Carlo Dore jr.
Le due Italie dell’epoca del bunga bunga si fronteggiano a pochi chilometri di distanza l’una dall’altra, divise come sono dall’oceano di un breve tratto di autostrada, dalla trincea ideale che separa due tavoli da conferenza stampa. Da Napoli a Bruxelles, Berlusconi parla alla sua Italia di un Paese che non esiste, rivendica miracoli che non ha realizzato, gonfia il petto al pensiero di successi che non ha ottenuto, fa sparire quintali di spazzatura con uno schiocco di dita, risolleva l’economia mondiale con un battito di mani. E’ il Presidente del fare che risolve i problemi concreti, ama la vita e ama le donne: perfetta congiunzione tra il “ghe pensi mì” gettato in pasto alle telecamere del TG1 ed il bunga bunga che allieta le notti di Arcore.
Parla della sua Italia alla sua Italia: all’Italia di Bertolaso e di Caldoro, degli appalti di Anemone e del metodo - Boffo, delle cricche e delle logge coperte, del lettone di Putin e delle veline al potere. Terremoti e scudi fiscali, igieniste e legittimi impedimenti consumati tra Antigua e la tenda di Gheddafi: il Lodo Alfano diventa la priorità assoluta per realizzare il perfetto sogno di impunità, la “grande, grande, grande” riforma della giustizia è la clava da agitare contro magistrati sovversivi ed alleati riottosi. La santificazione del Capo si è rifatta ideologia politica, il consenso popolare viene individuato come il lavacro lustrale che emenda ogni ipotesi di conflitto di interesse, mentre l’amato bunga bunga appare come il mantra che esprime più una filosofia di governo che uno stile di vita.
Da Roma a Bologna, Pierluigi Bersani prova a parlare all’altra Italia del Paese che esiste nella realtà dei fatti, e che soffre, giorno dopo giorno, per il morso pungente di una crisi senza precedenti. Parla col tono pacato della persona seria che non vuole conoscere il mondo dorato della Costa Smeralda; parla di un mercato del lavoro caratterizzato da una costante attenuazione dei diritti dei lavoratori; parla della disoccupazione crescente e dell’impossibilità, per gran parte delle famiglie italiane, di programmare un futuro degno di tale nome; parla della scuola e dell’università, eternamente sospese tra la scure dei tagli e le incertezze collegate alle vaghe prospettive di una riforma elaborata da un ministro in palese crisi di credibilità
Parla, e picchia esasperato il pugno sul tavolo: possibile che le prime pagine di tutti i principali quotidiani nazionali siano occupate dal Lodo Alfano e dalla barzelletta del bunga bunga? Possibile che il premier di uno dei principali stati europei possa abusare in lungo ed in largo del suo potere istituzionale, ponendo sistematicamente le sue vicende personali al centro del dibattito politico? Possibile che nessuno abbia la forza di interrompere questa deriva egocratica che sta allontanando sempre più l’Italia dalle grandi democrazie occidentali? Bersani parla a quella parte di Italia che, ancora una volta, si indigna e protesta, e che grida a tutta forza quella parola ormai sparita dal lessico usato nelle aule parlamentari: dimissioni.
La contraerea berlusconiana parte implacabile al contrattacco, nel consueto tentativo di trasformare la realtà in finzione. Ecco che le inchieste si trasformano negli ingranaggi della macchina del fango programmata per ribaltare l’esito delle elezioni; ecco che i processi vengono bollati come aggressioni premeditate, che i magistrati ed i giornalisti sono additati come terroristi mediatici alla mercé delle forze di opposizione; che perfino la menzogna e l’abuso di potere assumono i caratteri di un atto di umanità del Presidente del fare, che sa risolvere i problemi e godersi la vita. Al ritmo del bunga bunga, il conflitto di interesse è diventato normalità, il meretricio un titolo di merito, le contestazioni campagne d’odio ed i miracoli la semplice routine di un Paese che non esiste.
Nell’epoca del bunga bunga, due Italie si fronteggiano, così lontane e così vicine: la prima rivendica impunità, la seconda legalità; la prima chiede privilegi, la seconda diritti; la prima miracoli ed efficientismo ad ogni costo, la seconda moralità e normalità. Quella moralità e quella normalità che caratterizzano tutte le grandi democrazie occidentali, dove il bunga bunga rimane soltanto il finale un po’ abusato di una storiella di dubbio gusto, e non vuole esprimere una filosofia di vita inopinatamente elevata a stile di governo.
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