Studenti, operai, intellettuali a difesa del lavoro e della Repubblica

4 Giugno 2010
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Gianna Lai

“Ho lavorato a Cagliari per tre mesi in un Call Center. Sei ore al giorno e un contratto a progetto che assicurava il salario solo in base agli abbonamenti telefonici e adsl venduti. Al massimo 500 euro per 45 contratti di vendita, eppure, anche quando non si facevano contratti, si stava lì a lavorare senza compenso, anzi esposte alle critiche per non aver combinato niente. Quasi tutte le lavoratrici erano diplomate, molte anche laureate”.
“Questa estate ho fatto la cameriera, ma l’assicurazione copriva solo le prime 6 ore di lavoro che, quasi tutti i giorni, si protraeva oltre le 10, e anche le 11 ore. Ci trattavano come animali, costrette a vivere, io e le due colleghe, dentro il bar, in un ripostiglio privo di finestre, senza neppure lo spazio per stendere la biancheria. Abbiamo capito quanto sia importante avere un titolo di studio e l’ambizione di un futuro dignitoso, anche se oggi i giovani diplomati e laureati devono accontentarsi di lavori saltuari e in nero. E’ molto difficile che si venga retribuiti in base al lavoro svolto, perchè un dipendente costa se viene assicurato.
Eppure la Costituzione dice che l’Italia è una Repubblica democratica fondata sul lavoro, che la Repubblica riconosce a tutti i cittadini il diritto al lavoro, e che il lavoro deve essere tutelato in tutte le sue forme ed applicazioni”.
Ecco alcune storie raccontate l’altra sera al Bastione.
La Repubblica deve distribuire in maniera appropriata le risorse, oggi concentrate nelle mani di pochi privilegiati, a scapito di tanti poveri. E deve garantire la sicurezza dei luoghi di lavoro, e una seria formazione professionale , e retribuzioni dignitose.
Per combattere il precariato, che a noi giovani stà togliendo il futuro, bisogna garantire a tutti il diritto al lavoro, un lavoro che tenga conto del titolo di studio e delle propensioni di ciascuno. A tutti la rappresentanza sindacale, secondo l’articolo 39 della Costituzione, perchè non si può, come fece il fascismo, eliminare il conflitto sociale, che sta alla base della stessa democrazia, la alimenta e la fa crescere. E la Repubblica deve davvero garantire la partecipazione dei lavoratori alle scelte che riguardano il paese, per impedire la chiusura di fabbriche e il loro trasferimento dove la manodopera non è tutelata da leggi di cittadinanza e quindi costa poco.
Perchè, a condizioni di vita misere delle masse popolari, corrispondono sempre restrizioni della libertà, come sta avvenendo oggi di fronte alla crisi, e cresce invece la democrazia se migliorano i redditi dei lavoratori.
L’altra sera, studenti, lavoratori e artisti hanno riempito la piazza antistante il Bastione, per dar vita a un 2 giugno di festa, di musica e di spettacolo. Preceduti dalle belle letture di Mario Faticoni, c’erano, a parlare di Costituzione, gli alunni della scuola media con una lettera immaginaria destinanta ai Padri Costituenti, e le ragazze di due licei cittadini con ricerche sui diritti e sul lavoro dei giovani.
Sotto l’imperversare del maestrale, Antonello Murgia, del Comitato in difesa della Costituzione e Rosa Maggio del CIDI (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti), hanno brevemente esposto le ragioni dell’iniziativa, sollecitando i partecipanti a una difesa della nostra Carta, sempre più messa in discussione dagli attacchi di questo governo e dalle politiche berlusconiane. Rita Atzeri è entrata quindi nel mezzo dello spettacolo presentando Elio Turno Arthemalle e Vito Biolchini in una esilarante lettura degli articoli della Cosrtituzione a uso e consumo rispettivamente dei padroni, dei fascisti, dei politici golpisti e degli studenti scazzati, tutti di matrice sardo-casteddaiu, sardo-sassarese, ecc. Il pubblico si è moltodivertito, “ho riso a lacrime”, ha detto la mia vicina, ed ha applaudito a lungo gli interpreti, così efficaci nel rappresentare il nostro complicato e difficile presente, attraverso la lente deformante dei poteri forti, degli interessi di parte: funziona più di un saggio politico, più di una relazione sull’attualità.
Le storie degli operai Vilnyus raccontate da loro stessi e poi quella, incredibile, dei lavoratori dei call center a rischio di licenziamento, anzi, peggio di sfratto. I loro padroni-banditi non pagano l’affitto e così, nonostante le commesse con Telecom, si rischia di finire per strada da un giorno all’altro, senza neppure licenziamento e senza liquidazione. Storie di sfruttamento e di violazione dei diritti di stampo ottocentesco nella Repubblica fondata sul lavoro. I lavoratori chiamano le autorità alla responsabilità di non lasciar mano libera a padroni, ormai privi del senso dell’impresa, e fanno appello alla cittadinanza per un solidarietà che sola può consentire di difendere i posti di lavoro e i diritti dei lavoratori.
Quasi come una risposta a questo accorato richiamo all’unità, ecco la voce forte e inconfondibile di Clara Murtas, le canzoni della protesta e dell’impegno politico di tanti giovani in Italia e nel mondo, e una chitarra per accompagnare. Un messsaggio in musica più penetrante e coinvolgente di tanti discorsi. Infine, per chiudere. il buon jazz del Franca Carrus trio, pianola, contrabasso ed una voce veramente speciale, che conclusono una serata particolare d’impegno democratico a difesa della Repubblica democratica e della nostra bella Costituzione.

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