Cristian Ribichesu
1 - la riforma Gelmini ha tagliato il personale docente, 88.000 insegnanti in tre anni (solo quest’anno 1037 in Sardegna, ben piú di 3000 in tre anni) elevando il numero degli alunni per classe anche oltre il limite consentito dalle leggi sulla sicurezza http://www.coronadelogu.com/2010/04/30/dal-prossimo-anno-aumenterano-ancora-gli-alunni-per-classe/ , e addirittura chiedendo smantellamenti di muri o pareti https://www.democraziaoggi.it/?p=1422 , aggravando le condizioni dell’insegnamento, spesso portando alla formazione di classi superiori a 25, 26, 27, ecc. e a volte oltre i 30 alunni, negando la possibilità di un lavoro individualizzato, anche per aver tolto le ore a disposizione dei docenti di molte materie, come lettere, e cosí avvantaggiando il processo di abbandono e dispersione scolastica. Inoltre alle scuole medie dall’anno scolastico scorso non hanno tolto solo le ore a disposizione ma anche 2 o 3 ore settimanali per classe: 1h su 11 di lettere, 1h su 3 di tecnologia, 1 h su 3 di francese per le classi che avevano francese potenziato, e per le superiori le ore di lezione in meno per classe arrivano anche a 4 nei tecnici, un vero impoverimento didattico e curricolare;
2 - il personale docente, che serve per avere classi meno numerose nelle zone urbane, in Sardegna Sassari, Olbia e Cagliari (che si stanno ingrandendo per un processo di immigrazione interna e estera), e per mantenere le scuole delle piccole realtà locali, ma senza per questo voler formare pluriclassi, ad esempio unendo bambini di 6 anni e bambini di 10 (ma le piccole realtá scolastiche rappresentano la minoranza della popolazione scolastica, che invece é maggiormente concentrata nelle realtá urbane piú grandi), ma dove possibile cercando di mantenere le scuole, anche per rallentare lo spopolamento delle zone interne, é stato tagliato ingiustamente. Tutto questo attraverso un vero e proprio abuso del precariato https://www.democraziaoggi.it/?p=1574 , generando trattamenti differenti tra vari lavoratori e andando contro le stesse leggi europee, per giunta in modo ingiustificato, pure con le soppressioni dei tagli, considerando che ogni anno vengono assunti a settembre e licenziati alla fine delle attivitá didattiche piú di 100.000 docenti, e che ora, nonostante ne esistano 200.000 giá formati e in parte abilitati e inseriti nelle graduatorie ad esaurimento, proprio finalizzate al ruolo ed essenziali per il ricambio generazionale della classe docente italiana, fra le piú anziane del mondo per media d’etá, uno squilibrio che va ad incidere sulla qualitá dei livelli di apprendimento, e che non é neanche motivato da ragioni tecniche o produttive, dato che nel frattempo si vogliono formare altri docenti con corsi che vengono definiti innovativi ma di fatto non lo sono, visto che gli insegnanti giá praticavano il tirocinio nelle scuole di specializzazione https://www.democraziaoggi.it/?p=1590 e giá devono compiere un anno di apprendistato, di prova, per l’effettiva immissione in ruolo;
3 - la riforma della scuola pubblica, con il taglio di ore e docenti, influisce e influirá sempre piú sulla riduzione del numero dei diplomati e conseguentemente sul numero e sulla qualitá dei potenziali iscritti nelle universitá, allontanandoci dalle indicazioni europee che vorrebbero un aumento del numero dei diplomati e dei laureati, entro il 2020, e non una riduzione. Come nell’articolo apparso a marzo, riguardante le Università, anche quello sull’istruzione, del 6 aprile, sempre su La Nuova Sardegna, puntava il dito contro il calo degli iscritti nelle facoltà di Cagliari e Sassari. In quest’ultimo articolo anche il titolo evidenziava il fisiologico calo dato dalla riduzione dei diplomati, e certamente su questo frangente sono utili alcune considerazioni riguardanti la “riforma” della scuola voluta dall’attuale Governo. In sintesi l’allarme lanciato dall’articolo http://lanuovasardegna.gelocal.it/dettaglio/universita-nuove-crisi-e-iscritti-a-picco/1896197 dichiarava “Un calo medio del 13% d’iscritti negli atenei sardi, da 52.553 a 49.315, 3.238 in meno dell’anno scorso.”, “In totale -1.962 studenti a Sassari, il 16,7%, con 660 in meno al 1º