Gianluca Scroccu
Nella storia della Sardegna ci sono persone ingiustamente dimenticate, uomini e donne che seppero essere coerenti con le loro idee pagando per questo prezzi molto duri, ma che hanno lasciato a tutti i sardi un’eredità importante sul piano della conservazione del patrimonio culturale regionale. Enrico Costa è uno di questi personaggi.
Socialista, antifascista ma soprattutto appassionato fotografo e cinedocumentarista di rara sensibilità visiva, la sua figura è stata già ricordata nei giorni scorsi in questo blog e in un affollato incontro nell’aula consiliare del Palazzo Regio di Cagliari promosso dall’associazione “Socialismo Diritti Riforme”, con la collaborazione degli eredi Costa e il patrocinio della presidenza della Provincia.
Nato a Cagliari nel 1909, nipote dell’omonimo romanziere, dopo essersi laureatosi in Economia e Commercio Enrico Costa insegnò inglese in una scuola privata del capoluogo. Di idee socialiste, frequentò il circolo intellettuale antifascista riunitosi intorno alla libreria Il Nuraghe di Cagliari; grazie alle conoscenze linguistiche, divenne il principale traduttore dei messaggi trasmessi dalla Bbc attraverso Radio Londra. Questa sua importante opera di antifascismo civile non sfuggì all’Ovra che lo fece arrestare, insieme ad altri compagni, con l’accusa di attività sovversiva. Dopo la condanna del Tribunale Speciale, giudicato individuo pericoloso e «animato da disfattismo», venne anche rinchiuso in un manicomio a Roma, esperienza che l’avrebbe duramente segnato.
Tornato a Cagliari, Costa divenne fotografo anche se la sua attività venne bruscamente interrotta dai terribili bombardamenti su Cagliari. Sfollato a Sinnai, riuscì ad aprire un piccolo studio fotografico che sarebbe diventato un punto di riferimento per gli Alleati sbarcati in Sardegna nel settembre 1943, incuriositi da un cartello pubblicitario posizionato dal fotografo in via Garibaldi che li invitava a farsi ritrarre nel suo studio. Il poter conversare direttamente con i militari lo fece diventare in breve tempo responsabile dello sviluppo e della stampa delle foto realizzate dai soldati americani nel tempo libero. In quegli anni entrò in contatto con le moderne tecnologie di ripresa d’oltreoceano che fecero nascere in lui la passione per il cinema documentario portata avanti, nonostante la scarsità di mezzi, anche grazie ad una curiosità che lo avrebbe spinto a modificare vecchi apparecchi a manovella.
Un’attività di documentarista sviluppatasi pienamente negli anni dell’Autonomia ma che non fu facile, tanto per la potenza delle grandi produzioni continentali quanto per l’ostracismo di certi funzionari regionali dal passato ex-fascista convertitisi poi alla democrazia. Costa riuscì comunque a realizzare tra le migliore opere dedicate alla Sardegna, molte delle quali, purtroppo, sono andate perdute. Tra quelle che si conservano ancora oggi, girate tra la fine degli anni Quaranta e gli anni Sessanta, si possono ricordare il bellissimo documentario di undici minuti su Sant’Ignazio da Laconi, o quelli sulla discesa dei Candelieri di Sassari e sulle coste sarde. Opere che rivelano un profondo senso estetico delle inquadrature e una grande sensibilità etnografica nel valorizzare i primi piani di volti che ci raccontano le sofferenze di un’isola ancora immersa nel sottosviluppo ma avviata sulla via della Rinascita.
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