Rifondazione del pensiero della Sinistra: risposta a F. Cocco

5 Luglio 2008
1 Commento


Gianfranco Sabattini

1. Francesco Cocco commentando un mio scritto sulla rifondazione del pensiero della Sinistra, pubblicato sul Blog l’11 del c.m., per un verso, formula valutazioni assai lusinghiere nonostante la natura “provocatoria” dello scritto; per un altro verso, però, lo boccia senza appello in quanto gli imputa due difetti, che, se avessero un qualche fondamento, sarebbero, per l’analisi svolta sulla rifondazione del pensiero della Sinistra, esiziali.
Quali sono i due difetti?. Uno consisterebbe nel fatto che tutta l’analisi indurrebbe a pensare che si tratti di una teorizzazione di un mondo collocabile “alla fine della storia” favoleggiata da Francis Fukuyama (La fine della storia e l’ultimo uomo, 1992); l’altro consisterebbe nel fatto che la stessa analisi proporrebbe, a livello di governo delle relazioni internazionali, un mondo regolato e pacificato sotto l’egida della pax americana. Entrambi i difetti non sono intrinseci all’analisi da me compiuta; ciò in quanto i fatti che dovrebbero dare forza metodologica ed esperienziale ai due difetti restano da dimostrare. Di seguito cercherò brevemente di indicare come plausibilmente stanno le cose riguardo a quei fatti.

