Antonello Murgia
All’insegna di un copione collaudato, le prime dichiarazioni dei politici di tutti i partiti ci informano che tutti hanno vinto le elezioni regionali. Ma come sono andate veramente le cose?
Innanzitutto una riflessione sulla percentuale dei votanti: il 64,21 % (-7,8% rispetto alle regionali del 2005) indica una caduta di fiducia dell’elettorato che, da quanto sembra emergere dai dati disaggregati per regione, non colpisce solamente una parte, ma è abbastanza trasversale. E non è, mi sembra, un elettorato qualunquista (che è quel 10-15 % che non va mai a votare e che non vuol sentire parlare di politica), ma di elettori delusi e/o critici, di cittadini che non hanno avuto speranza che votare potesse servire a qualcosa o che hanno voluto mandare un messaggio al proprio partito, insoddisfatti delle scelte politiche e/o di candidati.
Riguardo alla qualità del voto, una cosa difficile da digerire per i democratici è il risultato per il Consiglio Provinciale de L’Aquila, che era governata dal centro-sinistra e che si pensava fosse fortemente critica verso il PdL dopo lo scandalo della ricostruzione post-terremoto; ha vinto invece, con oltre il 53% Antonio Del Corvo, che non sembrava godere di molto appeal neppure all’interno della sua coalizione.
La sconfitta del centro-sinistra in Campania e Calabria era annunciata: sia la legislatura uscente, con una gestione criticata dai cittadini ed indagata dalla magistratura, che i candidati (quello uscente in Calabria, uno nuovo, ma anch’esso indagato, in Campania), non lasciavano molte speranze su un risultato diverso; pure, nel caso di Loiero la dimensione della sconfitta (31% c/ 58% quando è stato scrutinato oltre il 60% dei seggi) appare imbarazzante.
Altrettanto annunciata era la vittoria del centro-destra nelle sue roccaforti di Lombardia e Veneto, ma anche lì forse potevano essere individuate candidature di centro-sinistra meno deboli. Sembra che Penati, che aveva già perso il confronto alle ultime provinciali, abbia accettato la candidatura senza speranza in cambio del salto a Roma (dirigenza del PD o parlamento).
Pochi dubbi c’erano anche sulle tradizionali regioni “rosse”, mentre in bilico c’erano Puglia, Liguria, Piemonte e Lazio, anche se a sinistra non si nascondeva la speranza di portarle a casa tutte e 4. Le cose sono invece andate bene per i riconfermati Burlando e Vendola (che ha vinto anche l’ostruzionismo dalemiano), mentre Piemonte e Lazio sono andate, pur di misura, al centro-destra. Questo si è così aggiudicato tutte la regioni più popolose e ha vinto in termini di voti complessivi, pur avendo conquistato il governo di sole 6 regioni contro 7 del centro-sinistra. Pierluigi Bersani ha subito una piccola umiliazione personale perché a Bettola, suo Comune di nascita, il Carroccio è il primo partito con il 34%, il Pdl è secondo con il 29,3% e il Pd è solo terzo.
La Bonino ha fatto la sua parte, raccogliendo più voti della coalizione che la sosteneva, mentre piuttosto bruciante appare la sconfitta del governatore uscente piemontese, che consegna il governo della Regione al leghista Cota. Il nord industriale è quindi tutto sotto il governo del centro-destra; e questo accentuerà il solco del divario Nord-Sud, anche perché il mattatore della situazione è stato la Lega che in tutto il Nord è cresciuta notevolmente e nel Veneto ha addirittura largamente superato il PdL. La Lega, vero vincitore di questa tornata elettorale, è stata l’unico partito che in questi anni ha posto con forza, pur in modo talora cialtrone (ampolline sul dio Po, etc.) la questione identitaria. Il PdL, invece, sembra mostrare gli stessi problemi presentati dal PD e, dopo le difficoltà ad amalgamare i due grossi partiti di provenienza, dai primi dati riferiti nelle interviste a caldo, sembra in difficoltà anche nei consensi. Credo che questo dato dell’identità, emerso anche nelle recenti elezioni francesi, sia quello principale su cui riflettere per il centro-sinistra e soprattutto per il PD: o riesce a recuperare un’identità che sembra aver smarrito e ad accrescere la sua credibilità presso l’elettorato, oppure è condannato ad altre sconfitte. A questo proposito, mi ha sconcertato la dichiarazione di Giuseppe Bortolussi, candidato governatore del centro-sinistra in Veneto, a commento del risultato elettorale: “l’onda anomala della Lega che sorpassa il Pdl apre la possibilità di dialogo tra Pd e PdL. All’inizio diranno di no, ma poi col tempo l’onda anomala del Carroccio apparirà preoccupante”. Se e quando la Lega apparirà più preoccupante del piduista in affari con mafiosi, ci sarà tempo per dialogare con il PdL; al momento le priorità, per il centro-sinistra, mi sembrano ben altre.
