Andrea Raggio
Una folta delegazione (oltre ottanta persone) composta da rappresentanti delle forze sociali e degli enti locali, capeggiata dal Presidente della Regione e dall’Assessore al lavoro, ha avuto nei giorni scorsi incontri a Bruxelles con funzionari e personalità politiche dell’Unione europea. L’iniziativa è stata promossa dai sindacati nell’ambito dell’impegno volto a unire le forze contro la drammatica crisi dell’isola e allo scopo di sollecitare il contributo dell’Europa.
I risultati conseguiti dalla missione sono modesti, non perché la strategia messa in campo - saldare l’emergenza con la prospettiva e far leva sul principio d’insularità – sia inadeguata, ma perché può funzionare solo con l’impegno congiunto del Governo, della Regione e dell’Europa. Il Governo, invece, è assente, la Giunta regionale è complice del Governo e l’Unione europea è debole rispetto alla crisi globale perché frenata dalle chiusure dei governi nazionali, quello italiano in testa. Venire a capo di questo intrico di difficoltà non è impresa facile, ma possiamo provarci se la smettiamo, innanzi tutto, di scaricare le responsabilità nazionali e regionali sull’Unione europea.
Il principio d’insularità, per venire al tema, era stato inserito nel trattato di Amsterdam (articolo 158 e dichiarazione n. ro 30 allegata.) unitamente ad altre innovazioni, compreso il riconoscimento delle Regioni come istituzioni e il rafforzamento della politica di coesione, che hanno impresso una svolta alla politica regionale dell’Unione. Il Consiglio regionale, con risoluzione del 4 aprile 1999, puntualmente sollecitò un’iniziativa delle regioni insulari per l’attuazione del principio e, a questo fine, il Parlamento europeo e le stesse regioni interessate posero l’accento in particolare sulle infrastrutture dell’energia, dei trasporti e delle telecomunicazioni, facendo riferimento anche alla norma dello stesso Trattato sulla coerenza delle reti trans europee all’obiettivo della coesione. Successivamente l’attenzione sulla questione insularità è andata scemando causa sia dei nuovi problemi posti dall’allargamento dell’UE, sia della disattenzione della politica regionale, sempre più orientata a privilegiare l’efficientismo e la cosiddetta stabilità politica sulla democrazia, intesa anche come partecipazione alle scelte europee. Così, a conclusione della travagliata e sfortunata vicenda della Convenzione per la Costituzione europea, nel Trattato di Lisbona entrato in vigore il primo gennaio 2009 i governi, compreso quello italiano, hanno cancellato il principio d’insularità.
Ho richiamato i fatti non per piangere sul latte versato ma per dire che la disattenzione alle politiche europee si paga sempre a caro prezzo e per richiamare tutti noi alla realtà. E la realtà è che oggi il quadro politico complessivo, europeo e nazionale, non è purtroppo favorevole al ripristino del principio e che insistere su di esso rischia di trasformare una cosa giusta in un diversivo. Saggia, dunque, è stata la posizione degli interlocutori dell’UE, i quali hanno richiamato a un maggiore impegno nell’utilizzare al meglio e tempestivamente le risorse e le politiche europee disponibili e indicato, col suggerimento di Gianni Pittella, vice presidente del Parlamento europeo, una strada percorribile anche se non facile: tenere conto della condizione d’insularità come parametro per decidere gli aiuti europei. Non è la riaffermazione del principio, perché questo sottintende interventi che si aggiungono a quelli della coesione, ma può essere un passo nella giusta direzione.
La rivendicazione volta a inserire l’insularità nei parametri della coesione può, a mio parere, approdare e risultati positivi a due condizioni. La prima è che la Sardegna non continui a isolarsi ma promuova iniziative comuni con le altre regioni insulari. La seconda è che non si limiti a lamentare le diseconomie ma faccia leva sulle potenzialità: centralità mediterranea, ambiente e industrie legate all’ambiente, rete di telecomunicazioni. Il superamento delle diseconomie va sempre rivendicato in relazione alle potenzialità. E in tal modo l’insularità risulta essere quello che è, non una disgrazia ma una risorsa, e perciò una questione d’interesse comunitario.
Un’ultima considerazione, suggerita dalla mia modesta ma non infruttuosa esperienza di politica unitaria. Evitiamo che l’unità si trasformi in unanimismo, unità di facciata che tace o sottace le divergenze. L’unanimismo non aiuta le soluzioni dei problemi, giova solo al berlusconismo, le aggrava. Non sto proponendo, sia ben chiaro, di mettere un freno alle iniziative unitarie, ma di nutrirle sempre con contenuti precisi e di gestirle senza fare sconti.
1 commento
1 G M P
2 Aprile 2010 - 17:37
…viaggi come negli anni 80…
oggi classe dirigente debole sindacato frammentato
P D sterile incapace di decodificare la realtà , un errore no da poco per chi ambisce a fare politica
ma l’importante e aprire tavoli su tavoli…
ULTIME UMILIAZIONI SUBITE:
G8 Sassari-Olbia , ciclo dell alluminio. fondi FAS, ERSU, campus universitario ,Betile, master &back,tram a Cagliari, nuovo ospedale, fondi edilizia scolastica, criteri assegnazione fondi ricerca, piano casa ….e potrei continuare
Ma segreteria PD apre tavoli
mi sa che amano i lavori di falegnameria…
p.s
grazie per il voto disgiunto alle ultime regionali specialmente nel sulcis no coment.
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