Red
Secondo il Cavaliere la crisi era (versone soft) una sensazione dell’animo, anzi delle anime tristi e dunque strutturalmente pessimistiche, oppureè solo frutto della solita propaganda comunista (versione hard). “Era”, perché per il Cavaliere, semmai è esistita, lla crisi è sempre cosa passata.
Le cifre, invece, ci parlano di un dramma. Ed infatti il tasso di disoccupazione a dicembre é salito all’8,5% dall’8,3% di novembre. E non lo dicono le anime tristi né i comunisti. Lo rileva l’Istat, precisando che è il dato peggiore da gennaio 2004, inizio delle serie storiche. I senza lavoro sono 2.138.000, 57mila in più rispetto a novembre e 392mila in più rispetto a dicembre 2008.
L’Istat segnala che il tasso di disoccupazione a dicembre era di 1,5 punti più alto rispetto al 7% del dicembre 2008 con un incremento percentuale del 22,4%. La disoccupazione giovanile (tra i 15 e i 24 anni) ha raggiunto a dicembre 2009 il 26,2% con un aumento di tre punti rispetto allo stesso mese del 2008. Il tasso di disoccupazione è salito a dicembre rispetto a novembre a fronte di una sostanziale tenuta congiunturale dell’occupazione (+7.000 unità) a causa anche dell’entrata sul mercato di nuove forze di lavoro e della riduzione dell’area di inattività nella fascia tra i 15 e i 64 anni (-0,1% su novembre).
Le donne appaiono leggermente meno penalizzate dalla crisi. E sapete perché? Soprattutto a causa del loro impiego nel terziario piuttosto che nell’industria, comparto questo che ha subito le perdite maggiori. Le donne poi - si sa - si arrangiano a fare tanti mestieri, dalle pulizie all’assistenza dei bambini o dei vecchhi. E’ per questo che paiono guidare la ripresa occupazionale. Ma è solo frutto della loro adattabilità alle situazioni.
L’occupazione maschile a dicembre infatti è pari a 13.687.000 unità con un calo dello 0,1% rispetto a novembre (-10.000 unità) e dell’1,8% rispetto a dicembre 2008 (-245.000 unità). L’occupazione femminile è pari a 9.227.000 con un aumento rispetto a novembre dello 0,2% (+17.000 unità) a fronte di una riduzione dello 0,7% (-61.000 unità) su dicembre 2009.
La situazione è molto pericolosa se si allarga lo sguardo a livello europeo. In dicembre la disoccupazione nei 16 Paesi dell’area euro è salita al 10%, contro il 9,9% rivisto di novembre. Nel dicembre di un anno fa era all’8,2%. Non c’è più la valvola di sfogo dell’emigrazione, che un tempo attenuava la crisi nel nostro Paese. Si tratta del tasso più elevato nella zona dell’euro dall’agosto 1998. Il più elevato della zona euro e tra i più alti in Ue resta quello della Spagna al 19,5%. Secondo stime Eurostat, a dicembre i disoccupati erano nell’Ue 23,012 milioni di cui 15,763 milioni nell’eurozona. In un anno la disoccupazione è aumentata di 4,628 milioni nell’Ue e di 2,787 milioni nella zona dell’euro
C’è da aver paura. Cosa farà questo esercito di disoccupati? Per di più non ci sono partiti comunisti o forti partiti socialisti a guidare il malcontento. Erano pur sempre organizzazioni che indirizzavano la protesta verso obiettivi politici o sindacali. Oggi, in tempi di populismo, questa massa può anche avere sbocchi politici impensati, con gravi rischi per la tenuta democratica.
2 commenti
1 Cristian Ribichesu
30 Gennaio 2010 - 09:18
Rimango allibito per la tragedia che si sta manifestando nella scuola e per i lavoratori della scuola stessa. Alcuni dicono che questo succede perchè non si ha un’idea di scuola, ma non è così. Ribadisco che basterebbe diminuire il numero massimo degli alunni per classe (non bisogna, avendo più classi, costruire più stabili, basta far ruotare le classi in turni tra mattina e sera) per avere più qualità nell’istruzione, cittadini più preparati, e più posti di lavoro anche per gli insegnanti precari, già preparati, che da anni aspettano la stabilizzazione, e con il loro ingresso nella scuola ringiovanirebbero la media d’età degli insegnanti italiani, i più anziani d’Europa. Faccio presente che solo in Sardegna, e senza contare il 2008, nel 2009 sono state tagliate 2000 persone nelle scuole, persone che sono a casa con una disoccupazione che arriverà solo fino a giugno e di cui nessuno si sta preoccupando. Ovviamente la soluzione non è la disoccupazione ma il lavoro, e dagli sprechi, o da spese che con l’assunzione di più insegnanti diminuirebbero, come i progetti extra-scolastici serali, sia con i fondi d’istituto che con quelli regionali, si potrebbero assicurare gli stipendi di molti docenti (ma gli sprechi sono tanti, e non solo nella scuola, e si potrebbero individuare con precisione). I dati della disoccupazione sono arricchiti dai perdenti posto della scuola, che in 3 anni saranno 144.000 in Italia (moltiplicate per il numero dei familiari coinvolti e aumentate la cifra). Non si capisce il danno che si sta creando aumentando gli alunni per classe fino a 30, togliendo le ore a disposizone degli insegnanti alle medie, e tagliando persone che, tra l’altro, hanno vinto concorsi e corsi concorsi come le scuole di specializzazione (mica come le vecchie immissioni in ruolo anche solo con diploma). Ovviamente, visto l’allineamento degli esponenti del Pdl in modo acritico, perchè tra questi non ho mai sentito nessuno o letto dichiarazioni che fossero contrarie a questi tagli nella scuola (la pensano perfettamente tutti allo stesso modo? è possibile?), mi aspetterei una difesa almeno da parte degli esponenti politici delle varie opposizioni, ma a me sembra che intorno ci sia troppo silenzio, e non basta dire che si è contrari, in modo estemporaneo, o che addirittura gli altri non vogliono far niente o non ne parlano. Insomma, l’enorme dramma che si sta verificando attorno alla scuola e ai danni, oltre che degli studenti e dello Stato, dei precari iper-specializzati, a me sembra sia il frutto del silenzio assenso anche degli esponenti politici dei partiti diversi dal Pdl, che con il silenzio si rendono complici. Intanto, ripeto, nella scuola ci sono molti disoccupati, i progetti regionali e il famoso accordo Stato-regione, non sono funzionanti, e si può dire che anche la Sardegna, per i lavoratori della scuola, non abbia fatto nulla. Il miglioramento socioeconomico può passare solo attraverso il miglioramento dell’istruzione, e con la ricerca e l’istruzione ci sarebbero meno vantaggi per tutti. Quando si vuole, anche le opposizioni o gli altri partiti riescono a creare un’intesa con la maggioranza, e trovare una vera soluzione (in alcune zone d’Italia stanno lavorando in tal senso e ci sono riusciti), evidentemente in Sardegna non si ha a cuore la sorte della scuola e dei suoi lavoratori.
