Andrea Raggio
C’era un tempo nel quale i partiti dopo ogni elezione conducevano l’analisi del voto. Non era una perdita di tempo e neppure una mera esercitazione statistica. Era un’attenta valutazione politica che impegnava non solo gli organi dirigenti ma anche le organizzazioni di base mediante le quali i partiti erano radicati nella società (oggi, scimmiottando la Lega, si dice “nel territorio”, forzando in senso localistico). L’analisi del voto serviva a capire le ragioni del successo o dell’insuccesso esplorando la società in tutte le sue articolazioni, e ad adeguare linea e gruppi dirigenti alle nuove condizioni create dagli elettori. Talvolta l’analisi approdava a vere e proprie svolte. Serviva, insomma, a fare politica. I partiti, infatti, non erano botteghe che aprono alla vigilia del voto e chiudono subito dopo in attesa delle nuove scadenze elettorali, ma strumenti di partecipazione permanente al governo del Paese.
Oggi questa prassi della buona politica è stata abbandonata, conta solo chi ha vinto e chi ha perso a prescindere dal come e perché e dove. E chi ha vinto, ritiene di poter fare, alla Berlusconi, quello che vuole. E chi ha perso, invece, talvolta piomba nello sconforto e si abbandona a valutazioni superficiali, emotive e preconcette. Ha vinto Berlusconi e ha perso Bersani, tutto il resto non conta. Ben 49 senatori PD, a poche ore dal voto, trovano il modo di cercarsi, riunirsi, discutere, scrivere, sottoscrivere e diffondere una lettera a Bersani nella quale sentenziano quel che non va e quel che dovrebbe andare. Hanno persino riesumato termini come pantofolaio e imborghesito che nel passato furono usati da destra contro Enrico Berlinguer. Da “Anno zero” di giovedì scorso mi attendevo un approfondimento del risultato elettorale. Mi sono dovuto sorbire un’esaltazione sperticata del grillismo e una condanna senza appello del PD. Si dice: sono voci che protestano contro il PD perché lo vogliono più combattivo. E perciò aiutano il centrodestra a prendersi il Piemonte? I voti a Grillo, si soggiunge, non sarebbero andati comunque al PD. Che c’entra, allora, la protesta? Diciamo che quei voti esprimono in chiave distruttiva quel diffuso malcontento nei confronti della politica che in misura prevalente sfocia nell’astensionismo, cioè in una pausa d’attesa. Si tratta indubbiamente di un fenomeno preoccupante e i partiti, compreso il PD, devono prenderlo sul serio. Ma esaltarlo quasi fosse un modello da seguire, giova alla lotta al berlusconismo? Insomma, il centrosinistra appare sempre più diviso tra chi si sforza di combattere il berlusconismo e chi si limita a criticare chi lo combatte perché non lo combatte abbastanza! Che dire, poi, dell’esibizione di Daniele Luttazzi a “Raiperunanotte”? Ha portato voti al centrosinistra o a Berlusconi?
Non è vero che nella lotta al berlusconismo tutto fa brodo. Coloro che puntano sull’esibizionismo e sull’immagine per fare concorrenza a Berlusconi in realtà lo stanno scimmiottando. Intendiamoci l’immagine oggi più di ieri è parte non separabile della politica. Bisogna, però, distinguere tra chi fa politica per fare immagine e che fa immagine per fare politica. C’è, poi, chi vorrebbe il PD più aggressivo, alla Di Pietro, o più accomodante, alla Casini. In realtà stiracchiando la coperta corta si compatta, certo, il fronte antiberlusconiano ma non tanto da andare alla vittoria.
Per vincere occorre una coperta più grande. E’ possibile? Ecco, allora, che dobbiamo andare a guardare con più attenzione dentro i risultati elettorali. Questi i dati del riepilogo nazionale: Partito delle libertà 26,78%, Partito democratico 26,10%, Lega Nord 12,28%; Italia dei valori 7,27; maggioranza di centrodestra 47,58%, partiti di opposizione 44,79; UDC di Casini, partito di opposizione che in queste elezioni si è schierato a sostegno dell’uno o dell’altro fronte, 5,57%. Complessivamente, rispetto alle europee, il divario tra PDL e PD e tra gli schieramenti di maggioranza e di opposizione è diminuito. Sono dati, ovviamente, relativi alle sole 13 regioni in cui si è votato e molto influenzati dalle astensioni (che però sono allo stesso livello delle recenti europee), ma abbastanza indicativi degli orientamenti dell’opinione pubblica. Il maggior partito di governo perde terreno e i partiti di maggioranza e di opposizione non sono molto distanti, considerando anche l’UDC.
Da questi dati, unitamente agli altri aspetti del quadro politico, appare evidente che c’è ancora filo per tessere la coperta dell’alternativa a Berlusconi e al berlusconismo. Io non sono iscritto al PD, sono un cittadino senza tessera che si sforza di fare politica. E come cittadino sono sempre più convinto che l’alternativa non può venire dall’aggressività parolaia o dall’ambiguo moderatismo, può venire invece ma da uno schieramento sempre più ampio perché capace di sfondare, con l’arma della buona politica, sul fronte dell’astensionismo e in quello berlusconiano, e che perno di tale schieramento può essere il PD, per la sua forza elettorale e perché erede della grande tradizione della sinistra laica e cattolica. Devono cessare, dunque, le critiche? Niente affatto, dovrebbero invece cessare gli attacchi preconcetti, esibizionistici, strumentali, volti solo a rosicchiare qualche voto. Ci sono ancora molte persone che stanno nelle tribune ad assistere alla partita e a sentenziare da terzisti. Che scendano in campo, facciano squadra e combattano.
