Gianna Lai
“Sardegna sciopero generale”. Una fiumana di lavoratori, studenti, pensionati che avanza tra le bandiere del Sindacato e gli striscioni di protesta, e nel mentre continuano ad inserirsi, e a rallentarne il cammino, folti gruppi di manifestanti appena scesi dai pullmann che riempiono i parchegggi della città. Hanno scelto il percorso più lungo e le piazze più grandi gli organizzatori, per poter accogliere tutti, anche se nessuno si aspettava una tale partrcipazione di massa. Evidentemente i 50 mila giunti da ogni parte della Sardegna, hanno creduto fermamente che questo fosse il modo per dimostrare contro la politica, regionale e nazionale, di dismissione dell’industria, di abbandono dei lavoratori al loro destino. Certo, la sofferenza di lunghi mesi trascorsi in estenuanti trattative, poteva cogliersi nei visi preoccupati di giovani e anziani, negli striscioni che semplicemente riportano stampate a grandi lettere i nomi delle fabbriche, delle categorie e federazioni sindacali di provenienza, nella dura critica degli slogan contro una imprenditorialità irresponsabile e un Stato inesistente. Non quella ironia che segna spesso le manifestazioni di protesta, piuttosto la dimostrazione di volerci essere, e in tanti, per opporsi allo smantellamento del lavoro, e alle politiche di rapina delle risorse industriali e del territorio. “Sardegna sciopero generale”, occupa tutta la via Dante, accolto in piazza, dalla sirena dell’ambulanza, da “I sardi del soccorso con i lavoratori in lotta”. Ai bordi della strada centinaia di cagliaritani che voglion verificare tutta l’imponenza della manifestazione prima di unirsi agli altri. Sfilano gli stendardi cittadini e i sindaci, le circoscrizioni cittadine “Siamo con voi”, i lavoratori dell’Alcoa di Portovesme, la FIOM del Sulcis-Iglesiente, i lavoratori dell’Ogliastra, di Nuoro, Portotorres e Sassari, gli edili di Sarroch. I cassintegrati, quelli che hanno perso di recente il posto di lavoro, “Profitti alla faccia dei sardi” lo striscione della Unilever che abbandona Cagliari per delocalizzare, “Globalizzazione=Disoccupazione”. E i lavoratori Igea “Società esplosivi industriali Domusnovas”, prima dei palloncini della scuola CGIL, che protesta contro la politica del governo e della Gelmini, il “Comitato Nessuno a casa- Lavoratori dei luoghi della cultura stabili nel precariato da 20 anni-”. Tutto il mondo del precariato è presente, attraversa con tutte le categorie il corteo dall’inizio alla fine e, per età, i partecipanti si distinguono a mala pena dagli studenti, che fanno blocco a metà della manifestazione. In maniera diffusa si notano striscioni e cappellini rossi dei pensionati dello Spi, politicizzati e propositivi “Tutela dei diritti, sviluppo, occupazione”.
Presa come è nella morsa della crisi, e fortemente coinvolta nella politica di ridimensionamento industriale che travolge anche il terziario, la città partecipa sopratutto con la mobilitazione di studenti medi e universitari. Certo niente di paragonabile alla chiusura totale delle attività e dei negozi durante il recente sciopero generale di Carbonia, tuttavia segnale importante di una solidarietà maturata nel rapporto con le varie categorie. Peccato che a questa forte volontà di opposizione comune, crediamo, a quella dell’intero paese su lavoro, diritti e welfare, manchi una solida sponda di natura politica in grado di recepire le richieste popolari e di tradurle in proposte di ampio respiro, sì da incidere anche a livello di rappresentanza, a livello parlamentare. Eppure gli operai continuano a far sentire dapertutto la loro voce, riempiono i giornali con le notizie sulle loro lotte, mettono alle strette il governo spostandosi in massa nei luoghi dove le decisioni dovrebbero essere prese, come gli operai di Portovesme recentemente hanno fatto di fronte al Parlamento. Chissà che la crisi e la protesta popolare non preparino nuovi scenari in cui donne e uomini più responsabili e consapevoli sappiano individuare i problemi della nostra società e affrontarli con la partecipazione di tutti i lavoratori.
1 commento
1 Michele Podda
6 Febbraio 2010 - 17:32
“Peccato che…manchi una solida sponda di natura politica in grado di recepire le richieste popolari e di tradurle in proposte di ampio respiro…”
“Chissà che la crisi e la protesta popolare non preparino nuovi scenari in cui donne e uomini più responsabili e consapevoli sappiano individuare i problemi della nostra società e affrontarli con la partecipazione di tutti i lavoratori.”
“Anche in questo blog si è parlato spesso del rischio che la democrazia poteva cogliere inseguendo i canoni della governabilità e della semplificazione tramite il totem del presidenzialismo, i due mantra che il centrodestra è riuscito a far introiettare alle forze di centrosinistra con un’abile regia egemonica guidata dai media televisivi”.
“Perché non c’è un politico che li inchiodi alle loro responsabilità visto che è stata questa gente il principale responsabile della scomparsa dell’Italia industriale?”
“Ecco allora che quel rumore sordo dell’elmetto…ci ricorda che la situazione è grave e che è ora che ci svegliamo tutti quanti. Il tempo degli slogan pubblicitari è passato definitivamente, anche se ancora non ce ne siamo resi conto. Purtroppo”.
“Il corteo è stato aperto dai lavoratori dell’Alcoa e da uno striscione con scritto ”Lavoro, sviluppo, autogoverno: dalla crisi alle opportunita”’.
“Da 20 anni vado in piazza e questa è stata la manifestazione più partecipata ma più triste di tutte quelle cui ho partecipato, e non sono poche”. (Massimo)
Caro Massimo, SPERIAMO CHE PIOVA…!
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