Legge elettorale: ma quale sistema uninominale?

4 Settembre 2010
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Giuseppe Chiarante - Ass. Rinnovamento Sinistra

Nella campagna che negli ultimi giorni si è venuta sviluppando con particolare intensità a favore dell’adozione di un nuovo sistema elettorale che sia imperniato sul collegio uninominale, è rimasto un ampio margine di ambiguità che, se non è superato, non consente di intendere con chiarezza quale sia l’obiettivo politico che si vuole effettivamente perseguire. L’ambiguità riguarda il tipo di sistema uninominale che più precisamente si propone: se l’uninominale in uso nei paesi anglosassoni, che prevede l’elezione diretta del candidato che nel collegio ottiene il maggior numero di voti, anche se si tratta solo di una modesta maggioranza relativa; oppure l’uninominale a doppio turno alla francese, dove il candidato è eletto direttamente se consegue più del 50% dei voti, altrimenti si ricorre a un secondo turno al quale partecipano i candidati che hanno raggiunto una certa percentuale; o in fine un sistema simile a quello che vigeva in Italia per il Senato prima del passaggio alla legge maggioritaria, quando gli elettori erano chiamati a votare nell’ambito di collegi uninominali, ma i seggi erano assegnati secondo un criterio di ripartizione proporzionale fra la somma dei voti ottenuti dalle varie liste in un ambito più vasto, generalmente quello regionale. E va certamente considerato anche un sistema come quello tedesco dove la composizione del Parlamento, pur partendo dal voto in singoli collegi, è il risultato di un riequilibrio di carattere proporzionale effettuato su scala nazionale, riequilibrio al quale partecipano tutti i raggruppamenti politici che superano nel complesso la soglia del 5% dei voti.
È chiaro che l’adozione dell’uno o dell’altro di questi diversi meccanismi elettorali (o di loro possibili varianti) conduce ad esiti politici che possono essere assai differenti; e risponde quindi in modo diverso alle esigenze che hanno indotto o inducono a porre il problema della modifica della pessima legge elettorale vigente.
Per esempio se l’esigenza da cui si parte è essenzialmente quella di dare agli elettori una più diretta e personalizzata possibilità di scelta della figura del candidato che dovrà rappresentare il loro collegio (anziché essere chiamati a votare, come accade con l’attuale <

>, un nome spesso estraneo al territorio, posto in lista dalle segreterie dei partiti) è indubbio che qualunque sistema che preveda una ripartizione in collegi uninominali potrebbe corrispondere a questa esigenza.
Ma sono di non minore importanza altre esigenze che emergono nella situazione creata dal sistema elettorale oggi applicato: in particolare sempre più è avvertita la necessità di assicurare una più equilibrata corrispondenza fra la composizione politica della rappresentanza parlamentare e i rapporti di forza presenti fra i diversi orientamenti dell’elettorato, così da evitare che l’applicazione di una legge maggioritaria per di più rafforzata da un cospicuo premio di maggioranza, abbia l’effetto di determinare – come di fatto in questi anni si è verificato – uno strapotere dell’esecutivo rispetto al parlamento e agli altri organi dello Stato, che ha alimentato anche tensioni e conflitti tra gli organi istituzionali e che ha condizionato molto negativamente il funzionamento del nostro sistema politico, trasformandolo di fatto da una democrazia parlamentare a un regime tendenzialmente personalistico ed autoritario.
Se questo è oggi – come io credo – l’esigenza fondamentale, tanto più di fronte all’offensiva che Berlusconi e la destra hanno promosso e sembrano ancora intenzionati a sviluppare per spostare ulteriormente l’equilibrio dei poteri a favore del Governo, riducendo il ruolo non solo del Parlamento ma del potere giudiziario e degli organi di garanzia istituzionale, come la Corte Costituzionale o la stessa Presidenza della Repubblica, mi pare evidente che tra i vari sistemi sopra richiamati è il modello tedesco (che pur partendo da collegi uninominali assicura il riequilibrio proporzionale della rappresentanza sia pure con una soglia di sbarramento diretta a garantire la stabilità e la continuità dell’Esecutivo) che deve considerarsi quello preferibile, per certi aspetti assieme al vecchio sistema che era in atto in Italia per il Senato, soprattutto per quel che riguarda la capacità di assicurare il diritto di scelta personale dei cittadini e insieme l’equilibrata rappresentanza parlamentare degli orientamenti dell’elettorato e l’esigenza di stabilità dell’Esecutivo, come l’esperienza compiuta in Germania in più di cinquanta anni ha dimostrato.
Certamente, come è noto, nessuna legge elettorale è in se perfetta. Ma ciò non esclude che della comprovata positività di questa esperienza sia indubbiamente giusto tener conto.

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