Come disegnare la Cagliari del futuro?

24 Marzo 2010
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Antonello Gregorini - Urban Center Cagliari

Si avvicina il rinnovo dell’Amministrazione comunale. Singoli cittadini e associazioni ed anzitutto i partiti dovrebbero farsi carico di delineare il futuro della nostra città. Cagliari da antica roccaforte militare è divenuta una splendida città aperta, senza che, peraltro, finora si sia esattamente individuato l’asse della sua possibile crescita. Dovremmo sforzarci di lavorare al tema con continuità e tenacia. Si misura con questo problema, indicando elementi suggestivi di riflessione, Antonello Gregorini dell’Urban Center di Cagliari. E’ uno stimolo importante. Sarebbe auspicabile che sul tema, data la sua rilevanza, si sviluppasse un dibattito.

Cagliari é una città aperta, mercantile, ormai con notevoli rapporti e connessioni fisiche con l’esterno. Gli manca una connotazione di rango che attragga visitatori ma, anche, nuovi abitanti che la scelgano per la mitezza del clima; l’ospitalità e il carattere sincero della gente; la dimensione più umana rispetto ad altre realtà metropolitane.
Un amico consigliere regionale ritiene che Cagliari abbia bisogno di un “volano” per accelerare e diventare attrattiva per i turisti. Un altro sostiene che tutti questi spazi vuoti, che Cagliari ha, ma che io non vedo come tali, “debbano essere venduti” a investitori che creino opportunità di lavoro per i nostri giovani.
Io credo che Cagliari abbia solo bisogno di un maquillage che miri a ripulirla, renderla più efficiente, ordinata e civile. Il processo passa per una sorta di rivoluzione culturale ed economica.
Questo che può sembrare un messaggio banale e debole é, in realtà, un messaggio forte che solo un Sindaco illuminato, grande comunicatore, potrà realizzare. O in alternativa un Sindaco illuminato capace di tenere in piedi una squadra forte, sia sul piano culturale, sia del coraggio (innovazione), che dell’intelligenza economica e politica.
Cosa produrrà quindi la Cagliari del futuro?
Concentriamoci sulla necessità di incremento dell’entropia economica al fine di generare occasioni di lavoro per tutti. Partiamo dall’assunto che il modello di sviluppo dell’industria pesante, ammesso che fosse una buona scelta, o comunque non rifiutabile, oggi sia dichiarato, da tutte le parti in causa, come non più proponibile.
La cosiddetta nuova economia (in senso accademico) presta particolare attenzione alla rivisitazione dei parametri di valutazione del benessere. Il PIL non é più visto in termini “utilitaristici” (Paretiani) ma in termini di benessere umano e ambientale (Amartya Sen). A questo si aggiunga, scostandoci dalla filosofia, che i mercati del futuro saranno incentrati sul consumo di beni immateriali: servizi e intrattenimento.
La teoria della “decrescita felice” (dizione infelice che correggerei con evoluzione intelligente) é sempre più accettata sia nei contesti accademici sia, di conseguenza, in quelli politici. Occorre, a mio avviso, far si che a parità di “valore circolante” (PIL) si riducano i consumi e la produzione di beni materiali, (che sono quelli a maggior impatto ambientale e che, in definitiva, sono oggi consumati, nei paesi occidentali, per una sorta di stupida compulsione, forzata spesso dai messaggi propagandistici e dall’edonismo imperante) a favore dei consumi immateriali, culturali, dell’igiene, della salute e del godimento della natura e degli affetti: interazione e maggiore comunicazione. Si pensi quanto valore crea la produzione di un “contenuto”, un filmato, un gioco, un software, un giornale, … e quanto tempo viene impiegato nel suo consumo (acquisizione- assunzione).
Ciò che crea economia, entropia, valore, sono gli scambi, siano essi di scarpe e vestiti sempre diversi e sempre più inutili; siano essi produzioni immateriali a impatto ambientale quasi zero.
Questo ragionamento, secondo me, porta alla quadratura del cerchio economia v/s sostenibilità ambientale. E’ un ecologismo liberale non ideologico e non minimalista.
In questo contesto evolutivo occorre disegnare la Cagliari del futuro

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