Il DDL Aprea: verso la scuola privatizzata

26 Giugno 2008
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Rosa Maggio

Pubblichiamo uno stralcio di questo intervento apparso sul sito del CIDI.

Nel disegno di legge presentato in gran fretta dalla Aprea prima di essere nominata Presidente della VII Commissione, si percepisce una forte spinta verso ipotesi organizzative che ricalcano chiaramente la organizzazione di società di capitali, o comunque di istituti giuridici di tipo privatistico, senza però, di questi, mantenere il rigore dell’impianto assicurato dal nostro legislatore civilistico. Ad esempio il Consiglio di Istituto viene sostituito dal Consiglio di amministrazione (organo esecutivo delle società), che diventa un organismo onnipotente, con una pluralità di funzioni tra le quali quella di approvare il POF, mentre fino ad ora il C.d.I aveva il compito, in merito alla programmazione didattica, di dettare i criteri generali, e di adottare il POF preventivamente approvato dal Collegio dei docenti. Il Consiglio di Istituto attraverso la istituzione del Consiglio di Amministrazione viene modificato nella composizione e nel numero: fuori gli ATA e dentro gli EE.LL proprietari dei locali scolastici ed enti e imprese private, qualora siano sponsor. Mentre il Consiglio di Amministrazione nelle società di capitali è un organo esecutivo delle volontà dell’Assemblea e sottoposto al controllo del Collegio sindacale, qui diventa un organo di governo ma anche di indirizzo non sottoposto ad alcun controllo.
Anche nelle Fondazioni, gli Amministratori sono sottoposti a controllo e vigilanza
governativa. A questo proposito si segnala la possibilità delle Istituzioni scolastiche di trasformarsi in Fondazioni , quindi in soggetti che pur non avendo fine di lucro sono privati.
Ci si domanda il perché di questa scelta.
Lo scopo sembra essere la possibilità di avere sponsor privati e pubblici. Qui ancora una volta non è previsto controllo o vigilanza bensì l’obbligo delle Fondazioni di rendicontare il loro operato alla PA competente (che è cosa diversa che essere sottoposte a controllo). Anche in questa ipotesi ci si domanda che ne sarà della Pubblica istruzione. Il Collegio Docenti al quale viene riconosciuto un potere di indirizzo, programmazione, coordinamento e monitoraggio delle attività didattiche, dovrà fare i conti con il potere di indirizzo generale dell’attività di istruzione del Consiglio di Amministrazione, peraltro non sottoposto ad alcun controllo. La tanto decantata separazione tra organi di gestione e organi di governo si riduce ad un Collegio con poteri solo di indirizzo, un Dirigente Scolastico con poteri di governo ed un Consiglio di amministrazione che li comprende entrambi. Quindi, o si rimane nell’ambito del diritto pubblico o, se si adotta un sistema privatistico, occorre predisporre i bilanciamenti che qui mancano, ammesso che questa ipotesi sia compatibile con i principi costituzionali.
Il Comitato di valutazione del servizio scolastico sostituisce il comitato di valutazione del servizio docenti, non è più eletto dal Collegio, bensì nominato dal Consiglio di Amministrazione. Il Consiglio di classe è sostituito dall’Organo Collegiale di valutazione degli alunni, che diventa un mero organo di valutazione, in cui i singoli docenti valutano i livelli di apprendimento e certificano le competenze secondo le modalità stabilite dal regolamento di istituto. L’Organo collegiale dei docenti perde quindi la sua collegialità nella
programmazione didattica e nella interdisciplinarietà. Mancano anche le altre componenti, quali i genitori e gli studenti, essendo venute meno le altre funzioni ed essendo residuata solo quella valutativa.
Il diritto di Assemblea degli studenti e i diritti delle famiglie vengono ridimensionati, e garantiti come diritto di riunione (quando come?): le istituzioni avranno il compito di valorizzare questi diritti. E’ invece positiva la decentralizzazione delle risorse finanziarie che consentono di attuare il 117 della Costituzione, risorse attribuite sulla base del numero degli studenti.
In conclusione il DDL non è in grado di rappresentare un soluzione dei problemi che si candida a risolvere, sia perché non delinea un sistema di vero autogoverno delle istituzioni scolastiche, sia perché anche i genitori, che peraltro non ottengono spazi di rappresentanza significativi, vengono considerati come utenze di un servizio, piuttosto che i rappresentanti legali dei loro figli, quindi responsabili della loro istruzione e unici preposti ad esigere che lo Stato adempia il suo obbligo costituzionale di istruire il paese. Nondimeno l’Autonomia scolastica, principio peraltro garantito costituzionalmente, appare ignorato ed anche svilito dall’impianto del DDL. L’autonomia didattica, organizzativa, di ricerca e sperimentazione contenuta nel DPR 275/99, di cui non si fa menzione, risulta mortificata dalla proposta di riforma delle funzioni degli Organi Collegiali e dello status giuridico dei Docenti.

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