2. Fine della storia. Al riguardo, può risultare strano che “un vecchio militante della sinistra”, come Francesco Cocco si definisce, sembri non condividere sul piano del metodo (certo non del risultato) un’analisi del processo storico, come quella effettuata da Francis Fukuyama, fondata sulla dialettica della contraddizione (dialettica della storia), la cui implicazione è il perseguimento di uno “stato stazionario” inevitabile, quale può essere l’avvento definitivo del sistema capitalistico, inteso come migliore dei mondi possibili (nel senso di Francis Fukuyama), oppure del sistema comunista, ugualmente inteso come migliore dei mondi possibili (nel senso dei vecchi militanti “duri e puri” della sinistra storica). Questa prospettiva di analisi del processo storico non mi appartiene, né il mio scritto sulla rifondazione del pensiero della Sinistra è ad essa riconducibile. Il mio scritto non si sviluppa nella prospettiva dell’ipostatizzazione del processo storico in una sua configurazione finale, in quanto in esso le crisi ed i conflitti intrinseci alla dinamica sociale sono assunti non come mezzo per la rimozione delle “sue contraddizioni interne”, ma come motivo per la rimozione razionale di quelle crisi e di quei conflitti.
Nella prospettiva di analisi della dialettica della storia, l’assunto che il processo storico possa assolutizzarsi in una particolare configurazione dello stato del mondo, conduce alla lettura della dinamica sociale del passato in funzione del perseguimento della fine della storia. In conseguenza di ciò, sia per i seguaci di Francis Fukuyama, che per i militanti “duri e puri” della sinistra storica, il quadro istituzionale all’interno del quale avviene la dinamica sociale svolge soltanto un ruolo negativo, nel senso che, per i primi, esso si limita ad accettare l’evoluzione spontanea del processo storico animato e sorretto dal conflitto nella forma della concorrenza generalizzata e a “montare la guardia” perché il processo non sia “disturbato” nel suo libero svolgimento; mentre, per i secondi, esso si limita ancora una volta ad accettare l’evoluzione spontanea del processo storico animato e sorretto dal conflitto tra i gruppi sociali ed a “montare la guardia” perché il processo non abbia a subire impedimenti nel suo libero svolgimento e ritardi nel suo compimento.
Da entrambe le posizioni (quella hegeliana di destra di Francis Fukuyama e quella hegeliana di sinistra dei militanti “duri e puri” della sinistra storica) deriva una totale deresponsabilizzazione dei destinatari degli esiti della dinamica sociale, in quanto, da un lato, la natura inintenzionale di tali esiti comporta la loro incontrollabilità sociale perché immanenti alla logica del processo storico e, dall’altro, la loro origine estranea ad ogni manifestazione di intenzionalità da parte dei loro destinatari fa sì che gli esiti siano subiti dagli stessi destinatari in quanto originati da forze che li trascendono e rispetto alle quali non dispongono di alcuna capacità decisionale.
Il rovesciamento operato nel mio scritto sulla rifondazione del pensiero della Sinistra con l’approccio cooperativo, in luogo di quello conflittuale, al governo della dinamica sociale (quale che sia il livello di riferimento: quello nazionale, oppure quello internazionale) consiste, invece, nella possibilità di trasformare, attraverso il crescente coinvolgimento nei processi decisionali degli individui e dei popoli del mondo l’energia del disordine originata dalla distruzione creativa (di schumpeteriana o marxiana memoria) della concorrenza e del conflitto sociale che si svolgono durante l’evolversi del processo storico, nella forza di controllo intenzionale della evoluzione dei fatti sociali. Forza questa resa possibile dal ruolo positivo che si assume possa esercitare il quadro istituzionale, attraverso la funzione moderatrice svolta dalla organizzazione della struttura istituzionale nei confronti della presunta evoluzione spontanea del conflitto; rendendo possibile, in tal modo, la trasformazione della dinamica del conflitto in “specchio” della capacità intenzionale dello stesso sistema di progettare e di governare l’evoluzione delle situazioni di crisi del mondo, fuori da ogni possibile configurazione di fine della storia. Riguardo a questa possibilità, va condivisa l’osservazione sull’”uso delle forza” che Andrea Pubusa ha collocato all’interno del suo contributo al dibattito comparso su questo Blog il 20 giugno scorso; quando si parla dell’uso della forza, osserva Andrea Pubusa, il riferimento a Gramsci diventa obbligatorio, dato che il “pensatore sardo è forse quello che ha interpretato creativamente il marxismo, perché ha tolto dal conflitto…il terribile volto delle armi per ricondurlo a quello delle idee”. E’ un’osservazione assai pertinente, perché legittima l’implicazione in essa contenuta che vuole che sia “l’egemonia culturale a creare la forza politica necessaria” per la soluzione degli stati di crisi e delle situazioni di conflitto del mondo. Se così stanno le cose, è anche vero, allora, che il conflitto cessa di essere, come si è cercato di dimostrare, un mezzo necessario alla dinamica sociale, in quanto esso rappresenta, al contrario, un elemento ad essa disfunzionale; da ciò consegue che, pur liberato dal “volto delle armi” per essere ricondotto a quello delle idee, il conflitto continui pur sempre, anche quando si svolga a livello delle sole idee a far parte, non importa con quale pericolosità, dell’”arsenale della storia”, il cui abuso è costato sinora sacrifici improponibili per il futuro dell’umanità. Il filo di ironia che sottende l’incredulità di Francesco Cocco, riguardo alla possibilità che il concetto di egemonia politica sia utilizzato, attraverso il “coordinamento degli interessi”, come mezzo per la soluzione di specifici stati di crisi sociali può essere dissipato solo approfondendo l’assunto che il pensiero di Antonio Gramsci possa essere anche un contributo al progresso delle scienze sociali; ciò però presume che l’opera del pensatore sardo sia sottratta alle “kermesse ideologico-politiche” con le quali essa è stata e continua ad essere (contrariamente a quanto è avvenuto e sta avvenendo all’estero) strumentalizzata in patria.

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1 commento

  • 1 Francesco Cocco
    6 Luglio 2008 - 18:21

    Caro Ganfranco, io “non boccio senza appello” il tuo articolo (saggio) di cui ho riconosciuto esplicitamente l’utilità sia perchè ci consente di conoscere posizioni di pensiero rilevanti sia perchè in certi momenti storici possono concorrere a formare equilibri. Io che non sono un “duro e puro” (sinonimo di dogmatico) ho sempre dubitato della fine della storia propria della versione della sinistra hegheliano (segnatamente marxiana). Il mio voleva essere un discorso parallelo. Questo consentiva quel che vi è di valido e di attuale nell’analisi che richiami. La la mia linea parallela comportava anche di evidenziare i pericoli per una possibile generale smobilitazione che impedirebbe non gà di giungere alla “fine della storia” ma semplicemente di risolvere le contraddizioni di questa nostra condizione storica. Tin ringrazio per l’attenzione che hai voluto dedicare alla mia rflessione ed auguro che il dibattito possa continuare con altri interventi. Tuo Francesco Cocco

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