anno rispetto al 2008-2009. E -1.376 a Cagliari, il 9,3%, -711 nel 1º anno. Un fenomeno più accentuato che a livello nazionale.” Sicuramente la crisi economica ha colpito tutta l’Italia, e in molte facoltà nazionali sono diminuiti gli iscritti, ma per le nostre, come evidenziato nell’articolo della Nuova, i dati indicano un “fenomeno più accentuato”, che non sarebbe corretto non ricondurre anche alla “riforma” della scuola. Infatti i tagli del personale scolastico nazionale non erano motivati neanche dalla riduzione del numero degli studenti, dato che lo scorso anno in Italia gli iscritti nella scuola pubblica sono passati da 7.768.506 del 2008/2009 a 7.805.947 del 2009/2010, con un aumento di 37.441 alunni. In Sardegna invece, seppure siano diminuiti, ma con un andamento differente fra scuole elementari e medie e superiori, gli iscritti sono aumentati nelle scuole dell’infanzia e primarie, + 657 alunni (si consideri l’aumento della popolazione straniera, cresciuta del doppio dal 2001 fino al 2008), subendo un calo nelle medie e superiori, – 1.195, con un andamento negativo indicante la riduzione totale di 538 alunni, da 220.311 del 2008/2009 a 219.773 del 2009/2010, ma proprio per il fenomeno dell’abbandono scolastico, che si manifesta nelle classi terze della scuola media e sin dal primo anno delle superiori. E proprio per questi alunni che abbandonano, e poi si perdono in un limbo indefinito che alla fine arricchisce le fila della disoccupazione, invece, bisognerebbe attivare un processo virtuoso, che tenda al recupero, assumendo e non tagliando insegnanti. Infatti, se anche per l’Istat risultava che la Sardegna, dall’andamento dell’anno 2008, era, insieme alla Campania, la Puglia, la Sicilia e Basilicata, fra le regioni con la più alta percentuale di abbandono scolastico nelle scuole secondarie, gradualmente crescente dal 2003/2004, fino al 2006/2007, e addirittura la terza regione d’Italia, considerando l’abbandono alla fine del primo anno delle superiori, nel 2006/2007, con un tasso del 15,2%, logicamente si doveva pensare che in tre o quattro anni gli effetti nel 2010 si sarebbero ripercorsi sul numero degli iscritti all’Università, dato che sull’indice negativo avrà influito in misura considerevole anche una diminuzione dei lavori individuali fra docenti e alunni, per la riduzione del numero dei docenti di 1.928 unità, e solo per lo scorso anno, ma già in essere dal 2008, e un incremento di + 0,43 alunni per sezione in base all’aumento degli alunni per classe, che nelle zone urbane arrivano anche fino a 27 o 30 scolari per aula http://www.coronadelogu.com/2010/05/08/calano-gli-iscritti-nelle-facolta-della-sardegna-crisi-abbandono-e-riforma-scolastica/ ;
4 - Non immettere in ruolo i docenti precari, per abbassare l’etá media degli insegnanti italiani e sardi e eliminare una degenerazione sociale come l’eccesso di precarizzazione del lavoro docente, non investire piú finanziamenti in istruzione, anche aumentando gli stessi stipendi dei docenti, ma di base e indipendentemente da processi di premialitá, dato che i docenti italiani e sardi sono i meno pagati d’Europa, e hanno giá affrontato un processo di formazione superiore ben articolato e in continuo aggiornamento (gli insegnanti ogni anno sono tenuti a seguire dei corsi di aggiornamento interni alle scuole), allontanando ben piú di 65.000 donne dal lavoro a tempo indeterminato, con il taglio di 133.000 lavoratori in tre anni, considerando che le percentuali di occupazione femminile nell’insegnamento vanno da oltre il 90% fino al 60% circa, fra i vari ordini di scuole, perdendo, come indicato da studiosi della Bocconi, un possibile guadagno di 3 miliardi di euro, comporta perdite economiche certe indicate dagli studi di vari economisti, studi e constatazioni della realtá apparsi copiosi in numerose pubblicazioni http://www.orizzontescuola.it/node/10841 ;
1 commento
1 Marilisa Zaccheddu
6 Ottobre 2010 - 14:23
Non dimentichiamo il taglio delle ore di diritto ed economia nel triennio, in tutti gli istituti tecnici, salvo i tecnici commerciali , nonche’ negli istituti professionali e nei corsi sperimentali.
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