Antonello Gregorini - Verdi Cagliari
Jeremy Rifkin farebbe a pezzi la delibera sulle fonti rinnovabili della Giunta Giunta regionale sarda, non solo per elementari esigenze di Democrazia ma anche per ragioni di Economia.
Il grande pensatore americano Jeremy Rifkin, noto per le sue tesi da economista e futurologo, é di nuovo in testa alle classifiche dei saggi venduti, anche in Italia, con il suo ultimo libro “La civiltà dell’empatia”.
Si tratta della rivoluzione dell’energia distribuita, contro al centralismo elitario per cui fino ad oggi l’energia era disponibile solo in alcune regioni e la si poteva ottenere solo per vie gerarchiche piramidali passando per i grandi investitori. L’energia si produrrà in ogni casa grazie al vento, al sole, alle biomasse, alle maree. Ogni edificio sarà una centrale elettrica per sé e per gli altri. La terza rivoluzione industriale vedrà l’impiego di fonti energetiche rinnovabili; la riconfigurazione degli edifici per ricavare energia; l’impiego di idrogeno e altri vettori di accumulo quale garanzia in caso di assenza di sole o vento e la messa in rete dell’energia per cui essa verrà scambiata e condivisa un po’ come le informazioni in internet. Ciascuno, volontariamente, sarà produttore di un pacchetto di energia. Si potranno ricaricare ovunque le automobili…
Un modello di “capitalismo distribuito” e di “Democrazia energetica”. Il futuro: un modello di sviluppo affascinante.
Cosa c’entra, diranno i lettori, con la Delibera della Giunta regionale sulle fonti rinnovabili?
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Come Verdi, European Greens, abbiamo scritto un documento che venne presentato in conferenza stampa (purtroppo con non grande risalto) nel febbraio di quest’anno. Esso é ambiziosamente titolato: “Un modello di evoluzione energetica nella Sardegna per l’equa distribuzione delle rendite da fonti rinnovabili”. Lo scrivente portò il documento all’attenzione della Giunta nella persona di uno degli assessori competenti che, immagino, neanche lo lesse.
In sintesi in esso si prospetta una configurazione della normativa vigente, e delle linee guida corrispondenti, con la quale buona parte dei circa 7 miliardi di euro, che nei prossimi 15 – 20 anni andranno a incentivare l’implementazioni delle fonti rinnovabili sul territorio sardo, dovevano essere destinati al mondo rurale e delle piccole medie imprese.
In buona sostanza si stabiliva un limite di potenza per le centrali, di qualsiasi tipo di fonte rinnovabile, in una misura pari alla capacità di accoglimento di energia delle esistenti linee di media tensione. Queste permeano tutto il territorio sardo e comprendono anche l’ elettrificazione rurale, evitando così anche la costruzione di nuove sottostazioni di alta tensione.
Questo sistema, configurato dal documento, blocca, di fatto, in maniera naturale, la colonizzazione da parte dei grandi capitalisti esterni; crea una rete di generazione diffusa; crea una rete di aziende che possono godere di un integrazione del proprio reddito; crea un sistema di minore impatto ambientale rispetto a quello delle grandi centrali; consente alla micro e piccola impresa sarda di sviluppare proprie competenze, accumulare capitale e ottenerne quindi in generale un maggiore indotto.
Avevamo titolato il documento: “Piccolo é bello”, come il titolo di quel famoso pamphlet economico degli anni ’70, scritto da F. Schumacher che riprendeva anche le tesi di Gandhi.
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Con la delibera del 12 marzo 2010 la Giunta regionale, di fatto, disegna un modello delle fonti rinnovabili in Sardegna che potremmo tranquillamente definire: “Grande é bello”, quindi totalmente in antitesi con il nostro, e sin qui niente di male, ma, soprattutto, in antitesi con tutte le politiche energetiche di indirizzo internazionale ma anche nazionale.
Stabilisce che una società, Sardegna Energia, dovrà controllare il mercato di tutte le fonti rinnovabili e che dovrà privilegiare i principali operatori del settore. Un modello quindi centralistico a favore di pochi operatori.
Stabilisce che le “serre fotovoltaiche” dovranno avere un grado di trasparenza del 75%, decretandone di fatto la morte, senza differenziare tra piccoli e grandi interventi; senza stabilire come si misura il 75%, su quali falde (se solo quelle esposte a sud o su entrambe) , in quale ora della giornata, in quale periodo dell’anno. Tutto ciò nonostante che il ministero dello sviluppo economico, nella propria proposta di modifica del conto energia per gli anni a venire, individui in forma completamente diverse questi manufatti.
Non basta: La giunta regionale ammazza l’esistente al punto che sottopone a un procedimento lungo, costoso e farraginoso, anche la costruzione di impianti di potenza maggiore di 20 kW fotovoltaici. Faccio un esempio: se avessi in corso una richiesta di concessione edilizia per un stalla e decidessi di godere degli incentivi e coprire la falda a sud con 50kW di fotovoltaico (400 mq), oggi non potrei più farlo, se non passando per l’Autorizzazione unica regionale anziché dal Comune. Questo significa anche che devo fare il mio progetto in circa 10-15 copie (a seconda dei luoghi), portarne ognuna all’ufficio competente, protocollarla, allegare le 10-15 ricevute all’istanza di autorizzazione unica. Devo inoltre pagare una tassa che in origine era di 10.000 euro per l’istruttoria; attivare una fideussione bancaria; partecipare a una conferenza di servizi e … ecc
C’é dell’altro ma non voglio tediare il lettore. Vedrete nei prossimi giorni.
n conclusione e in metafora: La Giunta regionale, incapace di distinguere il merito delle cose (penso in buona fede, solo per incapacità) prende il catino del bagnetto e “conserva l’acqua sporca (i grandi investitori) ma butta il bambino (i piccoli operatori)”
POVERA SARDEGNA! priva di una classe dirigente degna di questo nome. Potrà uscire dalla palude della crisi economica e sociale?
Sabato nascerà un sindacato di operatori sardi del settore.
Chi li aiuterà a modificare o far rientrare la delibera e a disegnare un diverso modello di sviluppo?
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