Amsicora
Eccola, la casa simbolo della mafia. È nella strada principale di Cinisi, corso Umberto 183, la casa di don Tano Badalamenti. Una palazzina a due piani che Falcone e Borsellino avevano sequestrato nel 1985. Adesso la casa di Badalamenti è stata confiscata ed è stata affidata dal Comune all’associazione che porta il nome di Peppino Impastato. Qui si trasferirà anche la biblioteca comunale. Dal balcone dove si affacciavano i potenti di Sicilia, Giovanni Impastato, il fratello di Peppino. cui il sindaco di Cinisi ha appena consegnato le chiavi, guarda cento passi oltre, dove c’è la loro casa, quella che fu anche di Peppino: “È come se quei cento passi non ci fossero più - dice - è come se Peppino e nostra madre Felicia fossero qui”.
Il segno della ricchezza e del potere di don Tano è appena oltre la porta d’ingresso: è la scala in onice che apre al piano nobile. “Ci sono saliti giovani mafiosi come Bernardo Provenzano e Luciano Liggio”, ricorda Giovanni. I mobili che arricchivano la casa sono stati portati via, in fretta, quindici giorni fa da alcuni operai. E non hanno lasciato niente. Non c’è neppure un foglio di carta in giro.
Non c’è neanche la corrente elettrica a casa Badalamenti. Bisogna aprire le finestre per muoversi da una parte all’altra della casa. Il loocale è ampio. Lo spazio, il molto spazio era anch’esso il segno del potere di Tano Seduto: 250 metri quadrati per ognuno dei tre piani. “Ricordo di averci giocato da bambino in queste stanze - dice Giovanni Impastato - ci portava nostro padre”. In terrazza potevano salire solo in pochi, per assistere alla gara dei cavalli nel corso.
All’ultimo piano, sono rimasti i segni di un inizio di ristrutturazione. Il padrino sperava ancora di ottenere un sconto sulla condanna americana. Ma Badalamenti è rimasto nelle carceri americane, dove è morto nel 2004.
Giovanni Impastato non è appagato: “Chiedo che le indagini sulla morte di Peppino vengano riaperte. Bisogna fare luce sui depistaggi che hanno favorito Badalamenti”. Tanti, troppi misteri sono ancora da chiarire, con una domanda centrale: quali relazioni intratteneva Badalamenti con pezzi delle istituzioni? E con chi?
Intanto, la casa di Tano diventa il centro delle iniziative politico-culturali, che Peppino aveva avviato con tanto impegno e rigore, con irridente irriverenza e spirito critico da essere barbaramente trucidato. Ma oggi continua a vivere in noi e in coloro che lavoreranno nella nuova sede del Centro Impastato, come continuano a vivere negli uomini di buona volontà le tante vittime ormai dimenticate della mafia, dall’ex partigiano Placido Rizzotto al sindacalista Salvatore Carnevale ai giornalisti Mauro De Mauro (fratello del noto linguista) e Pippo Fava (padre Claudio Fava, dirigente del SEL e sceneggatire del film Cento passi). In mezzo a tutte le ombre che ci avvolgono, questa è finalmente una piccola luce di speranza. Una vittoria di Peppino, questo piccolo grande compagno, che ci sprona ancora a non mollare.
Ecco ora una nota su Peppino Impastato
Il 9 maggio del 1978, mentre l’Italia è sotto choc per il ritrovamento a Roma del cadavere di Aldo Moro, in un piccolo paesino della Sicilia affacciato sul mare, Cinisi, a 30 km da Palermo, muore dilaniato da una violenta esplosione Giuseppe Impastato. Ha 30 anni, è un militante comunista della sinistra extraparlamentare e sin da ragazzo si è battuto contro la mafia, denunciandone i traffici illeciti e le collusioni con la politica. A far uccidere Impastato è il capo indiscusso di Cosa Nostra negli anni Settanta, Gaetano Badalamenti, bersaglio preferito delle trasmissioni della Radio libera che egli ha fondato a Cinisi.
Cento passi separano, in paese, la casa degli Impastato da quella dell’assassino di peppino, Tano Badalamenti, come ricorda il titolo del film di Marco Tullio Giordana che ha fatto conoscere al grande pubblico, attraverso il volto di Luigi Lo Cascio, la figura di Peppino.
Peppino Impastato rappresenta un caso particolare, quello di un militante, una attivista che combatte la mafia pur provenendo da una famiglia mafiosa. Una circostanza anomala, dato che la famiglia rappresenta di solito la cellula più compatta e più impermeabile della struttura mafiosa. Peppino è un ragazzo che si pone il problema del suo stesso sangue, delle sue radici, della sua stessa esistenza. Come ricorda il fratello Giovanni ci furono alcune figure che esercitarono sul giovane Giuseppe un fascino particolare, quella dello zio Matteo, un liberale dalle idee molto aperte, ma soprattutto quella di Stefano Venuti, pittore anticonformista, fondatore della sezione del PCI di Cinisi.
