Volete sapere perché perderemo le elezioni? Leggete…

2 Ottobre 2010
1 Commento


Giovanna Gaias presenta Renato Soru

 Volete sapere perché, nonostante Cappellacci,  il centrosinistra ha molte probabilità di perdere le prossime elezioni regionali? Perché c’è gente come la sig.ra Giovanna Gaias, che senza interrogarsi sulle ragioni della rovinosa sconfitta di Soru nella precedente consultazione, fa girare via mail quanto di seguito riportiamo. E’ così enfatica la presentazione da far pensare ad uns fine ed ‘ironica presa per i fondelli. Ma, hainoi!, non c’è ironia! Ricorda molto le espressioni delle tifose del Cavaliere: “Meno male che Renato c’è…”.

Ecco la presentazione della Gaias:

Portiamo questo straordinario intervento di Soru fuori dal Consiglio, fra la gente, facciamone fotocopie, riferiamone agli amici, pubblichiamo attraverso facebook e mail, cominciamo a prepararci per le prossime elezioni. Interessante che amici della destra riconoscano il valore di quest’uomo che, nonostante gli errori che può aver commesso, non ha competitori alla sua altezza, a quanto vedo.
Questo è un intervento gandhianamente nonviolento,che parla alla dignità dell’uomo esaltandone diritti e doveri,che guarda alla storia come ammaestratrice, al presente con lungimiranza e intelligenza politica e culturale, che parla al cuore e alla mente dei sardi e non solo dei sardi.
E’ un discorso profondo, convinto, estraneo alla retorica, fitto di contenuti e, lo dico, in alcuni tratti “poetico”.

Ecco ora l’intervento di Renato Soru: 

La Sardegna delle interdipendenze:
 insieme a tutti, sotto a nessuno
di Renato Soru

Seduta del Consiglio regionale del 23 settembre 2010. Discussione congiunta delle mozioni su Riforme e Statuto.

PRESIDENTE. E’ iscritto a parlare il consigliere Soru. Ne ha facoltà.

SORU (P.D.). Signor Presidente, Assessori e cari colleghi, intanto chiedo scusa per non aver sentito gli interventi i giorni scorsi e per non aver potuto essere in aula. Purtroppo non mi è stato proprio possibile. Però ho letto molti dei resoconti. Ho comunque, nei mesi precedenti, partecipato a molti dibattiti. Ho avuto occasione di cogliere e di approfondire un dibattito che esiste nella società sarda per chi lo vuole vedere. Quindi parto dalle cose che sono state dette in questi giorni. Vorrei aggiungere qualche mia considerazione alle cose dette in questi giorni e alle cose appena sentite poc’anzi anche dal collega che mi ha preceduto.
E’ più importante discutere della Finanziaria o è più importante discutere dello Statuto? I sardi si aspettano da noi che parliamo della Finanziaria, che tocca i problemi veri delle loro famiglie o che discutiamo di Statuto? E queste due discussioni sono due discussioni diverse? E questo presunto disinteresse che aleggia attorno ai temi che stiamo discutendo oggi in quest’Aula, riportato, come è stato già detto, così scarsamente dai giornali, così distrattamente dai diversi mezzi di informazione, è effettivamente poco importante e stiamo consumando un rito già visto altre volte? O forse vale la pena di parlarne? Io credo che ne valga tantissimo la pena di parlarne. Non so se è un momento storico, certamente non è…

PLANETTA (P.S.d’Az.). Bravo! Posso dirle bravo?

