Aldo Lobina
Secondo me la reale distanza tra popolazione e politica la marchiamo noi stessi; ciascuno di noi può interferire con i suoi giudizi e i suoi comportamenti, che dipendono dalla sua educazione, dalle sue esperienze di vita e dalla sua onestà intellettuale. Per alcuni questa scuola comincia presto nella famiglia e può continuare nei diversi contesti sociali in cui i ragazzi crescono: nei gruppi impegnati nel sociale, nelle associazioni di vario titolo, nei movimenti e infine nei partiti. In Italia è insufficiente purtroppo l’azione della scuola nella vera e propria educazione civica, che è una materia fantasma. Mi spiego: nella migliore delle ipotesi la nostra scuola si impegna a far maturare l’intelligenza attraverso l’insegnamento delle varie discipline, sovraintendendo, per quanto possibile, anche allo sviluppo emozionale personale. Ma non c’è l’idea di segnare profondamente il ragazzo ai valori della partecipazione democratica, ai principi della Costituzione. Le consulte giovanili non promettono di ottenere grandi risultati se si legano a troppi formalismi, scopiazzati dalle regole di altre istituzioni adulte, che non possono essere riportate sic et simpliciter ai più giovani. Ai quali deve essere lasciato un certo grado di autonomia, ma con l’affiancamento di guide autorevoli e riconosciute. Che tengano conto delle diverse età, perché è esperienza comune che tra i ragazzi differenze di soli due anni vengono sentite e vissute come più grandi rispetto allo stesso intervallo di tempo negli adulti.
Nei primi decenni del secolo scorso i ragazzi della scuola media di Chicago apprendevano nei libri di testo le problematiche della convivenza civile nell’ambito della loro stessa città, intesa come casa di tutti. I concetti di risparmio, di riciclo, di ordine e di pulizia, di cura del bello, la ricerca della sicurezza sociale, perfino l’importanza della partecipazione – e quindi della conoscenza preventiva dei progetti da attuare - facevano parte dei programmi di studio, utili a forgiare con l’uomo anche il cittadino.
Se mancano certi percorsi non possiamo meravigliarci del distacco, soprattutto quando alla nuova generazione che dovrebbe farsi carico dell’organizzazione della città non solo è stato insegnato poco sotto questo profilo, ma ha anche ricevuto quasi quotidianamente esempi non edificanti di mala politica. Ai due estremi da una parte le vittime sempre più numerose dei vari Super Mario Bross e dall’altra quelle delle logiche asociali di branco, dove l’identificazione col branco ti cancella, attribuendoti una personalità fittizia, che condiziona i sentimenti e con essi le azioni.
Se a questo fatto aggiungiamo la tendenza della classe politica a diventare casta e a concedersi facilitazioni, privilegi e favori e ad allontanarsi essa stessa, comprendiamo il gap, ci spieghiamo come la misura del distacco tende ad aumentare e non a diminuire.
Quando poi facciamo riferimento al nostro piccolo mondo locale, riducendo purtroppo necessariamente questi discorsi a necessarie semplificazioni per il valore medio dei personaggi implicati, tra i quali spicca tutt’al più qualche narciso d’annata, che si appoggia ad altri fiori consimili, dobbiamo riconoscere la difficoltà di fargli apprezzare codici di comportamento che indurrebbero questi fiori a non rendersi disponibili tutte le volte che c’è un nuovo incarico di carattere istituzionale da ricoprire. A Roma, a Cagliari, alla Regione, nel mio Comune.
Quei codici di autoregolamentazione dovrebbero invece diventare oggetto di approfondimento in tutte le sedi di discussione pubblica per avere fondate speranze di rinnovamento. A sezioni aperte! Ammesso che esistano ancora le sezioni dei partiti, e che possano davvero aprirsi. I risultati di certe primarie hanno dato più di un dispiacere ai timonieri d’ufficio! Si tratta di riconoscere i fiori datati con quasi tutti i sensi di cui disponiamo. Sentendoci tutti obbligati a sostituirli con scelte sagge e coraggiose.
Qualora nel nostro giardino politico ci fossero comunque fiori non ancora appassiti, capaci ancora di dare buoni frutti, non sarebbe disdicevole s-fruttarne le capacità, anzi! Perdendo un ruolo istituzionale attivo, essi potrebbero trasformare la loro cultura e la loro passione civile in consiglio prezioso, non vincolante.
Certo, chi ha molte elezioni consecutive alle spalle non può pensare di trascorrere una vita di rappresentanza senza togliere qualcosa al giardino di casa sua, dove potrebbe trapiantarsi, con un certo vantaggio per la Comunità.
O capiamo questo o ci dobbiamo rassegnare a segnare il passo di fronte ai problemi politici e amministrativi sempre più complessi, che impongono altre intelligenze di uomini e donne.
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