Scuola: test Invalsi. Prima le priorità…

19 Giugno 2010
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Cristian Ribichesu

Ieri sono rientrato a casa dopo nove ore di correzione di farraginosi test Invalsi, ma con schede per la correzione dei punteggi ancora più complicate, dove le risposte alle domande dovevano essere suddivise in due blocchi differenti, e senza un ordine preciso, dato che le domande del tipo A, B e C, per dire della prova di Italiano, in successione fornivano risposte da inserire, in ordine differente da domanda a domanda, in due blocchi A o B, cui si attribuivano due tipologie di valutazione differente, da 0 a 30 per il blocco A e da 0 a 20 per il blocco B, per un totale di 50 punti da aggiungere ai punti dei due blocchi A e B di Matematica, e la cui somma andava riportata in decimi. Il tutto attraverso una correzione manuale su test piccolissimi, che per una macchina a lettura ottica va bene, ma per delle persone che ne devono controllare tra le 20 e le 30 schede per classe, con più di 100 risposte totali, tra Italiano e Matematica, per scheda/alunno, fanno tra le 2000 o 3000 risposte da verificare come giuste, corrette o non valide, e da riportare tutte in schede dove, incolonnate, si arrivava alla somma dei punti dei blocchi. Un lavoro che in alcune scuole ha tenuto gli insegnanti impegnati anche per dieci ore di seguito, in base al numero degli alunni, alle classi e agli insegnanti a disposizione, per la serie, produciamo manovalanza culturale sempre più burocratizzata e spendiamo milioni per test ridicoli rispetto all’impoverimento della scuola.
E perché questo? Perché aumentando il numero degli alunni per classe e togliendo le ore a disposizione dei docenti, con classi sovraffollate e la perdita di centinaia di ore di lezione, come avvenuto quest’anno, e come avverrà anche il prossimo con questo sistema di scuola, le rilevazioni di questi test non sono l’aspetto prioritario per il miglioramento dei livelli di apprendimento degli alunni. Gli insegnanti ieri sono stati utilizzati per svolgere un lavoro che non gli compete, una tipologia di lavoro che, infatti, in altri contesti della formazione viene svolto unicamente dalle macchine che compiono la visione ottica. Per cui mi chiedo se non sarebbe stato giusto compilare schede, da parte degli alunni, da spedire direttamente al Ministero per un’unica correzione, quella telematica. Invece questa ulteriore correzione delle schede nelle scuole, prima dell’invio al Ministero, come un antico lavoro da amanuensi (e non per la nobiltà di quel mestiere, ma per la difficoltà con cui veniva eseguito, tra lettere piccole e piccolissime), con risposte differenti per valutazione, tra blocco A e blocco B, è stata solo un ulteriore sopruso nei confronti dei docenti. Se vogliamo dare una patina di serietà all’Invalsi, lasciamo che sia solo l’Invalsi a correggere telematicamente le schede, anziché operare un’autocorrezione pesante per i docenti, e passibile di poca oggettività, per attribuire una percentuale di valore da queste prove all’esame di terza media, e non si sa se per uniformare il voto dell’esame con le rilevazioni ministeriali o cosa. Nelle scuole la valutazione degli alunni per gli esami, con prove scritte e orali ben più importanti del solo test Invalsi, esistono. Il test Invalsi dovrebbe servire solo per le indagini nazionali e regionali, ma non ha senso valutarne una percentuale, e perciò farlo correggere manualmente dai docenti, per fornire alle singole istituzioni scolastiche delle percentuali da attribuire al voto d’esame, percentuali che poi cambiano da scuola a scuola in base a quanto deliberato dai singoli Collegi dei docenti su tale prova. Test Invalsi e le prove degli esami sono verifiche ben differenti! Inoltre, per fare un esempio sulle incongruenze del test Invalsi, o diciamo sulle incongruenze di una sua correzione manuale, avendo presenti i blocchi delle risposte per Italiano e Matematica, teoricamente le domande di una parte avevano una valutazione simile nella sua parte, ma differenti da quelle dell’altra. Tranne, poi, per le, ulteriore complicazione, domande raggruppate in sottogruppi all’interno dei gruppi A, B e C, per le quali esisteva un’attribuzione di voto ulteriore, sbagliata se con un errore in sottogruppi da tre, corretta se l’errore era solo uno in sottogruppi da cinque domande e corretta se gli errori erano solo due in un sottogruppo ancora più numeroso. Però all’interno di questo blocchi, A e B, almeno quelli che venivano individuati come punti avevano lo stesso valore, e in base alla difficoltà della domanda. Niente di più falso, invece, dato che per Italiano, per fare un esempio, le ultime due domande del test Invalsi della classe terza della scuola secondaria di primo grado, terza media, vertevano sull’uso dei pronomi relativi, avevano lo stesso grado di difficoltà, erano infatti suddivise in domanda a e b per la stessa parte di brano analizzata, ma venivano inserite una nel blocco A, con una valutazione da 0 a 30, e l’altra nel blocco B, con una valutazione da 0 a 20. Assurdo, due valutazioni diverse per due domande simili e della stessa difficoltà.
Allora, prima il Ministero, per una scuola migliore, diminuisca il numero massimo degli alunni per classe, anche facendo classi di soli 20 alunni, restituisca le 2 o 3 ore a disposizione dei docenti, per le sostituzioni improvvise o per seguire in modo individualizzato gli alunni con particolari problematiche, che non mancano mai, sblocchi il turnover riducendo la media età dei docenti italiani, attingendo dalle graduatorie ad esaurimento, e dia ai docenti uno stipendio in linea con quello degli altri colleghi europei, per una giusta considerazione socio-economica, poi, alla fine, faccia pure test per le giuste indagini sul sistema scolastico.

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