Red
Il Congresso di SEL, svoltosi nei giorni scorsi a Firenze, è un’occasione di dibattito a sinistra. Vendola conferma la sua forte personalità politica, che travalica di gran lunga lo stretto recinto del suo partito, e mette al suo attivo un altro punto verso la sua leadership del centrosinistra.
Ne ho parlato nei giorni scorsi con due autorevoli colleghi dell’Università di Foggia e di Lecce, i quali, pur provenendo dalla stessa militanza nell’ambito del cattolicesimo democratico, manifestano differenti orientamenti: l’uno più prudente in ragione delle difficoltà di ripetere su scala nazionale l’operazione primarie riuscita a Vendola due volte in Puglia, l’altro più attento al carisma e alla carica alternativa di Vendola rispetto a Berlusconi e ora anche a Marchionne. Una chiaccherata per me istruttiva riguardo al Vendola amministratore, che, però, negli aspetti generali, in fondo, riproduce in piccolo la discussione pubblica sulla possibilità di una candidatura Vendola alle elezioni politiche. Le obiezioni sono le solite: l’UDC, anzitutto. Ma Vendola è così abile da averli di fatto coinvolti in Puglia, mantenendoli in una posizione di non belligeranza ed anzi di sostanziale appoggio. Perché questa operazione non potrebbe ripetersi su scala nazionale? Vendola, del resto, è cattolico ed ha una spiccata sensibilità per i temi che coinvolgono la libertà di coscienza, è sicuramente dalla parte del mondo del lavoro, ma senza indulgere a assistenzialismi di vario tipo, così come è per la difesa dei beni comuni, ma in un’ottica gestionale non burocratica. I miei intelocutori pugliesi mettono in luce la decisione del loro Presidente nel bonificare il mondo della formazione professionale e della sanità, nonché la lotta dura e con risultati contro il precariato. Lo slogan è “Puglia: regione deprecarizzata”. Insomma, tante battaglie con risultati alterni, ma sempre combattute con chiarezza, a viso aperto e coinvolgendo in spirito unitario tutti i soggetti interessati. La sua battaglia contro la corruzione e il malcistume politico e poi visibile e senza quartiere. Quando si sono verificati scandali non ha guardato in faccia nessuno ed ha prontamente defenestrato vicepresidente ed assessori. Ed è proprio questo spostamento dell’attenzione non al politichese ma ai problemi reali che ne fa un leader affidabile con consensi ben al di là del suo piccolo partito.
Insomma, Vendola anche da chi non è di SEL viene percepito come una risorsa per il Paese. Accende molte speranze, mentre gli altri dirigenti del centrosinistra le hanno sempre sistematicamente spente. Indubbiamente un personaggio da seguire con attenzione e senza pregiudizi.
Ecco ora un reportage sul Congresso di Firenze ad opera di Felice Besostri, portavove del grippo di Volpedo.
Il Congresso di SEL di Firenze è stato meglio di quanto lasciasse presagire il documento congressuale Manifesto per SEL e la differenza sta tutta nella relazione introduttiva di Vendola, nelle sue conclusione e negli interventi dei delegati sia quelli dal palco che quelli espressi con centinaia di sms pubblicati su un grande schermo
Il legame di Vendola con la platea congressuale è politico, ma anche fisico ed emotivo, lo si chiami leadership all’inglese o charisma con parola greca. Questo permette a Vendola di essere più avanti della media del gruppo dirigente, quello del Manifesto e dei delegati e ciò grazie alla sua insostituibilità, non soltanto perché è l’unico mediaticamente spendibile, ma perché incarna una speranza di riscatto dalle delusioni e sconfitte degli ultimi anni: l’Italia è l’unico paese d’Europa nel quale la sinistra, di tutte le sorti, non è rappresentata in Parlamento.
Vendola, per pudore cercherò di evitare di chiamarlo Nichi, è conscio del pericolo costituito dai fans (uomini o donne , o meglio compagni o compagne, che siano) e come antidoto ha ricordato e si è ricordato “che è un ragazzo di Terlizzi”. Nella loro saggezza gli antichi romani quando celebravano un trionfo mettevano alle spalle di un generale uno schiavo che ripeteva “Ricordati che devi morire! Ricordati che sei un uomo! Guardati attorno! Ricordati che sei solo un uomo!”). Vendola si è dato un’immagine da statista, cioè che sa che deve dare indicazioni al suo popolo e non semplicemente seguirne gli umori e le pulsioni. La sua posizione sul conflitto israelo-palestinese è netta e molto lontana dall’unilateralismo del Manifesto congressuale, quanto pone l’accento con la stessa intensità sul diritto alla sicurezza d’Israele al diritto dei palestinesi ad una patria, come ha condannato i fischi a CISL e UIL e a quelli, più isolati, al Segretario del PSI Nencini.
