In Consiglio si ciancia di indipendentismo, ma, per fortuna, c’è chi vuole rifondare l’autonomia dei sardi sul lavoro e sui lavoratori

2 Ottobre 2010
4 Commenti


Andrea Pubusa

Non è stata una manifestazzone di massa la Conferenza regionale di PRC sul lavoro svoltasi a Cagliari. Ma una bella assemblea sì. Ed un’assemblea incentrata sul lavoro e sui lavoratori è oggi un fatto di per sé meritorio. Mentre  la Giunta regionale si sfalda e in Consiglio si ciancia astrattamente di indipendenza di una Sardegna concretamente e drammaticamente in ginocchio, c’è chi parla di Costituzione e di democrazia, partendo dalla concreta tragica condizione dei lavoratori. Perché autonomia e indipendenza sono anzitutto libertà dal bisogno e possono fondarsi solo su una lotta coerentemente democratica che veda il lavoro e i diritti dei lavoratori al centro dell’iniziativa.
Già nella relazione introduttiva di Gianni Fresu, valoroso ricercatore prestato alla politica, è forte il legame fra lavoro, democrazia e difesa della Costituzione. Perché parlare di lavoro significa riflettere e rilanciare uno dei valori fondanti della nostra Repubblica il lavoro appunto. Un valore polemico verso le impostazioni antiche che basvano gli ordinamenti sulla distinzione degli uomini per ceti o quelle moderne, neoliberiste, che li fondano sul mercato, ossia sulla legge del più forte. E stringente è stato il nesso fra lavoro e libertà nelle conclusioni di Cesare Salvi che ha rilanciato con forza la necessità di un’alleanza delle forze di sinistra e democratiche in difesa della Costituzione. Ha ragione Salvi, preceduto da Marco Ligas, quando dice che, in fondo, l’aspirazione del mondo del lavoro è il ritorno alla Costituzione che non solo fonda la Repubblica sul lavoro, ma sviluppa questa idea-forza con una serie di disposizioni che vogliono la sufficienza delle retribuzioni a garanzia di una vita libera e dignitosa dei lavoratori e delle loro famiglie nonché una qualità della vita e del lavoro che assicuri riposo, ferie e previdenza. Le conquiste del Novecento.
La Conferenza ha avuto importanti momenti di analisi: quelle sul campo nei settori della pubblica amministrazione, dei call center col loro carico di precarietà e delle fabbriche in smantellamento col carico di sofferenza e di incertezza. Giustamente ci si è chiesti perché le amministrazioni, anche quelle di centrosinistra, diffondono anziché combatterlo il precariato, i contratti a termine, l’esternalizzazione dei lavoori e dei servizi ricorrendo ad imprese che null’altro organizzano se non l’intermediazione del lavoro, lo smistamento dei lavoratori precari e con salari o stippendi di fame. Paradossale la situazione dei lavosatori dei CSL provinciali, organi pubblici che aiutano e orientano i disocccupati verso il lavoro, ma i cui dipendenti sono essi stessi precari.
Se la descrizione dello sfruttamento e dell’umiliiazione dei lavoratori nei call center richiama le condizioni ottocentesche degli operai, le cifre sulla disoccuoazione fanno rabbrividire. In Sardegna su cento giovani dai 15 ai 25 anni quasi 48 sono disoccuppati. Un dato di per sé allarmante. Ed ha ragione Marinora della CGIL quando dice che, per fronteggiare questa situazione, il sindacato non basta, occorre un referente politico forte, un partito della sinistra robusto e autorevole, come lo erano il Partito Comunista e, fino a un certo punto, anche il Partito socialista. Spunto ripreso da Salvi, il quale giustamente ha detto che occorre in Italia ricreare un partito che stia incondizionatamente dalla parte dei lavoratori e del lavoro. E dopo le ultime vicende è auspicabile che questa necessità diventi centrale nella riflessione delle varie sigle nelle quali la sinistra partitica si è frazionata.
La Conferenza è stata soddisfacente nell’analisi del presente e nell’impostazione generale. Meno sulla proposta. E’ importante dire che oggi la lotta di classe la fanno solo i padroni e che occorre che riprendano a farla vigorosamente anche i lavoratori, ma occorre sostanziare questa prospettiva con obiettivi concreti, da praticare nei luoghi di lavoro e nei territori, organizzando la gente. Certo, individuare un’alternativa concreta allo sfascio del tessuto produttivo e industriale è dannatamente difficile. Ma bisogna farlo. La sinistra politica è scomparsa quando ha perso questa capacità propositiva e può ricostituirsi solo sul faticoso terreno della organizzazione delle masse popolari su obiettivi concreti di lavoro e di sviluppo.

4 commenti

  • 1 Bomboi Adriano
    2 Ottobre 2010 - 10:34

    Io credo che sia molto difficile tutelare i nostri lavoratori con una Costituzione rigida ed uno Statuto Sardo che non riesce neppure ad applicare il suo articolo 8. Non vorrei che i discorsi “pragmatici” quì esposti, contrapposti a quelli definiti “velleitari” di un Consiglio Regionale che parla di riforme ed indipendentismo, ci facciano perdere di vista la sostanza. Forse oggi velleitario è anche il parlare di difesa di una Costituzione (invece da riformare) parlando del sempreverde tema occupazionale ed ignorando proprio la necessità di riformare le istituzioni Sarde.
    Occupazione e riforme non sono temi distinti.

  • 2 Maurizio Meloni
    2 Ottobre 2010 - 18:11

    Fossi in Bomboi e in Atzori, mi sciacquerei la bocca prima di dire che la Costituzione è scritta da un porco, non va difesa ma va riformata. Ma, alla fine, c’è poco da stupirsi: certa gente parla della Costituzione senza averla nè letta nè capita, dato che non è scritta in campidanese e che non è stata elaborata da personaggi in berrittas….

  • 3 Piero Atzori
    2 Ottobre 2010 - 19:50

    Pubblichiamo tutte le opinioni, non gli insulti, che non arricchiscono e non inducono alla riflessione. Dopo averli lasciati in visione due giorni eliminiamo, dunque, i commenti di Piero Atzori, dal nostro archivio.

  • 4 Bomboi Adriano
    3 Ottobre 2010 - 01:25

    Caro Meloni, sono certo che se rilegge il mio intervento si accorgerà che non ho parlato di “porco” ma, come lei, di riformare la Costituzione, specificando che proprio le riforme sarebbero il primo alleato di una possibile soluzione al problema occupazionale (a seconda della tipologia di riforme ovviamente).

    Ma debbo dire di riconoscermi per molti versi nella risposta di Atzori e nella metafora “orwelliana”.

    Forse è proprio questo il problema Meloni: che la Costituzione è stata scritta da terzi su taglia unica per tutti…e forse con un regionalismo mal impostato dalla radice…

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