SORU (P.D.). Grazie mille, è d’accordo ancora prima di avermi sentito. E’ un successo! La ringrazio, comunque. Non so se è un momento storico e credo comunque alla storia che viene fatta ogni giorno, alla storia dei processi. Credo che comunque non di meno abbiamo la responsabilità di comprendere che un pezzettino di parte la dobbiamo fare anche noi oggi. Anche se siamo un po’ stanchi. Anche se siamo un po’ distratti e dobbiamo tirar fuori comunque il dovere del nostro ruolo oggi.
Ci piaccia o no entro maggio si concluderà il percorso del federalismo fiscale, si concluderà un discorso importante che ci riguarda. Che riguarda noi, a cui non dobbiamo andare impreparati e per il quale non possiamo lasciare sola la Giunta regionale, che oggi non è rappresentata come avremmo voluto. Quindi, è importante parlarne.
In tanti ci siamo detti se l’autonomia ha esaurito il suo ruolo. Se l’autonomia ha fatto tutto quello che poteva fare. Se questo ritardo di sviluppo che ancora viviamo in Sardegna non possa essere finalmente superato forse con un passo in avanti nella capacità non solo di essere autonomi e di portare avanti questo tipo di rapporto con lo Stato, ma nella capacità di conquistare maggiori spazi di sovranità, comunque di autodeterminazione.
Fra queste parole che sono state ripetute anche oggi (autonomia, indipendenza) dovremmo cogliere una nostra modalità. Io credo che non siamo in realtà così divisi, come qualcuno ha voluto cogliere, né al nostro interno e nemmeno dentro questo Consiglio. E nemmeno, io credo, dentro la società sarda. In tanti crediamo che dobbiamo fare un passo avanti. Nella punta che appare più estrema si parla di indipendenza. Credo che dobbiamo cogliere innanzitutto che alla parola indipendenza nessuno più associa la parola separazione come un tempo chiamavamo gli indipendentisti.
Gli indipendentisti oggi non sono più separatisti e vorrei citare un gruppo, che credo non sia presente in nessuna amministrazione, in nessuna rappresentanza politica in Sardegna. Ma qualche settimana fa mi aveva colpito la bellezza di un cartello che avevano esposto fuori. Era un signore che forse ha persino sofferto un pochino troppo per quello che ha rappresentato in altri periodi e diceva: “Impari cun tottus, asutta de nemmus”, “Insieme a tutti, sotto a nessuno”.
Questi sono gli indipendentisti oggi, non solitari, “insieme a tutti” semplicemente dicono “sotto a nessuno”. E’ il momento di dire che anche noi possiamo condividere un’espressione di questo genere: “Insieme a tutti, sotto a nessuno”. Che vuol dire insieme innanzitutto con chi? Con la Repubblica italiana, con l’Unione europea, con l’associazione dei Paesi del Mediterraneo, con una macroregione delle isole del Mediterraneo. Insieme, insieme a tutti nelle modalità più diverse.
E’ stato detto dai miei colleghi: “Noi siamo parte dell’unità d’Italia”. Io personalmente non mi riconosco nella storia di Carlo Alberto. Non sento nessun impegno con l’ultima dominazione che ha toccato la Sardegna, che è quella dei Savoia. Ma sono totalmente dentro la storia della Repubblica italiana. La storia della Repubblica che nasce dalla resistenza. La Costituzione meravigliosa che noi abbiamo partecipato a scrivere con Emilio Lussu, Laconi e tutti quelli che conoscete. Siamo dentro quella storia. E quella Costituzione ci ha portato comunque un patto nuovo, biunivoco, uno a uno, di rapporto tra il nostro vivere qui in Sardegna con lo Stato unitario.
Ora, quel rapporto che c’è servito fino a oggi, che è nato nel ‘48 può essere modificato? Può essere rivisto in una posizione più avanzata? E’ utile farlo? Io credo di sì, credo che debba essere fatto, debba essere portato ad una posizione più avanzata. Non più di uno Stato centrale che ci delega delle autonomie, ma della comprensione di una parità di diritti e di una parità non più di dipendenze ma di interdipendenze. A noi ci serve uno Stato nazionale. Noi serviamo allo Stato nazionale. Ci sono delle cose che possiamo fare insieme. Ci sono delle cose che possiamo fare meglio noi e tra pari vanno ridiscusse queste interdipendenze.
