Quale futuro nel presidenzialismo?

3 Giugno 2010
1 Commento


Andrea Raggio

Per l’analisi del voto amministrativo aspettiamo il risultato dei ballottaggi. Intanto possiamo annotare i principali dati politici: l’ulteriore calo dei votanti, questione sulla quale non è più rinviabile una rigorosa riflessione; lo sbriciolamento del sistema dei partiti; Sassari si conferma come polo del centrosinistra, Cagliari come polo del centrodestra; nel centrodestra il PDL perde peso sino a ridursi a circa un terzo della forza elettorale della coalizione; la divisione tra PD e IdV e la contrapposizione soriani-antisoriani hanno inciso pesantemente sul risultato elettorale del centrosinistra in importanti realtà.
Mi soffermo brevemente su quest’ultimo aspetto perché sono convinto che sia la principale causa delle difficoltà del PD ad affrontare i principali nodi della politica regionale, a partire da quello istituzionale. Costato, in primo luogo, che sul presidenzialismo è calato anche in campagna elettorale il silenzio. Eppure continua a condizionare la politica regionale. Senza la protezione dell’ombrello presidenzialista il Presidente Cappellacci avrebbe retto sin qui alla bufera dell’eolico e alla forte contestazione dall’interno della sua maggioranza? Probabilmente sarebbe stato già costretto alle dimissioni.
Il presidenzialismo pone, dunque, problemi persino al centrodestra. A maggior ragione preoccupa il silenzio del centrosinistra. Il documento del PD sulle riforme costituzionali, approvato il 22 maggio, riapre la questione della riforma del titolo V del 2001 allo scopo di “completarla e razionalizzarla, alla luce dell’esperienza”. E’ chiaro quel che s’intende per completamento della riforma: l’istituzione del Senato delle regioni, il rafforzamento del ruolo delle stesse e il contestuale rafforzamento del potere politico centrale (non centralistico). Ed è innegabile che la razionalizzazione non potrà non considerare l’esperienza del presidenzialismo nelle regioni, soprattutto in quelle meridionali.
Il PD sardo può recare un importante contributo al dibattito su questo tema perché la Regione, pur potendo scegliere altra forma di governo, ha preferito sperimentare una versione originale del presidenzialismo, quella soriana. Originale in quanto è consistita nel tentativo di gestire il potere autoritario vestendolo di sardità. E’ proprio questo travestimento che ha favorito l’apertura del centrosinistra al sorismo. Il tentativo è finito male, ha prodotto instabilità politica e inefficienza e ha nuociuto all’attuazione del programma della coalizione. Ha nuociuto all’Autonomia, che è esaltazione della democrazia mentre l’autoritarismo la offende.
Quando insisto nel richiamare l’esperienza, talvolta mi si risponde con l’invito a lasciar stare il passato per pensare al futuro. Ma un futuro presidenzialista che futuro è? Abbiamo conosciuto la versione sorista, stiamo ora sperimentando quella del centrodestra. Prima il potere autoritario era nelle mani di un uomo, oggi in quelle di gruppi affaristici, locali e nazionali, che lo esercitano spregiudicatamente al punto da imporre la nomina di loro uomini in punti nevralgici dell’amministrazione regionale.
Ma torniamo alla reticenza del PD. Una delle principali cause, ripeto, sta nella contrapposizione soriani – antisoriani. Mi rendo conto che il presidenzialismo è un argomento spinoso e la tentazione di accantonarlo per quieto vivere è forte. Ma eludendo i nodi della politica non si costruisce unità, si vivacchia di compromessi e si alimenta quella personalizzazione della politica che è il principale ostacolo alla formazione di una nuova classe dirigente. Ecco perché è auspicabile che sia definitivamente archiviata la diatriba ”con Soru o contro Soru” che ha dannato la scorsa legislatura per lasciare spazio a un dibattito vero sul superamento del presidenzialismo, comunque vestito.

1 commento

  • 1 Enea Dessì
    3 Giugno 2010 - 09:17

    Anch’io sono per il superamento del presidenzialismo ma non posso dimenticare che a volerlo siano stati proprio quelli del PD, così come quelli del PD hanno voluto il colleggio Sicilia-Sardegna per le europee, così come quelli del PD si sono macchiati di complicità, di colpe gravi e imperdonabili se a votare ci vanno ormai una persona su due. Caro Raggio, Soru può cambiare idea, il PD sardo non può cambiare, pena l’azzeramento della sua classe dirigente. Prendono voti ormai con l’arma della paura e del ricatto visto che non gliene viene più neanche con l’arma della clientela. Chiedilo ai dirigenti sulcitani, non meritano un solo voto.

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