Valentino Parlato - Il Manifesto — 15 maggio 2010
Quando il fango è assai denso, affondarci è certamente lento e anche un po’ difficile. In questa densità di fango sta la condizione di resistenza di Berlusconi. Un giovane tassista, qualche giorno fa, quasi gridando, mi diceva: «Berlusconi è pessimo, ma gli altri, per i quali ho anche votato,sono quasi peggio». Qui sta la forza del Cavaliere: se si andasse presto a elezioni anticipate probabilmente – se nessuno si muove – vincerebbe ancora. Ma in queste ultime settimane qualcosa è cambiato e a darne il segnale è proprio lo stesso presidente del Consiglio. Ricordate l’arroganza con la quale difese Bertolaso nel passato e osservate come oggi ha abbassato i toni. Non solo: ora ammette che i suoi colonnelli combinano guai e, cambiando tono rispetto al recente passato, alza la voce: «Chi sbaglia è fuori dal governo e dal Pdl». Anche Scajola non è più difeso, ma quasi mandato al diavolo.
Che cosa è accaduto? Come spiegare questo cambiamento di forma e di sostanza? Le spiegazioni razionali credo possano essere tre. La prima – verificata dai fatti – è che i colonnelli che sotto la copertura di Berlusconi fanno affari in proprio sono troppi, per non dire tutti. Su uno o due casi si può tentare il blocco, ma quando si moltiplicano ogni giorno che passa la difesa è impossibile, anzi autolesionista. Ma– io credo – c’è anche una seconda ragione, forte ed evidente: Berlusconi ha perso di forza e di sostegni, non ha più il potere di difendere l’indifendibile. Fini è stato il primo a cogliere i segni di indebolimento e solo a questo punto ha preso le distanze dal leader, fino a ieri esaltato. Un’ansia di autonomia si diffonde tra i colonnelli non ancora investiti da grane giudiziarie. Un’occhiata va data anche alla Confindustria, che a Parma non ha proprio esaltato il leader maximo, e anche Montezemolo è un altro indicatore sul fronte del nostro capitalismo in crisi, che non riceve un valido aiuto dal governo e che se ha qualche speranza la concentra su Tremonti, ben sostenuto dalla Lega, che già una volta scaricò tranquillamente il Cavaliere.
E poi sono solo voci, però insistenti, ma anche gli americani comincerebbero a manifestare qualche insofferenza. A Washington la stretta e calda intimità con Putin e i baci amorosi sulla gota di Gheddafi suscitano più di qualche perplessità. Mi dicono – sempre le solite voci – che all’Ambasciata Usa di Roma se fai il nome di Berlusconi ti rispondono con un sorriso a mezza bocca alzando gli occhi al cielo. E se il caro amico Confalonieri afferma di non vedere il caro Silvio al Quirinale, qualcosa può significare.
Ma la causa più forte dell’indebolimento di Berlusconi (la notizia è di ieri sera) è il crollo delle borse
europee, l’aggravarsi della crisi economica e il conseguente annuncio di urgentissimi tagli alla spesa pubblica e anche agli stipendi degli statali. Misure di austerità che, oltre a colpire i più deboli, secondo autorevoli economisti renderanno ancora più profonda e distruttiva la crisi.
Se le cose stanno così qualche segnale di iniziativa dovrebbe venire dal Pd e dalle residue forze di sinistra. Ho il forte timore che per paura di elezioni anticipate Bersani e anche Franceschini finiranno col dare respiro a Berlusconi, consentendogli così di riprendere forza e arroganza.
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