Interdipendenze che è il modo moderno di vivere. Le stesse interdipendenze che esistono tra lo Stato italiano e l’Unione europea. Lo Stato italiano ha delegato il sistema finanziario, la responsabilità della Banca centrale europea. Ha delegato parte della politica estera nelle alleanze. Ha delegato la politica agricola. Ha delegato in un sistema di interdipendenze. Questo stesso sistema di interdipendenze e di deleghe tra pari deve finalmente essere alla base del nostro rapporto con lo Stato.
Ci piaccia o no. Non so se perché l’abbiamo voluto noi. O perché un’onda sta partendo comunque da un’altra parte d’Italia. O perché i tempi sono maturi. E’ ora che molto di quello spirito che è rimasto sopito, dopo duemila anni di storia dentro il DNA dei sardi, venga portato alla luce e si discuta veramente senza pudori, senza paure, senza alcun timore reverenziale. Mi è capitato di dirlo altre volte. Non siamo dei giganti ma non siamo dei nani. Qualche paura va messa da parte. Qualche consapevolezza in più certamente delle nostre colpe, dei nostri limiti ma anche delle nostre conquiste, anche delle nostre capacità e anche delle nostre opportunità deve essere messa in campo.
Allora, perché c’è un anelito. Perché è un dovere di ciascuno innanzitutto di bastare a se stessi e di autodeterminarsi. Perché è ora di farlo noi prima che ce lo facciano gli altri e che le norme ce le dettino gli altri. Un passo avanti deve essere fatto. A me piace riassumerlo così: ridefinire le regole di interdipendenza tra pari, per un motivo ideale, per un motivo pratico che vorrei mettere in campo. E’ stato detto: “Ma pensiamo ad amministrarci meglio”, l’ha detto il collega Campus efficacemente, “pensiamo a far meglio le cose che possiamo fare, i trasporti, pensiamo, c’è tanto che possiamo fare”.
E’ vero, c’è tanto che possiamo migliorare, però non sottovalutiamo quello che abbiamo fatto. Non sottovalutiamo comunque i successi piccoli o grandi che abbiamo raggiunto. Funziona meglio l’ARST o la Tirrenia? Funziona meglio il trasporto pubblico locale, pur con tutti i limiti, o funzionano meglio i trasporti da e per la Sardegna la cui responsabilità abbiamo delegato allo Stato (Ministero dei trasporti si chiamava un tempo)?
Io credo che abbiamo funzionato meglio noi. Semplicemente perché ci stava più a cuore. Perché eravamo più vicini. Funziona meglio la nostra attenzione all’ambiente. E’più importante il ruolo del comune di La Maddalena, il ruolo nostro nella tutela,ad esempio, di quel paradiso ambientale che è l’arcipelago di La Maddalena o il parco naturale gestito dal Ministero dell’ambiente, che ci dedica poche centinaia di migliaia di euro. Non riesce quasi a pagare gli stipendi e abbiamo la pena di questi dipendenti del parco che vanno a chiedere tre o quattro euro alle barche per mettere insieme il pranzo con la cena piuttosto che per tutelare l’ambiente?
Se abbiamo ancora i problemi ambientali che abbiamo a Porto Torres -come in tanti luoghi- è per il ritardo dei nostri Uffici o per il ritardo del Ministero dell’ambiente finalmente nel definire le regole, nel definire le ingiunzioni, a fare quello che deve essere fatto, alle imprese che hanno lasciato quel disastro ambientale? Stiamo funzionando meglio noi o loro? Noi abbiamo da migliorare, loro sono da rifare.
Avete parlato dei demani, andate a vedere che cosa fa delle caserme dismesse l’amministrazione comunale di Palau. Andate a vedere la meraviglia che c’è sulla strada principale di Palau, la risistemazione e il riuso di una vecchia struttura militare e andiamo a vedere, non lontano da qui, che cosa accade nei demani abbandonati dallo Stato da decenni e che potrebbero essere invece funzionali comunque a una crescita di questa regione. Avete appena presentato una legge per la valorizzazione del patrimonio archeologico tra Nuraghi e Atlantide ma dopo sessant’anni di unità d’Italia vi sembra che lo Stato abbia fatto meglio di come avremmo potuto fare noi nel tutelare, nel promuovere la cultura nuragica? Chiedo scusa onorevole Oppi, mi piacerebbe che mi ascoltasse anche lei.

