Un “governo d’armistizio”? Perché no, se salva la Costituzione

6 Dicembre 2010
2 Commenti


Andrea Pubusa

C’è poco da fare. Bisogna ammettere che Casini è l’uomo più lucido ed efficace in questo delicato passaggio verso il postberlusconismo. Definisce il premier ”un uomo allo sbando” e invita il premier a fare un passo indietro ”per il bene del Paese” perche’ il momento e’ cosi’ ”drammatico”, soggiunge, che l’unica cosa da mettere in piedi dopo il 14 e’ un ”governo d’armistizio” che affronti almeno l’emergenza economica e metta mano a una nuova legge elettorale. Anche in caso di maggioranza risicata il premier dovra’ andarsene, insiste Casini. Perche’ se invece decidesse di andare avanti comunque, la scelta sarebbe obbligata: si dovrebbe chiamare, ironizza, il 118. Quindi l’esponente centrista pone un importante punto fermo: il cavaliere deve andar via, niente Berlusconi-bis. E fa i nomi di chi potrebbe guidare il nuovo esecutivo: Gianni Letta, Giulio Tremonti, Angelino Alfano. Sempre che il Pdl prenda coscienza della situazione e accetti di collaborare alla creazione del nuovo governo senza Berlusconi. Altrimenti, per il leader Udc, si potrebbe verificare un’altra ipotesi: quella di un governo tecnico con Mario Draghi o Mario Monti a svolgere un ”ruolo di supplenza”.
Il Pd usa un’altra espressione: ”governo di transizione”, ma è per questa seconda ipotesi. In realtà il capo di un governo d’armistizio potrebbe essere proprio lui, Casini, che è affidabile per Fini e Rutelli, ma anche per il PD. Non a caso il presidente dei deputati Pd Dario Franceschini, cosi’ come il segretario Pier Luigi Bersani, sono d’accordo per un governo d’armistizio, anche se non usano questo termine. Si condivide l’idea: voltare pagina, rimettere al centro la Costituzione, far fuori la Lega, affrontare la crisi e, dopo qualche tempo, ridare al Paese una normale alternanza fra un centrodestra costituzionale e una sinistra costiruzionale. L’importante, anche per il PD, e’ il programma. Si auspica una convergenza nell’interesse dell’ Italia su misure a favore della famiglia e delle imprese, come condizione per un’alleanza transitoria.
Ovviamente Berlusconi non vende la sua pelle e vuole succedere a se stesso. Angelino Alfano, non ha dubbi. I nostri candidati, assicura, sono tre: Berlusconi, Berlusconi e Berlusconi. Casini e il Pd pero’ parlano di governo di resposansabilita’ o di ‘armistizio’, senza Berlusconi. Ma tutti non la pensano così nel terzo polo: il coordinatore di Fli Adolfo Urso rilancia un’altra ipotesi: quella di un governo di responsabilita’ nazionale che metta insieme tutte le forze che si riconoscono in un programma di emergenza, ma che potrebbe essere guidato ancora da Silvio Berlusconi. Ha ragione il segretario del Psi Riccardo Nencini, si potrebbero verificare tre alternative dopo il 14: nasce un nuovo governo di centrodestra; se ne crea uno di solidarieta’ nazionale; si va alle elezioni.
E la sinistra? Si è messa fuorigioco, come in tutte le fasi delicate di quest’ultimo decennio. Il recente Congresso della Federazione della Sinistra (PRC-PDCI-Socialismo 2000) ha detto sì a Casini, ma non a Fini, come dire: stiamo a guardare. Anche Vendola sembra spiazzato dall’evoluzione della situazione politica. Eppure questa sinistra ha un grande esempio: Togliatti, pur di fare la Costituzione e dare al Paese la democrazia, rientrato in Italia dopo la Liberazione, lanciò la svolta di Salerno. Un governo nientemeno con Badoglio, benedetto dal re, a condizione di lasciarsi alle spalle il fascismo ed aprie la fase costituente. Sappiano come è andata. Ha vinto la Repubblica, l’Italia ha avuto la sua Costituzione e c’è stata una fase di grande sviluppo democratico e sociale del Paese. Un governo di arnistizio oggi potrebbe liberarci dal cavaliere e da Bossi, ossia dalle forze anticostituzionali che guidano il Paese, assicurare un rientro nell’alveo costituzionale nella prospettiva di un normale gioco democratico fra forze moderate costituzionali e forze progressiste. Certo, non è la rivoluzione, ma, per come si sono messe le cose, è un grosso balzo in avanti.  O no?

2 commenti

  • 1 aldo lobina
    6 Dicembre 2010 - 10:51

    Concordo.
    Nei momenti gravi - e questi che stiamo vivendo lo sono - è importante uno sforzo comune per tornare alla “normalità” della vita democratica, che vuole i partiti concorrere a perseguire il bene comune secondo le diversità di ciascuno. Ci sono condizioni eccezionali e tempi in cui i distinguo del variegato mondo politico, utili per arricchire la dialettica democratica e guidare la misura delle scelte, devono lasciare il posto a comportamenti “di necessità”. Serve un nuovo governo, senza aggettivi, che nasca nel Parlamento, per difendere e promuovere concretamente i principi fondativi di giustizia e libertà, compromessi velleitariamente da uno scellerato regime “sfascista”. Demolire e ricostruire costerà molta fatica. La prima di queste due azioni è all’apparenza più semplice: il regime sfascista infatti si è quasi demolito da solo ed è imploso nelle sue contraddizioni.
    La più grande rappresentata dal leghismo, rozzo, razzista ed egoista; l’altra dalla concezione proprietaria delle istituzioni,chiamate a piegarsi alle necessità personali del capo del PDL.
    Si tratta di rimuovere le macerie, salvando il salvabile. E’ il compito che spetta al nuovo governo, fino alle elezioni. L’altro, quello che uscirà dalle prossime elezioni, dovrà soprattutto ricostruire. Ma rispettando le fondamenta!

  • 2 Michele Podda
    6 Dicembre 2010 - 16:03

    Prima di prendere decisioni avventate, sarebbe il caso di sentire Bertinotti, e valutare con attenzionbe se è da responsabili piazzare Casini o meno.

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