Andrea Pubusa
L’altroieri si è svolta a Cagliari l’assemblea a sostegno del Il Manifesto, in pericolo di vita per via delle restrizioni finanziarie decise dal governo sulla stampa, anche di quella che è prodotta in forma cooperativa.
Pubblichiamo due interventi sull’assemblea dell’altra sera, una di un fondatore del Il Manifesto, per il quale il quotifiano deve essere salvato a prescindere; l’altro di un giovane studente in legge, Gavino Piredda, che guarda all’assemblea di avantieri. al giornale e ai suoi problemi senza alcun condizionamento derivante da una appassionante storia che, per ragioni d’età, non ha vissuto.
Qui di seguito il primo intervento. A parte, più avanti quello del giovane Gavino. Ma prima ricordiamo ancora cosa devi fare per sostenere Il Manifesto: abbonarti adesso o sottoscrivere subito.
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Pienone in sala. Tanti compagni della prima ora. Testa canuta o calva, ma cuore sempre rosso. Sempre informati, sempre nelle lotte, una grande risorsa democratica. Bello il dibattito, introdotto da Marco Ligas, un compagno di mille battaglie, un esempio di coerenza e di linearità. Segretario regionale della Gioventù comunista alla fine degli anni ‘60, quando quella carica ti metteva in contatto con i massimi dirigenti nazionali del PCI e ti apriva le porte a prestigiosi incarichi istituzionali. Ligas è stato fondatore e animatore de Il Manifesto dai tempi (1969) della rivista e poi del quotidiano 1971. Oggi, da direttore de Il Manifesto sardo-online, chiede fondi e lo fa con la solita passione. Non c’è in ballo solo un piccolo-grande giornale, ma un valore generale della democrazia: la libertà di stampa. Ricorda uno dei principi fondamentali della sinistra: libertà di stampa vuol dire libertà di leggere, ma anche di scrivere. Lo Stato deve mettere mezzi e strutture per il suo esercizio: fondi, tipografie, strumenti di distribuzione. Il tema è ripreso da tanti interventi, che mettono in rilievo come la mano invisibile del mercato in realtà è il portafoglio visibilissimo dei padroni, per cui quando si parla di libertà del mercato nella stampa si sta lasciando ai grandi gruppi economici mano libera sull’informazione.
Irrompe sul palco un giovane. Non dice come si chiama, ma lancia una provocazione. Di quelle che un tempo quelli de Il Manifesto amavano fare. “Siete già morti – ha detto ironicamente - perché siete vecchi. Ed un giornale o parla ai giovani o muore coi suoi fondatori e storici sostenitori”.
L’accoglienza dell’intervento è fredda, non stizzita, ma quasi. “Giovani si è nel cuore e nel cervello, non è una condizione anagrafica”. “Ci vogliono i giovani e i vecchi. Senza memoria non si sa dove andare. Si è solo degli sbandati, e gran parte dei giovani oggi lo sono”. “I giovani non critichino, ma parlino, scrivano, Il Manifesto è aperto”. E così di seguito, un po’ paternalisticamente. Poi Valentino ringrazia e tutti di corsa a casa a vedere “Vieniviaconme”. Fazio e Saviano mordono davvero. In TV certe cose sono dirompenti, ma ne Il Manifesto si leggono tutti i giorni.
Me ne vado con Gianna, non senza prima aver salutato tanti compagni di molte battaglie e dopo aver messo nella cassetta un po’ di euro a difesa non solo di una grande testata, ma della nostra libertà. Mi rimane però in testa l’interrogativo posto dal giovane “provocatore”.
