Francesco Cocco
Ho provato un senso di fastidio quando ho letto il titolo di un giornale sardo sulla diatriba tra Sovrintendenza e Comune di Cagliari in relazione alla titolarità dell’anfiteatro romano. Riportando la posizione della Soprintendenza, il quotidiano titolava in prima pagina “L’anfiteatro è nostro”. Io non so se le parole pronunciate dal funzionario dello Stato siano state riportate con esattezza, né se alle stesse possa essere attribuito un significato non corretto .
Conosco certa sciatteria che oggi domina i mass-media, e la stampa in generale. Quell’aggettivo possessivo (“nostro”) da concezione patrimonialistica, messo poi il giorno dopo, nella cronaca, cittadina in bocca al sindaco, testimonia una certa visione per cui i beni demaniali o patrimoniali nella sostanza non sarebbero dell’ente pubblico ma piuttosto dei gruppi politici o burocratici che ne hanno, o dovrebbero averne, la responsabilità.
Mi rendo conto che parlarne può sembrare una questione astratta ed inconsistente. E così anch’io vorrei che fosse. Il linguaggio è spia di una mentalità, così esso finisce per dirci quanto poca attenzione per l’interesse pubblico vi sia nella classe politica. Quante volte mi è capitato di polemizzare con qualche amministratore pubblico che parlava di somme spese a favore di enti o singoli come se le avesse elargite dal proprio patrimonio personale Questo scarso interesse finisce spesso per tradursi in elargizioni finanziarie a proprio favore ogniqualvolta l’ordinamento lo consente.
E’ un vizio mentale che ha finito per contagiare anche le attività finanziarie, visto che frequentemente dobbiamo constatare che i top-manager si auto-elargiscono stock-opitions e benefit vari, come se la società amministrata fosse di loro proprietà personale e non già di miglia e talvolta milioni di risparmiatori.
Così correggere il linguaggio di gran parte del mondo politico diventa un’operazione di rilevanza sociale. Un modo per ricordare alle persone affidatarie della gestione dell’interesse pubblico che il bene non è loro né individualmente né dei gruppi ai quale fanno riferimento. Esso è sempre della comunità, e non solo con riguardo alle generazioni presenti ma anche a quelle che la comunità in passato hanno fatto crescere. Soprattutto appartiene alle generazioni future che dovranno ereditare quel patrimonio, fatto di beni materiali e soprattutto di idealità e valori incorporati.
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