Nel primo caso con riferimento a una necessità di un confronto, mentre nel secondo con un riferimento positivo al Socialismo anche per il futuro. Spero che l’episodio non sia enfatizzato perché la rottura dell’etica congressuale nei confronti degli ospiti è stata inaugurata dal PSI con i fischi a Berlinguer al congresso di Verona del !984. Altrettanto significativi i silenzi non dico Cuba ma Chavez, in altri tempi sarebbe stato un classico di un congresso della sinistra radicale. Al congresso del PSI di Perugia erano presenti gli ambasciatori cubano e venezuelano, mentre a quello di SEL a Firenze un osservatore dell’ambasciata USA.
Altri punti di grande spessore per un dialogo a sinistra, che superi le divisioni del XX° secolo di socialisti e comunisti è stato il giudizio netto di condanna dello stalinismo e della negazione delle libertà individuali e l’enfasi sul valore della libertà, che comprende la libertà dal bisogno. Ai rapporti con il socialismo europeo un accenno fugace, ma sempre di più che alla GUE. Specialmente nella replica ha dedicato una parte importante e convincente ai rapporti con il mondo cattolico, da credente quale è, e con la storia della DC, un partito laico, e con un suo leader come Aldo Moro. Nella sua narrazione non è mai entrato un socialista, neppure l’icona Pertini o Nenni, almeno come Ministro degli esteri, o Basso, un riferimento obbligato, per chi ama e cita la Luxemburg, o Lombardi benché abbia fatto riferimento alla “società diversamente ricca”. D’altra parte la sua è una storia pugliese, ma troppo giovane per Di Vagno, e di comunista, per cui la lettura di Gramsci è un passaggio obbligato per la saggistica politica. Non è una critica perché tra i socialisti quelli che hanno appreso L’Umanesimo di Marx attraverso la lettura di Mondolfo sono un’infima minoranza.
I limiti tuttora presenti nel discorso di SEL, evidenziati nella lettera aperta al suo Congresso del Gruppo di Volpedo, appaiono a una prima lettura superabili e, forse, sarebbero già stati superati se il progetto originario di Sinistra e Libertà fosse uscito dalla semplice alleanza elettorale per le europee. Un PSI forte e fiero delle sue ragioni di rappresentante del Socialismo europeo avrebbe potuto giocare un ruolo nella ricerca difficile, faticosa e contraddittoria, ma necessaria di una nuova sinistra italiana, se avesse voluto partecipare alla partita. Uno degli sms pubblicati, e non era l’unico, diceva “facciamo insieme un passo avanti: SOCIALISMO ECOLOGIA LIBERTA’”.
Vendola è stato chiaro riprendendo il concetto nella replica che la parola Sinistra non è sufficiente per definire i nuovi compiti e le nuove mete. Va preso in parola, così come quando assegna al SEL il compito di fare da apripista ad una sinistra più ampia e plurale , che abbia come obiettivo di governare l’Italia per salvarla. Con un rapporto stretto ma rispettoso della sua autonomia con il movimento sindacale: gli interventi di Epifani e Landini sono stati tra i più applauditi come il passaggio di Vendola sulla necessità di un sindacato unitario: sarebbe un segno di normalità, da schema classico di rapporti tra partito socialdemocratico e Centrale Unica Sindacale.
Altro fatto importante è che il futuro è una storia da scrivere senza la violenza come levatrice, un’altra rottura ideologica con il leninismo. La sinistra deve fare un ulteriore passo avanti passare dalla denuncia alla proposta, cioè indicare come uscire dalla crisi con proposte credibili e concrete: le responsabilità della finanza sregolata sono ormai chiare per tutti, ma non basta porre al centro il lavoro, se non si indica come si finanzia un recupero salariale compresso da oltre un decennio da profitti e rendite o si trovano le risorse per scuola, ricerca e cultura o il reddito di cittadinanza. Passare dalla poesia alla prosa non sarà semplice, né facile, ma la voglia di fare, che si è potuto constatare in questi giorni saranno il viatico dell’impresa.
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