10 commenti
1 Vito Biolchini
17 Novembre 2010 - 11:58
Caro Andrea, anch’io sono rimasto colpito dall’intervento del giovane. E ho scritto un pezzo sul mio blog: http://vitobiolchini.wordpress.com/2010/11/16/i-vecchi-hanno-paura-dei-giovani-e-se-possono-li-offendono-valentino-parlato-docet/
Ciao e a presto
Vito Biolchini
2 admin
17 Novembre 2010 - 14:37
Da Andrea Pubusa a Vito Biolvhini
Caro Vito,
anch’io sono rimasto sconcertato ed ho provato le sensazioni che tu ben manifesti nel tuo scritto (che invito i lettori a leggere cliccando sul link). Quella di Valentino (e di altri) al giovane (che, con la sua opresenza, testimoniava un interesse per Il Manifesto e per la nostra democrazia) mi è sembrata una risposta stizzita da vecchi. Non riesco ancora a capire il perché.
3 Francesco Cocco
17 Novembre 2010 - 21:17
Ho sempre giudicato in termini negativi le contrapposizioni tra “vecchi” e “giovani”. Strumentali alla divisione ed alla fine reazionarie. La società si trasforma se vi è collaborazione (direi rivoluzionaria, ma forse la parola è fuori moda e dà fastidio) tra generazioni. Concetti ben presenti nella mente di Valentino Parlato, che ritiene importante analizzare le parole di un giovane in una prospettiva di saldatura tra generazioni e soprattutto di arricchimento reciproco.. Non capisco proprio il salto logico (che non è nelle parole di Parlato) per cui l’analisi dovrebbe essere di tipo psicanalitico o, peggio ancora, psichiatrico. Credo che simili estensioni non siano possibili e finiscano per essere (quelle sì) offensive
4 Antonello Zanda
17 Novembre 2010 - 22:07
Caro Francesco
è proprio ben lontano da Valentino Parlato quella estensione, che infatti non c’è stata. Se esiste, esiste solo nella testa di chi ha scelto di interpretare in quella direzione le parole di Valentino. C’è della malizia evidente nel fango che si sta spalando, anche perché non si è sottolineato subito la cosa per chiarirla, lì, davanti a tutti e invece, quando Parlato non può più intervenire personalmente per rispondere alle sciocchezze, si colpisce dopo, alle spalle. In me che ho vissuto male queste parole, come in tanti presenti che non hanno minimamente sentito quella “estensione psichiatrica”, resta l’amarezza di constatare, ancora una volta, anche in questa occasione, quanto dilaga a sinistra la vocazione autolesionista e masochista.
5 Francesco Cocco
18 Novembre 2010 - 08:16
Caro Antonello, quanto scrivi è esattamente ciò che ho cercato di evidenziare nel mio intervento. Evidentemente non sono stato sufficientemente chiaro.
6 Vito Biolchini
18 Novembre 2010 - 09:59
Chiedo scusa ma, estensione psichiatrica o meno, Parlato ha risposto al giovane in maniera arrogante. Lo dico io e mi assumo la responsabilità di questo, e lo dicono in tanti che lunedì erano presenti, non mi va di passare per visionario. Non c’è nessuna malizia e non c’è nessun fango nel voler esprimere la propria opinione. Evidentemente c’è un modo diverso di ascoltare i giovani e le loro istanze, ne prendo atto.
7 Antonello Zanda
18 Novembre 2010 - 10:05
Caro Francesco
Sei stato chiarissimo. Sono intervenuto per sottolineare quanto scrivevi, non per replicare.
Aggiungo che nel frattempo ho sentito tante persone presenti la sera che trovano sconcertante l’interpretazione di Vito. ciao.
8 Vito Biolchini
18 Novembre 2010 - 10:31
Siamo evidentemente su posizioni differenti. Ma perché, caro Antonello, non accettare questo fatto senza tirare in ballo malizie e fango e autolesionismi? Ci sono due differenti interpretazioni di quanto successo lunedì: se ne può parlare senza essere accusati di malafede?
