compresi sassarese e gallurese; e rinviate per qualche anno l’uso veicolare della lingua sarda;
- chiedete, pretendete SUBITO l’istituzione della cattedra di lingua sarda in tutte le scuole della Sardegna, con 2-3 ore settimanali per cominciare; proponetevi per predisporre testi adeguati;
- fate presente che non è questione di soldi, perchè al limite l’intero ammontare delle somme previste per lingua e cultura sarda (addetti regionali, convegni e pubblicazioni, premi, cotillons e quant’altro) si potrebbe destinare a questo obiettivo;
- ricordate all’Assessore che SOLTANTO L’OBBLIGO SCOLASTICO potrà ridare quel prestigio che, unico e solo, riuscirà a interrompere il processo di estinzione della nostra lingua;
- che nell’insegnamento si dovrà assolutamente salvaguardare la lingua sarda da qualunque ingerenza di quella italiana TRAVESTITA DA SARDA, che deve restare ASSOLUTAMENTE DISTINTA; in caso contrario si sancirà la morte del sardo per asfissia;
- minacciate che se questo non sarà fatto non vi limiterete a denunciare, ma adotterete altre forme di protesta, ben più convincenti di quelle degli stessi pastori.
Coraggio dunque, “non b’est acontzu chene iscontzu”.

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