Gianna Lai
Conserva vivo il ricordo la compagna, come fosse ancora presente il suo amato nella casa che li ha visti uniti. Il dolore non è rassegnazione, e una donna fragile e sola che, attraverso le parole dell’attrice, racconta l’indicibile, vale più di dieci articoli di giornale dedicati a lettori distratti e frettolosi.
Rita dà corpo alla tragedia della Saras, evocando nel suo monologo vicende e personaggi come solo il teatro sa fare. Immagini reali di giovani operai, impauriti e condannati a rischiare la salute e la vita per poco danaro, nell’impresa di un padrone ricco e spietato, che isola un ristretto gruppo di privilegiati dalla massa dei lavoratori precari e privi di tutele. E lascia in Sardegna miseri salari, malattie incurabili, un ambiente inquinato in maniera irreversibile, trasferendo a Milano gli enormi profitti realizzati nell’isola, per pagare squadre di calcio e giocatori, anch’essi straricchi.
Prende via via spessore, nella stanza in penombra e disadorna, la voce del paese oppresso, della comunità che rifiuta il mostro invincibile, come fosse disposta all’estremo sacrificio, rinunciare al lavoro per liberare il territorio dalla fabbrica. E il teatro rappresenta i contrasti insanabili del mondo contemporaneo nella recitazion di un’attrice sensibile e colta come Rita, che sa scrutare e interpretare l’animo e le azioni delle persone, restituendoli al pubblico carichi di sentimento e umanità . Perchè, se molti sardi sono critici con Moratti, Sarroch ha sempre accolto compiacente la raffineria, fabbrica ormai quasi del tutto destinata ai poveri dell’Africa.
In questo 1° Maggio segnato da tanta precarietà e incertezze, Rita Atzeri e il regista parlano di lavoro, con quella forza, onestò intellettuale e voglia di verità che ormai in Italia solo gli attori e i comici sanno esprimere, sostituendosi nella denuncia alla politica e all’ informazione, ormai del tutto deresponsabilizzati. . Il pubblico di S.Eulalia ha condiviso con passione il messaggio ieri sera, applaudendo a lungo. Bisognerà andare a vederla e sentirla ancora Rita, nelle prossime recite su “Lavorare stanca”.
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