OPPI (U.D.C.). Ma io ascolto sempre!

SORU (P.D.). Sì, io la ringrazio però sa io sono debole nel parlare e mi distraggo facilmente. Pensate davvero che avremmo fatto peggio di quello che è stato fatto nella tutela e nella valorizzazione del grande patrimonio archeologico della Sardegna? Credo di no. Le nostre amministrazioni comunali, provinciali e regionali pagano quasi tutto di quello che viene fatto dentro i siti archeologici tranne dover chiedere il permesso anche per piantare un chiodo alla soprintendenza. Tranne che dover chiedere il permesso anche per tenere un piccolo coccio in un piccolo museo locale. Non è giusto, è sbagliato.
I giganti di Monte Prama li abbiamo tirati fuori noi dopo che lo Stato li ha sepolti per trent’anni, ed è stato francamente grottesco che il primo sottosegretario che si sveglia sia venuto qui e ci dica che cosa dovremmo fare. Quindi, non è per un motivo ideologico, è per un motivo pratico. Semplicemente noi abbiamo i nostri limiti ma gli altri non sono dei giganti e i nostri limiti hanno portato delle azioni di amministrazione di politica migliore rispetto alle azioni dello Stato centrale in Sardegna.
In questo sistema di interdipendenze e di sovranità che vanno distribuite possiamo dire che la sovranità sul nostro territorio non la vogliamo delegare a nessuno. Che la sovranità, il diritto di dire l’ultima parola sulla necessità di mantenere o di mettere un altro poligono su cui bombardare in Sardegna, beh quella sovranità ci deve appartenere! In tempo di pace non ci deve essere nessuno che condanni un pezzo del nostro territorio per sempre ai bombardamenti; così come non ci deve essere nessuno fuorché noi a mettere l’ultima parola sulla presenza di una centrale nucleare. Bellissima, fantastica, molto tecnologica. Però la nostra comunità, il nostro popolo, noi, non vogliamo un domani mettere a rischio di desertificazione un pezzo importante della nostra Regione, del nostro territorio per l’abilità tecnologica, per un sapere di pochi o per la distrazione. C’è un motivo ideale che viene fuori, c’è un motivo pratico, ancora altrettanto importante e persino preponderante che abbiamo il dovere di spiegare.
Se nella finanziaria che è stata presentata ieri ai sindacati ci sono settecento milioni di euro in meno, beh, forse è per questa discussione che non abbiamo ancora compiuto. Se c’è un patto di stabilità che ingessa i nostri comuni, beh, forse è per questa discussione che non abbiamo ancora compiuto. Il collega Maninchedda ha usato un termine che mi piace: fratellanza. L’ultima parola si diceva di quel grande contributo della rivoluzione francese alla modernità in Europa. L’ultima parola non ancora applicata e certamente suona male che quel Paese che ha parlato di libertà e giustizia e fratellanza proprio in questi giorni per decisione etnica, su base etnica, manda via i suoi cittadini.
L’ultima volta che abbiamo fatto delle scelte, che la storia ha parlato di scelte etniche in Europa sappiamo come ha iniziato ma poi sappiamo anche come è andata a finire. Ed è terrificante quello che accade. Bene, in Sardegna, in questa Sardegna dove si dice che nel 2050 saremo forse un milione e trecentomila persone, un milione seicentocinquanta oggi, un milione trecentomila tra pochi anni, abbiamo qualcosa anche noi da dire o vogliamo delegare agli altri il diritto di invitare qualcuno a casa nostra?
Oggi noi non possiamo nemmeno invitare qualcuno a casa nostra nemmeno dire: “Siediti, vieni, abita e lavora, sei ben accolto!” Lo dobbiamo chiedere al Ministero degli interni se lo possiamo fare o no? E’ normale tutto questo? Le nostre campagne hanno bisogno delle decisioni e delle paure di Maroni o hanno bisogno di ospitare? Hanno bisogno di fratellanza, se la vogliamo chiamare così, hanno bisogno di coraggio!
Cari colleghi, veramente, io non so se scriveremo lo Statuto in questa legislatura ma fosse anche un seminario di studi questa nostra discussione, servisse solo a portarci ad una consapevolezza più avanzata dei nostri limiti ma anche delle nostre capacità, delle nostre conquiste dei nostri successi soprattutto in confronto agli altri, avremmo già fatto un passo avanti. E se questa consapevolezza ci servisse per ogni nostro atto successivo quando parleremo di finanziaria, quando parleremo di patti di stabilità, quando parleremo di norme di attuazione, quando parleremo di demani, di tutto il resto, bene, avremo già fatto un passo avanti.
Per terminare io credo che sia utile non provare a divideffre i gruppi ma provare ad unirci tutti quanti almeno su temi come questi, provare a far emergere una voce unica da questo Consiglio, una voce che finalmente potremo far sentire al Parlamento italiano. Non sarà tanto ma che ci sia una voce della Sardegna qualche settimana prima, qualche mese prima in cui i Ministri eventualmente guarderanno alle nostre cose e cercheranno di cancellare una cosa che fa parte del fondamento stesso della Repubblica italiana. E’ un rapporto uno a uno tra questa comunità regionale e lo Stato italiano. Un rapporto uno a uno che non può essere cancellato. Un rapporto uno a uno sulla base del quale dovremo costruire la Sardegna del futuro.

1 commento

  • 1 Niguz
    3 Ottobre 2010 - 20:42

    Non capisco il nesso tra la vostra introduzione e la mail della signora. Ne tantomeno il nesso tra quanto da voi scritto e l’intervento di Soru. Mi sfugge. Potete aiutarmi nel capirlo? Forse ho delle carenze nella comprensione delle cose, o forse il vostro spirito è pretestuoso. Sarete mica parte di quelle frange interne alla sinistra nemiche di Soru che, con il loro modus operandi, hanno dato la Sardegna in mano a Cappellacci?

Lascia un commento