Acqua: referendum nel 2011

5 Agosto 2010
3 Commenti


Giulia Cerino - La Repubblica 31.3.2010

Depositati il 19 luglio i tre quesiti alla Corte di Cassazione, la cui raccolta di firme per “modificare le norme in materia di servizio idrico” era iniziata il 24 aprile scorso. Sono state raccolte 1.400.000 firme, un record, e il referendum si svolgerà nel 2011. Ecco un resoconto sul tema del 30.3.2010.

“Avete mai pensato di privatizzare vostra madre? Privatizzando l’acqua è come se voi lo faceste”. Non scherza, padre Alex Zanotelli, ma parla seriamente a nome del Forum italiano dei movimenti per l’acqua. Il coordinamento che oggi ha presentato, alla Corte di Cassazione di Roma, tre quesiti referendari. L’obiettivo è “modificare le attuali norme in materia di servizio idrico” approvate con il decreto Ronchi 1 e, in passato, dal governo Prodi, per governare e gestire le risorse idriche attraverso un soggetto di diritto pubblico, possibilmente a livello territoriale.

I quesiti. A partire dal 24 aprile inizierà la raccolta delle firme. Se si raggiungeranno le 500mila, nella primavera del 2011, scatterà il referendum. Ecco i tre punti: abrogare l’art 23 bis che prevede che le società, per poter fornire servizi idrici, si debbano trasformare in aziende miste con capitale privato al 40%; abrogare l’articolo 150 del decreto legislativo 152/2006 che prevede, come unico modo per ottenere l’affidamento di un servizio idrico, la gara e la gestione attraverso società per azioni; abrogare l’articolo 154, nella parte in cui si impone al gestore di ottenere profitti garantiti sulla tariffa, caricando sulla bolletta dei cittadini un 7% in più. Una specie di “cavallo di Troia”, questo, che ha dato il via alla gestione dei servizi idrici da parte dei privati.
La storia. Si tratta di una battaglia politica iniziata nel 2007 con la presentazione di una legge di iniziativa popolare sottoscritta da 400mila cittadini e messa nel cassetto dal governo Prodi. Una richiesta rilanciata poco dopo il 19 novembre 2009, quando alla Camera dei deputati si approvava, con ricorso alla fiducia, il decreto Ronchi che, all’articolo 15, rilanciava il processo di privatizzazione dei servizi pubblici locali, la dismissione della proprietà pubblica e delle relative infrastrutture. Il Forum da oggi ci riprova. “Nonostante la raccolta delle firme, il governo non ha ascoltato”. E se la corsa politica è ancora aperta, quella culturale è già stata vinta. “Chi privatizza, oggi, non può più farlo rivendicandolo ma è costretto a smentire se stesso e a mascherarsi dietro la privatizzazione della sola gestione”, spiega Marco Bersani, rappresentante del Forum. Dietro ai quesiti referendari c’è qualcosa di più della mera protesta.
“L’acqua, un bene comune”. E a spiegare in profondità i perché del referendum, ci pensano gli estensori dei quesiti: professori di diritto pubblico, privato e costituzionale. Come Stefano Rodotà che prende la parola: “Prima di passare al privato bisognerebbe cercare di correggere le anomalie del pubblico. Ecco la novità. L’acqua - spiega il professore - non è un bene pubblico. E’ un bene comune”. Un qualcosa che non può rientrare in nessuno degli argomenti fallaci che ruotano attorno alle dicotomie pubblico-privato, proprietà-gestione. “Piuttosto, per l’acqua - continua Rodotà - si tratta di trovare una forma di gestione comune, come scritto nell’articolo 43 della Costituzione, perché c’è stato un passaggio. Il pubblico, in questo caso, non è più il pubblico tradizionale”. Per il professore, il punto è un altro. Tutto culturale. “Il principio è che si possa ripartire da un ruolo attivo della cittadinanza. Il referendum rappresenta uno strumento per riabilitare la politica in un momento di stanchezza”.
Una coalizione vastissima. Un segno di ripresa c’è già. E infatti, il Forum italiano dei movimenti dell’acqua rappresenta la più vasta coalizione associativa formale mai esistita. Cento comitati locali, sessanta associazioni, i cattolici, gli ambientalisti, i sindacati. E i partiti 2, che svolgono una funzione di supporto. Non tutti militanti di professione, però. Piuttosto, molti di loro si dichiarano parte degli “astenuti” alle regionali del 2010. “E’ l’estensione del movimento che conta. E’ questo che dà prova del cambiamento culturale”, ricorda il professor Gianni Ferrara. Lo scopo del coordinamento è quello di vincere. E usare le istituzioni con intelligenza. Oltre a muoversi “contro”, il Forum si muove “per”. E avanza delle alternative: “Uscire dalla logica attuale, identificare l’acqua come bene comune, escludere il mercato dalla sua gestione, e, essenziale, indicare i soggetti incaricati di gestirla”, spiega Rodotà.
I numeri. Andare avanti è possibile perché i riscontri concreti di quanto nocivo sia privatizzare la gestione dell’acqua ci sono già. Da quando è cominciata l’escalation qualcosa è peggiorato. Ecco i numeri: il prezzo dell’acqua è salito del 68% a fronte del 22% registrato dal dato sull’inflazione. Gli investimenti privati nel settore idrico sono calati (da 2miliardi a 700mila euro l’anno) mentre l’occupazione nel settore idrico è diminuita del 30% e lo spreco annuo è aumentato di più del 20%. Non solo teoria, dunque.
“Hasta la victoria siempre”. E a chi accusa il Forum di “essere contro Berlusconi”, risponde padre Alex Zanotelli: “I tre quesiti sono volti ad abrogare il decreto Ronchi, approvato dall’attuale governo di centrodestra. Ma non solo. Il secondo e il terzo quesito intervengono su delle norme approvate dal governo Prodi. Dei provvedimenti “che andavano nella direzione di considerare l’acqua una merce e la sua gestione finalizzata a produrre profitti”. Avvolto in una sciarpa a strisce rosse, arancioni e viola, e con una croce di perline variopinte al collo, padre Alex ricorda che solo il 3% dell’acqua del mondo è potabile. Ma di questa, il 2% è usata a fini agricoli o industriali. E se “l’acqua è - come spiega Ciro Pesacane, presidente del Forum ambientalista - una parte del ciclo della terra e appartiene all’umanità”, ha ragione padre Alex a dire che una società in cui non c’è più nulla in comune, non è una società. “Ecco perché dobbiamo batterci”. E conclude: “Facciamo come in Uruguay, come in Bolivia. Lì ce l’hanno fatta. Ce la faremo anche noi. Hasta la victoria siempre”.

