Maria Grazia Caligaris
Sono trascorsi dodici mesi da quando Giovanna Cerina discretamente, silenziosamente, ci ha lasciati. Non so perché ma ogni tanto mi viene in mente e non posso evitare di pensare che è stata presente nella mia esperienza di giornalista, di insegnante e di consigliera regionale. Un legame fatto di particolari quello con Giovanna Cerina una distinta signora, garbata e irriverente, intelligente e determinata, affascinante e curiosa, colta e popolare il cui contributo è nelle pagine della critica letteraria italiana, in qualità di fine studiosa, negli annali del Consiglio regionale della Sardegna innanzitutto per la legge sul cinema e per la strenua difesa della scuola pubblica statale e non solo, nel cuore dei suoi studenti e nell’universo di quanti apprezzano ancora il coraggio della differenza..
E’ difficile quando si ricorda una persona che non c’è più non cadere nelle trappole della retorica. Giovanna però non ispira in questo senso. Al contrario il pensiero la restituisce combattiva, con un elevato senso della diplomazia che non le impediva di elaborare taglienti e inequivocabili metafore nonché di coniare epiteti di eccezionale limpidezza.
Uno dei primi incontri pubblici con Giovanna risale ai tempi della trasmissione “Effetto Donna”. Tra le ospiti della puntata, dedicata alla scrittura al femminile, la professoressa Cerina aveva delineato con efficacia i tratti della creatività delle donne a partire da Grazia Deledda e non trascurando il tema della libertà del narrare legato alla parola tra le pareti domestiche, nei rapporti dove l’esperienza tramandata di generazione in generazione spesso è fatta di silenzi e di gesti eloquenti.
Il carattere di Giovanna e la sua caratura vennero decisamente in evidenza durante le trattative del centrosinistra quando si profilò la candidatura a Presidente della Regione di Renato Soru. E’ stata davvero l’unica politica in quella stagione così carica di tensione emotiva e dibattito. Né posso dimenticare il momento in cui nel Teatro Alfieri il listino di sette donne della coalizione “Sardegna Insieme” venne presentato all’opinione pubblica. Ciascuna ebbe la parola per presentarsi. Il suo turno era subito dopo il mio. Avendo dichiarato l’appartenenza al Partito Socialista, l’allora candidato Presidente si avvicinò a Giovanna e la invitò a non dichiarare la provenienza partitica. “Vedete bene che non ho ancora iniziato a parlare e mi stanno già correggendo!”, disse Giovanna suscitando il sorriso dei numerosi presenti.
Straordinaria la sua forza ironica e la sua verve polemica. In qualità di artista della metafora condivideva spesso considerazioni non banali sui meccanismi delle aule parlamentari e sui siparietti dentro e fuori le quinte. Mi ha sempre incoraggiata nei momenti difficili che l’esperienza politica regala prodiga a chi non è avvezza ai tatticismi. Giovanna era disincantata ma soffriva per i giochi di ruolo e se oggi fosse qui avrebbe elargito perle di saggezza a un centrosinistra che sembra aver perso la bussola. Avrebbe ricordato il senso dell’essere ben distinto dall’euforia dell’avere. Avrebbe contrapposto al privato il pubblico, avrebbe assegnato all’io un peso insignificante dando invece rilievo al loro.
Forse non siamo state amiche, ma siamo state compagne. Condividendo la solitudine della fatica di esprimere il sogno di una Sardegna diversa. Giovanna manca a tanti, manca a me per prima pensando che, grazie alle differenze, sapevamo comunicare quel senso di inadeguatezza a un ruolo che la società ci imponeva come obbligo.
Giovanna non c’è più ma dimenticarla è come voler cancellare una pagina importante della mia vita, della nostra vita. E’ quasi voler rinunciare a credere di poter contribuire a modificare in meglio la società e offrire a chi è ai margini un’occasione per sognare. Per me non è possibile!
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