2 Cristian Ribichesu
30 Gennaio 2010 - 17:08
Leggo l’articolo apparso sul sito Democraziaoggi del prof. Pubusa,
https://www.democraziaoggi.it/?p=1216#comments , e mi mancano le parole per le cifre della disoccupazione, ma anche per il silenzio che avvolge quelle riguardanti i perdenti posto nell’istruzione.
Rimango allibito per la tragedia che si sta manifestando nella scuola e per i lavoratori della scuola stessa. Alcuni dicono che questo succede perché non si ha un’idea di scuola, ma non è così. Ribadisco che basterebbe diminuire il numero massimo degli alunni per classe (non bisogna, avendo più classi, costruire più stabili, basta far ruotare le classi in turni tra mattina e sera) per avere più qualità nell’istruzione, cittadini più preparati, e più posti di lavoro anche per gli insegnanti precari, già preparati, che da anni aspettano la stabilizzazione, e che con il loro ingresso nella scuola ringiovanirebbero la media d’età degli insegnanti italiani, i più anziani d’Europa. Faccio presente che solo in Sardegna, e senza contare il 2008, nel 2009 sono state tagliate 2000 persone nelle scuole, persone che sono a casa con una disoccupazione che arriverà solo fino a giugno e di cui nessuno si sta preoccupando. Ovviamente la soluzione non è l’indennità di disoccupazione ma il lavoro, e dagli sprechi, o da spese che con l’assunzione di più insegnanti diminuirebbero, come i progetti extra-scolastici serali, sia con i fondi d’istituto che con quelli regionali, si potrebbero assicurare gli stipendi di molti docenti (ma gli sprechi sono tanti, e non solo nella scuola, e si potrebbero individuare con precisione, senza applicare la logica dei tagli orizzontali e verticali, ma quella dei tagli oculati). I dati della disoccupazione sono arricchiti dai perdenti posto della scuola, che in 3 anni saranno 144.000 in Italia (moltiplicate per il numero dei familiari coinvolti e aumentate la cifra). Non si capisce il danno che si sta creando aumentando gli alunni per classe fino a 30, togliendo le ore a disposizione degli insegnanti alle medie, e tagliando persone che, tra l’altro, hanno vinto concorsi e corsi concorsi come le scuole di specializzazione (mica come le vecchie immissioni in ruolo anche solo con diploma). Ovviamente, visto l’allineamento degli esponenti del Pdl in modo acritico, perché tra questi non ho mai sentito nessuno o letto dichiarazioni che fossero contrarie a questi tagli nella scuola (la pensano perfettamente tutti allo stesso modo? è possibile?), mi aspetterei una difesa almeno da parte degli esponenti politici delle varie opposizioni, ma a me sembra che intorno ci sia troppo silenzio, e non basta dire che si è contrari, in modo estemporaneo, o che addirittura gli altri non vogliono far niente o non ne parlano. Insomma, l’enorme dramma che si sta verificando attorno alla scuola e i danni, oltre che degli studenti e dello Stato, dei precari iper-specializzati, a me sembrano sia il frutto del silenzio assenso anche degli esponenti politici dei partiti diversi dal Pdl, che con il silenzio si rendono complici. Intanto, ripeto, nella scuola ci sono molti disoccupati, i progetti regionali e il famoso accordo Stato-regione non sono funzionanti, e si può dire che anche la Sardegna, per i lavoratori della scuola, non abbia fatto nulla. Il progresso socio-economico può passare solo attraverso il miglioramento dell’istruzione, e con la ricerca e l’istruzione ci sarebbero meno svantaggi per tutti, e la possibilità della creazione dei posti di lavoro locali, con la formazione delle competenze tecniche in Sardegna, e magari la possibilità d’incentivare la creazione di imprese e industrie di sardi o italiani. Quando si vuole, anche le opposizioni o gli altri partiti riescono a creare un’intesa con la maggioranza, o comunque a spingere per un accordo comune, trovando una soluzione per i lavoratori perdenti posto (in alcune zone d’Italia stanno lavorando in tal senso e ci sono riusciti). Evidentemente in Sardegna non si ha a cuore la sorte della scuola e dei suoi lavoratori.
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