Negli anni Sessanta, insieme ad un gruppo di amici e compagni, Peppino fonda il giornale Idea Socialista, in cui mette in evidenza i rapporti tra gli amministratori locali e la mafia. Nonostante la madre Felicia cerchi di dissuaderlo, Peppino è deciso a intraprendere la sua personale guerra, e niente sembra poterlo fermare. Anche se il prezzo da pagare è subito altissimo. Dopo aspri conflitti suo padre lo caccia di casa. La madre Felicia cerca di mediaree tra padre e figlio, e in qualche occasione il padre tenta un riavvicinamento. Ma non basta; Peppino non torna sui suoi passi e non rinuncia alla sua guerra e usa anzi strumenti sempre più efficaci per mettere a nudo la vera natura di Cosa Nostra.
Il Sessantotto è alle porte e anche Peppino Impastato scopre una nuova dimensione dell’impegno politico. Intraprende delle battaglie di carattere sociale, come ad esempio la difesa dei terreni dei contadini che venivano espropriati per permettere l’ampliamento dell’aeroporto di Punta Raisi. Una questione delicatissima; nell’aeroporto si concentravano, infatti, gli interessi mafiosi dato che il controllo dello scalo siciliano implicava il controllo di tutti i traffici tra la Sicilia, il resto d’Italia e soprattutto verso l’America.
L’esperienza di Musica e Cultura
Intorno a Peppino si raccoglie un gruppo di giovani, animati dallo stesso spirito di ribellione, che organizza a Cinisi il circolo Musica e Cultura, che promuove attività di vario genere e che diventa un punto di riferimento fondamentale per tutti i giovani di Cinisi, attratti dall’unico luogo di aggregazione della zona. Musica e Cultura diventa il centro da cui partono le denunce verso l’operato mafioso, le devastazioni delle coste, l’abusivismo, tutti gli scempi subiti dal territorio. All’interno del circolo c’è anche il collettivo femminista, che discute della libertà della donna in un contesto particolarmente arretrato.
Oltre a quello impegnato, però, c’è un aspetto scanzonato nel carattere di Peppino Impastato; attraverso Musica e Cultura organizza concerti, cineforum, e finanche un carnevale alternativo.
Radio Aut e la trasmissione Onda Pazza
Nel 1977, con il boom delle radio libere, Peppino Impastato decide di fondarne una propria, a Cinisi. Con gli amici si procura in maniera rocambolesca l’attrezzatura e inizia le trasmissioni. La chiama Radio Aut e, nella trasmissione Onda Pazza, usa la satira per sbeffeggiare i capimafia e i politici locali rivelando trame illecite e attività illegali. Il bersaglio preferito è don Tano Badalamenti, l’erede di Cesare Manzella nonché l’amico di suo padre Luigi, soprannominato Tano Seduto.
Peppino Impastato per la prima volta fa nomi e cognomi, senza reticenze, cercando di rompere il tabù dell’intoccabilità dei mafiosi, in un paese dove la gente, al passaggio di Tano Badalamenti, quasi si inchina e dei boss non è prudente nemmeno pronunciare il nome.
La reazione di Tano Badalamenti
A quel punto don Tano Badalamenti convoca il padre di Impastato. Il messaggio è chiaro: tuo figlio la deve smettere, altrimenti lo ammazziamo. Il padre di Peppino, senza comunicare il motivo alla famiglia, va negli Stati Uniti a chiedere oltreoceano protezione per suo figlio. Ma pochi mesi dopo il suo ritorno, il 19 settembre 1977, Luigi Impastato muore, investito da una macchina.
Peppino Impastato si scaglia contro la gente che si reca a casa della famiglia per fare le condoglianze, domandando come facessero, proprio loro che lo avevano ucciso, a presentarsi a casa sua.
Dopo la morte del padre Peppino non ha più nessuno che lo protegge dalle minacce di Badalamenti. Ma, nonostante il dolore per la perdita del padre e il pericolo che sente crescere intorno a sé, Impastato non rinuncia alla sua battaglia. Nel 1978 si candida alle elezioni comunali nelle liste di Democrazia Proletaria, ma ormai il suo destino è segnato.
La morte di Peppino Impastato
L’8 maggio 1978 Peppino passa l’intera giornata e l’intera notte a Radio Aut, come spesso accadeva. Il giorno successivo va a salutare dei parenti americani in paese, poi si sarebbe dovuto incontrare con gli amici la sera per un comune impegno politico. Gli amici, non vedendolo arrivare, si mettono a cercarlo. A casa non sanno niente di lui. Così passa la notte; gli amici sono ormai certi che sia successo qualcosa. E in effetti qualcosa è successo, l’irreparabile: Peppino Impastato è stato ucciso, dilaniato da una bomba piazzata sulla ferrovia Palermo-Trapani.
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