4 commenti
1 G M P
7 Aprile 2010 - 09:56
Mi trovo concorde con la tesi di Raggio , ma la cosa sconcertante é che analizzando il post voto é la mancanza di una onesta analisi da parte dei vertici.
Continuo a pensare che le ultime elezioni vadano analizzate regione per regione.
Ma le vicende nuoresi e cagliaritane , dimostrano come l’attuale dirigenza sia sorda e ceca , atteggiamenti che in politica sono imperdonabili.
E sembra che confondano l’ “ambiguo moderatismo” con la capacità di tessere rapporti, costruire alleanze intorno a programmi e strategie vincenti.
In politica l’autorevolezza non é data dal ruolo o dalla carica che si é riusciti a “conquistare”.
Sicuramente l’attuale segretario del PD Sardegna é “congressualmente” forte ( per ora) ma a mio modesto avviso politicamente molto debole anche agli occhi dei suoi commensali PDL nei numerosi “tavoli” a cui siede.
Vallo a far capire agli abitanti di La Maddalena Ottana ,del Sulcis e agli studenti universitari di Cagliari, a cosa servano i tavoli.
Con tutte le umiliazioni che i Sardi hanno subito dal governo Berlusconi , fare l’opposizione era un gioco da ragazzi specialmente all’attuale Presidente della Regione.
Forse si fa opposizione dopo che gli eletti hanno maturato i diritti previdenziali.(questa é cattiveria)
Aiuto questo PD riuscirà a farmi diventare qualunquista e dietrologo…siamo messi proprio bene..
2 Antonello Murgia
7 Aprile 2010 - 10:59
Io al momento sono iscritto al PD: lo avevo fatto ai primi di luglio per sostenere la candidatura a segretario di Ignazio Marino. Ho passato il tempo, fino alle elezioni, a chiedere di discutere la mozione, che aveva passi che non mi convincevano affatto (in particolare su sanità e istruzione) o carenze (per es. sulla Costituzione), convinto che le mozioni debbano costituire una traccia e la linea politica debba nascere dal confronto fra i militanti. Non sono riuscito neppure a fare questo. Il dibattito nel PD è troppo ingessato, non solo fra le diverse linee, ma anche all’interno della stessa linea: si vota per appartenenza e non per adesione, le voci critiche vengono per lo più emarginate. Credo che le elezioni francesi 2010 siano esemplari anche per noi: Sarkozy, che si era speso nel recuperare consensi verso il centro-sinistra (per es. la nomina a Ministro degli Esteri di Bernard Kouchner) ha perso voti da destra (recupero di Le Pen) e soprattutto da parte del PS il quale si era prontamente liberato non solo di Kouchner (espulso quando è stato nominato ministro), ma anche di Segolène Royal, troppo sbilanciata a destra. Il risultato, pur tenendo conto dell’alto astensionismo (comunque inferiore rispetto alle elezioni europee), è stato che il PSF alle regionali ha avuto il 52% dei voti. Il PD continua a perdere e a riproporre l’apertura verso la destra (controllate le prime dichiarazioni di Bortolussi dopo la sconfitta in Veneto). E chi ha grandi responsabilità in quelle scelte rivelatesi perdenti, continua a controllare imperturbabile il partito: conseguenza, certo, di un controllo quasi militare da parte della dirigenza, ma anche , mi sembra, dell’eccessiva subalternità di una base che non pretende quanto dovrebbe di partecipare alle formazione delle linee politiche
3 ROBERTO MIRASOLA
7 Aprile 2010 - 11:17
Basta fare appelli in nome dell’Antiberlusconismo. Questo tipo di politica è già presente nel DNA del IDV. Ma noi siamo sinistra e questo significa avere un idea etica della politica, avere dei principi di solidarietà che oggi non esistono più. Non si può attaccare chi ha votato Grillo, possibile che ancora non si capisca che esiste da anni un grido disperato da parte di elettori di sinistra? Sono i dirigenti a non cogliere questo malessere e ad ogni tornata elettorale fanno di testa loro senza ascoltare minimamente la base. Sotto elezioni viene sbandierata la crociata contro Berlusconi, quindi se si perde quasi è colpa dell’elettorato. No io non ci sto più, voglio e pretendo un altro PD, non questo dove alle provinciali di Cagliari si presenta con una persona che ha una condanna in secondo grado. E’ finiamola di tirare in ballo le strumentalizzazioni. Cosa dovrei strumentalizzare ad esempio io che sono un semplice tesserato?
4 andrea
7 Aprile 2010 - 21:23
Mi chiedo se è piu antipolitico un movimento che porta al seggio persone che in maggioranza sarebbero rimaste a casa, oppure un partito che a quasi tre anni dalla nascita proprio non ce la fa a riscaldare i cuori dei propri potenziali elettori. La Bresso ha perso per strada 200.000 voti , i grillini ne hanno preso 100.000 in Piemonte. Forse esiste un disperato bisogno di Politica che non attende altro che essere soddisfatto
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