Giorgia Figus
Che strano il nostro tempo! Non potendo sfogare la vis polemica contro i grandi nemici, il capitalismo, i padroni, come accadeva fino agli anni ‘70, rivolgiamo la nostra naturale forza critica a chi ci sta vicino, E così alle grandi solidarietà di un tempo dai collettivi studenteshi, al partito, al sindacato, dentro e fuori il luogo di lavoro, sostituiamo una microconflittualità col coniuge, coi figli, coi colleghi di lavoro. Fin dove può arrivare questo fenomeno? Fino a chiamare “gay” un collega concorrente in un’aspirata promozione. E si possono attraversare vari gradi del giudizio fino alla Cassazione. E’ accaduto a due dirigenti della polizia municipale di Ancona che aspiravano entrambi alla nomina a comandante.
Ma che c’entrano i gay in questa vicenda? C’entrano, c’entrano. Protagonisti: Luciano e Dante, i due aspiranti comandanti dei vigili urbani. In una lettera scritta a Luciano, Dante aveva fatto riferimento “all’essere gay” del rivale, parlando anche di una vacanza trascorsa in montagna, da Luciano, insieme a un marinaio.
E’ ingiurioso scrivere a qualcuno una lettera siffatta? Per la Corte di Cassazione sì. Certo nella missiva si parlava anche d’altro, come dell’abitudine del destinatario della lettere a fare vacanze con persone dello stesso sesso e all’essere stato allontanato da un centro estivo di vacanze per ragazzini. Ma la Suprema Corte ha confermato la multa di 400 euro nei confronti di Dante S., ritenendo corretta la sentenza del Tribunale che aveva ritenuto offensivo l’essere appellato “gay” in uno scritto.In precedenza, per la stessa ragione, la stessa Suprema Corte aveva annullato l’assoluzione dell’imputato decisa dal tribunale.
Dunque in Italia essere chiamati “gay” è offensivo. E’ bene o male? A prima vista è bene. Si protegge la dignità personale di chi lo è e di chi non lo è, ma viene accusato d’esserlo. Ma è proprio così? O, in realtà, è un male? Non significa che nel nostro Paese essere gay è meno dignitoso che essere etero? Se una persona è appellata “uomo” o “donna” in una missiva, nessuno può dolersene se appartiene a quel sesso, anzi può essere inteso come un apprezzamento. Invece, può lamentare d’essere chiamato gay. Segno ch’essere gay non è una condizione di eguale dignità. Non sarà così, ma questa decisione della Cassazione pare avere al fondo una considerazione deteriore della condizione di gay. Come la legge sulla privacy, che qualifica ipersensibili i dati sulle tendenze sessuali delle persone, segno che in Italia non è “normale”, nel rispetto degli altri, avere qualsivoglia tendenza sessuale. Non sentite puzza di sessuofobia, omofobia, di ipocrisia, di conformismo e di perbenismo?
1 commento
1 Marco Liscia
17 Marzo 2010 - 10:33
A mio sommesso parere direi di no. Una persona dotata di cultura ed intelletto che volesse ingiuriare un altro si avvarrebbe di altri epiteti. Tuttavia al mondo non si è tutti uguali per formazione culturale (e sub-culturale), questo deve essere tenuto in considerazione. Anzi direi che considerato il degrado generale l’ingiuria usuale è proprio quella che fa riferimento ad un dato (p.e. l’omosessualità) che di per sé non è né bene né male, e che tuttavia è espressa con l’intenzione di offendere. Ma ancora più sconfortante è che l’offendente fa leva su un comune sentire (ma non universale per fortuna) per il quale l’essere omosessuale è riprovevole, il che rende in qualche modo efficace l’intento offensivo. A questo punto spetta stabilire se è la Corte ad essere prevenuta moralmente oppure il popolo alla quale essa si rivolge, e che pedagogicamente cerca di correggere. Sarebbe interessante leggere le motivazioni della sentenza.
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