9 admin
18 Novembre 2010 - 14:27
Da Andrea Pubusa
Condivido l’appello di Vito ad abbassare i toni e a ricondurre la vicenda nell’alveo in cui è nata è su cui siamo tutti d’accordo: salvare Il Manifesto.
Ci sono tanti modi per farlo, ciò che è importante è, sempre, sforzarsi di capire se, per caso, chi avanza una critica, anche forte, getti sul campo un seme di verità, un punto di vista che merita ascolto (anche se non accondiscendenza). Insomma, non possiamo pensare che Vito (e debbo dire anch’io) che dà una certa interpretazione critica di quanto accaduto l’altra sera getti fango e altrettanto abbia voluto fare il giovane Pietro, …pietra dello scandalo.
Dobbiamo ogni volta reciprocamente ricordarci che siamo tutti democratici, tutti in buona fede e tutti, in questo caso, amici del Il Manifesto e interessati ad assicurarne la sopravvivenza?
10 Antonello Murgia
19 Novembre 2010 - 02:08
Credo che Valentino Parlato debba essere onorato per la sua fedeltà al progetto del Manifesto, nonostante una professionalità che gli avrebbe consentito più remunerative e prestigiose ribalte. Detto ciò, l’altra sera l’ho trovato piuttosto spento sia nel primo intervento che in quello conclusivo, almeno se messo a confronto con il giornalista che abbiamo conosciuto nei decenni scorsi. Non intendo fargliene una colpa, credo abbia diritto come tutti a non essere sempre al massimo. Però non vorrei che, magari per reazione alla critica dura espressa da Vito, si sorvolasse su un’analisi che mi sembra necessaria e che l’altra sera è mancata. Lo dico non per dare i voti a qualcuno, ma perché mi sembra che ne abbia bisogno il Manifesto e la nostra speranza di sua sopravvivenza. Il discorso del giovane non mi ha impressionato particolarmente, ma poteva essere un’utile provocazione. Invece ha ottenuto il risultato di farci chiudere in difesa: eravamo lì a rianimare il moribondo strozzato dal peggior Governo della storia repubblicana e c’era chi si permetteva di maramaldeggiare. E così non c’è stata la riflessione che sarebbe stata necessaria (lo dico a me stesso, che avevo intenzione di intervenire e poi non l’ho fatto, prima che agli altri). Trovo necessario interrogarci sul perché il Manifesto abbia avuto un calo di 30.000 copie vendute, quando i disastri compiuti dal Governo avrebbero semmai fatto sperare maggior gradimento per chi quei disastri denuncia e vi si oppone con coerenza. Nell’ultimo anno è apparso, nel panorama dell’informazione, Il fatto quotidiano, che sicuramente ha sottratto lettori al Manifesto, con buona pace di chi etichetta quel giornale come organo ufficioso dell’Italia dei Valori e quindi pensa sia destinato a quell’area culturale e politica. Credo che fra i vari motivi del calo di lettori ci sia da considerare il tipo di presentazione/confezione: a me è venuto di paragonarlo ai carciofi, molto buoni, ma di digeribilità un po’ difficile. Un giornale che seleziona e approfondisce, che vuole parlare al cervello e non alla pancia dei lettori, ma che richiede più impegno di altri giornali; che è conosciuto per il titolo di prima pagina sempre intelligente ed arguto, ma che ha una veste grafica poco accattivante, che pecca di poca ironia (non basta la vignetta di Vauro). Un giornale che oggi viene accusato dai suoi lettori di non avere una linea politica sufficientemente delineata; giudizio, questo, sul quale la mia lettura saltuaria non mi consente di fare valutazioni, ma su cui mi piacerebbe sentire il parere di altri (e anche di chi ci scrive). Insomma, l’altra sera forse è stata un’occasione in parte mancata; il sostegno al Manifesto non può consistere solo nella donazione dell’obolo, ma deve includere una riflessione comune che lo aiuti ad essere quello strumento efficace di informazione e democrazia che tutti vorremmo fosse.
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