3 commenti

  • 1 Bomboi Adriano - SANATZIONE.EU
    5 Agosto 2010 - 10:32

    In Iran, Corea del Nord ed alcuni paesi del sud’America LA GESTIONE dell’acqua è completamente pubblica: in alcuni villaggi o l’acqua non arriva, o i costi sono esorbitanti a carico della collettività. Il decreto Ronchi non privatizza l’acqua, ma permette un avanzamento verso la gestione integrata delle reti di distribuzione che può essere affidata sia a settori privati, sia ad altri enti pubblici. Invito a leggere la normativa piuttosto che tornare indietro di 30 anni rispetto a mezzo mondo. E’ falso che i costi siano aumentati, o meglio, se andiamo a vedere anche alcuni esempi portati dal signor Zanotelli (come ad Arezzo/Latina), la Veolia (multinazionale francese) è in minoranza rispetto al pubblico. Demagogia, disinformazione e quant’altro stanno portando tutti verso un baratro. Ma chi ne beneficierà? I soliti carrozzoni politici. La prima normativa Galli infatti in Italia nasceva proprio col tentativo di strappare via la gestione dell’acqua ai partiti. Esperimento fallito, che si chiamino Esaf, Govossai o altri, anche in Sardegna si sono replicati in Abbanoa. Vicino casa mia ci sono povere famiglie che hanno ricevuto bollette per 2000 euro, a fronte di un servizio penoso. Non ci vuole molto a capire che la sedicente privatizzazione dell’acqua è lo spauracchio di quanti, nei potentanti locali (come nella sanità ed in altri pezzi della macchina pubblica), temono di perdere il posizionamento dentro il quale alimentano e perpetuano nel tempo il loro parassitismo sociale ed il potere clientelare nel territorio. E’ inoltre falso che in tutto il mondo stiano tornando alla gestione totalmente pubblica delle reti, si cita solo il caso della municipalità di Parigi…ci vuole coraggio… Specie quando l’inefficienza ed i buchi di bilancio della politica vengono scaricati o direttamente in bolletta, o comunque sulla collettvità…e le reti rimangono sempre le stesse…

  • 2 Bomboi Adriano - SANATZIONE.EU
    5 Agosto 2010 - 10:36

    Aggiungo: ci sono anche già diversi privati nel Italia. Nel meridione sono in rosso…altro che guadagni sul bene comune!

  • 3 Bomboi Adriano - SANATZIONE.EU
    7 Agosto 2010 - 12:02

    Come volevasi dimostrare, anche oggi su La Nuova Sardegna (pagina 7) un intervento di un comitato sassarese per l’acqua pubblica: la solita carrellata di luoghi comuni (tipici della culture stataliste) ed i soliti 3 esempi (parziali) ripetuti a nastro per giustificare quei luoghi comuni.

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