Gianluca Scroccu
Chi, mercoledì 3 febbraio, ha avuto modo di guardare la trasmissione “Tetris”, condotta da Luca Telese su La 7, sarà sicuramente rimasto colpito (e commosso) dalla rabbiosa dignità espressa dalla coppia dei lavoratori del Sulcis. Sta succedendo qualcosa in questo Paese: la bolla pubblicitaria che ha di fatto depoliticizzato la scena pubblica dalla caduta del governo Prodi in poi sembra iniziare ad aprirsi, seppur per piccoli squarci. Purtroppo a causa della ferocia di questa crisi finanziaria che arriva per ondate, travolgendo il vissuto e la normale quotidianità di persone che ritenevano di aver raggiunto, pur lavorando sodo ogni giorno, un minimo di speranza per il futuro. Non è certo lo scenario politico, specie dell’opposizione, a indicare che così non si può più andare avanti. È in quello sbattere ritmicamente il casco del marito lavoratore dell’Alcoa che è sembrata echeggiare quella voglia di farsi sentire che una politica cieca e sorda non riesce ad intercettare. Quante questioni sono scomparse dietro le retoriche della flessibilità e della globalizzazione da guidare paciosamente, perché, sono le parole recenti di un già ex segretario dei Ds e del Pd, “il socialismo è morto”? Quanta stoltezza in queste parole (se queste persone avessero studiato la storia dell’Ottocento e del Novecento)!
Ad esempio, abbiamo parlato per settimane di Craxi senza soffermarci in concreto su come in quella figura si fossero manifestate con vent’anni d’anticipo alcune delle deficienze e delle aporie più gravi dell’attuale classe dirigente del centrosinistra. Non la corruzione, pur elemento certo non secondario, ma l’incapacità di pensare in modo critico le teorie economiche neoliberiste, subendole e accettandole passivamente solo per avere più possibilità di conquistare il potere (un qualcosa di ben diverso dalla questione dell’essere forza di governo).
Anche in questo blog si è parlato spesso del rischio che la democrazia poteva cogliere inseguendo i canoni della governabilità e della semplificazione tramite il totem del presidenzialismo, i due mantra che il centrodestra è riuscito a far introiettare alle forze di centrosinistra con un’abile regia egemonica guidata dai media televisivi. Berlusconi sa che ridurre la complessità del mondo attuale significa semplificare i problemi per meglio nasconderli. Se a questo si aggiunge il processo di dissoluzione dell’opposizione ecco che si raggiunge la stasi attuale. Parole come velocità, grandi opere, fannulloni, bamboccioni: slogan che coprono l’assenza di politica. E intanto i cittadini disinformati non sanno nulla di quello che sta succedendo sui conti dei Paesi dell’area Euro, ad iniziare da quelli greci o dai nostri; del problema del riscaldamento globale dopo il flop di Copenaghen; di come la Cina stia acquistando risorse naturali e opzioni di sfruttamento sulle risorse idriche in Africa o Sudamerica. O ancora, perché non si parla di questi imprenditori che dopo aver spolpato asset industriali strategici nel campo della telefonia o dell’aeronautica, oramai hanno capito che con la crisi conviene andare alla ricerca dello sfruttamento di beni pubblici tipo acqua o pedaggi autostradali e delle loro sostanziose rendite? Perché non c’è un politico che li inchiodi alle loro responsabilità visto che è stata questa gente il principale responsabile della scomparsa dell’Italia industriale? Perché deve farlo un comico tramite il suo blog?
Sino ad arrivare alla scuola e all’università, che rischiano sempre più di configurarsi come un parcheggio pluriennale privo di prospettiva per i nostri ragazzi, specie per i figli dei ceti medi e medio bassi, i nuovi poveri del XXI secolo (ma non erano quelli che avrebbero dovuto godere dei vantaggi dei nuovi lavori flessibili?).
Poca partecipazione e scarsa informazione: così si è annichilita la politica in questo Paese. Se il popolo non sa non può riflettere e criticare l’operato del governo o dei dirigenti dei partiti del proprio schieramento che oramai non distinguono più tra incarico istituzionale e politico. Una bolla che per molti ha iniziato a lacerarsi quando in casa è arrivato il licenziamento o la cassa integrazione, perchè allora sì che ci si è scontrati con la vera realtà. Un tempo, però, i partiti e il sindacato erano in grado di intercettare le domande nei momenti di crisi, o quantomeno di rendere meno frammentaria la capacità di opporsi ad un sistema pieno di ingiustizie. Oggi non più perché non esiste, come dice Vendola, un alfabeto, specie a sinistra. Eppure sappiamo che l’uomo si è evoluto solo quando è stato in grado di esprimersi e di costruire parole! Ecco allora che quel rumore sordo dell’elmetto sbattuto sul selciato di Montecitorio e dopo sul pavimento di uno studio televisivo (da una donna, lavoratrice e madre, e anche questo ci dovrebbe dire qualcosa!) ci ricorda che la situazione è grave e che è ora che ci svegliamo tutti quanti. Il tempo degli slogan pubblicitari è passato definitivamente, anche se ancora non ce ne siamo resi conto. Purtroppo.
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