In questi ultimi 10 anni il centro-sinistra nazionale non ha convinto, neanche quando ha vinto: sono necessarie scelte coraggiose, non basta presentare programmi e candidati che sono meno peggio degli avversari, occorre costruire un progetto credibile e condiviso, occorre recuperare il contributo dei tanti delusi. Occorre un’identità forte, facilmente leggibile, e al contempo uno spirito unitario, capace di aggregare le diverse anime dell’area progressista. A Cagliari siamo in prossimità delle elezioni provinciali che potranno costituire un primo test per capire se si è fatto, oppure no, tesoro della lezione di questa tornata elettorale.
5 commenti
1 ivano
30 Marzo 2010 - 17:40
ma per voi esistono solo lega pd e pdl? ed idv e beppe grillo non sono anche loro vincitori??????guardate che l’ elettore sta cambiando ecco perche pd e pdl perdono voti
2 andrea 46
30 Marzo 2010 - 19:00
E’ vero hanno vinto tutti!
HA PERSO L’ITALIA!
Se avessi solo 5 anni in meno me ne andrei all’estero per non dover condividere quest’obbrobrio di società che si stà instaurando in Italia.
3 Francesco Cocco
30 Marzo 2010 - 19:55
“Occorre un’identità forte ,facilmente leggibile” ed in sintonia con la lucida analisi di Antonello aggiungo ” una inequivocabile idealità”. Credo che l’astensione sia soprattutto tra l’elettorato di sinistra. stanco di gruppi dirigenti spesso improvvisati e non di rado poco credibili. Impareranno la lezione? Lo spero anche se ho molti dubbi.
4 Bomboi Adriano - SANATZIONE.EU
31 Marzo 2010 - 12:13
Se per identità in Sardegna intendiamo l’ideologia e non tanto l’appartenenza culturale e territoriale, allora non capiremo mai il successo leghista e l’insofferenza di molti cittadini verso le istituzioni ed il fallimentare modello economico promosso. Vendola ha fatto un ottimo lavoro ma la Puglia non è la Sardegna. Se si vuole sviluppare qualcosa di nuovo bisogna capire che nei programmi va posta la ricontrattazione del ruolo della Regione nei confronti dello Stato centralista e del suo bipolarismo: Bisogna avere il coraggio di aprire una nuova fase all’insegna della sovranità (quella vera). In quest’ottica, anche la sinistra Sarda può dare il suo contributo: se smetterà di accodarsi o di aspettare vittorie che non arrivano da parte di partiti esterni alle esigenze della nostra isola.
5 Antonello Murgia
31 Marzo 2010 - 15:51
Nello scrivere l’articolo ho scelto di mettere in evidenza ciò che mi sembrava più importante e, per non farla troppo lunga, ho taciuto alcune cose che pure sono importanti. Il risultato dell’Italia dei Valori è stato per me significativo, anche più di quanto dicano i numeri per via del radicamento nel territorio che è ancora largamente in fase di costruzione. Per quanto riguarda Beppe Grillo ho scritto un commento nel blog de L’Unità nel quale dissentivo dalle critiche a Grillo, accusato di aver fatto perdere la regione Piemonte. La Bresso non ha voluto dare ascolto alle tante amministrazioni locali di sinistra contrarie alla TAV, non ha saputo interloquire e tanto meno convincere sull’argomento. E’ troppo facile lamentarsi poi se sorge una lista che ti sottrae voti. E non dimentichiamo che Beppe Grillo aveva presentato la sua candidatura alle primarie per l’elezione del segretario del PD, candidatura che non era stata accettata con motivazioni che ho trovato pretestuose.
Ma ciò che mi premeva dire (e vengo all’ultimo commento) è che per vincere le elezioni e mantenere le posizioni conquistate occorrono un’identità da spendere presso l’elettorato ed un radicamento nel territorio: la Lega ha entrambe queste caratteristiche (anche se per l’identità ha in parte utilizzato la costruzione ad arte di un mito, ma non è la prima volta nella storia che ciò accade) ed ha vinto pur subendo anch’essa la scarsa visibilità televisiva voluta dal Padrone assoluto. Poi, l’identità in Sardegna può essere sardità ed indipendenza, ma non necessariamente, altrimenti cadremmo davvero nell’ideologia. Vale la pena, certo, di chiarire cosa s’intende per identità di un partito progressista oggi in Sardegna; a me, in questo breve articolo, premeva indicare ciò su cui siamo, mi sembra, tutti d’accordo e cioè che se non ti presenti con un’identità abbastanza chiara l’elettorato ti punisce. Voleva essere il primo passo per arrivare all’emendamento di quello che ritengo il peccato originale della politica a sinistra degli ultimi 20 anni: l’abbandono dell’identità per favorire quella che in un’altra occasione ho chiamato “la fusione fredda” DS-Margherita e l’abbandono del radicamento per evitare quello che la inadeguata leadership del post-PCI (dalla Bolognina in poi) individuava come controllo fastidioso che le riduceva i margini di manovra (il percorso politico di D’Alema, per chi ha voglia di ripercorrerlo, dalle esche lanciate alla Lega 15 anni fa a quelle lanciate all’UDC negli ultimi 2 anni, è per me esemplare). L’IdV sta cercando di coprire le voragini aperte da tale politica e, se il PD continua così, presto sarà il principale partito di centro-sinistra. Più difficile che la cosa accada per il movimento “5 stelle”, che ha caratteristiche decisamente da partito d’opinione
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