Incostituzionale tre volte: parola del CSM

10 Dicembre 2009
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Red

Netta bocciatura della Sesta Commissione del Csm per il provvedimento salva Berlusconi voluto dalla maggioranza e che ha come primo firmatario Maurizio Gasparri. Pollice verso anche sulle ottimistiche previsioni sull’impatto previsto dal ministro della Giustizia Alfano.
Il parere, passato a larga maggioranza, con il solo voto contrario del laico del Pdl Gianfranco Anedda, sarà discusso dal plenum del CSM in una seduta straordinaria; un percorso accelerato, come ha spiegato il vice presidente Nicola Mancino, perché il Gaurdasigilli, che ne è il destinatario, possa trasmetterlo a sua volta in tempo utile alla Commissione Giustizia del Senato, che nella serata di lunedì comincerà la discussione.
Della stroncatura del provvedimento da parte dei consiglieri “prende atto” il presidente della Commissione Giustizia del Senato Filippo Berselli, ribadendo però che “le leggi le fa il Parlamento e non il Csm”. Mentre il Pd invita il ministro ad ascoltare Palazzo dei marescialli e a ritirare il processo breve, il leader dell’Italia dei valori Antonio Di Pietro si appella al capo dello Stato perché ponga fine alle eversioni allo Stato di diritto.
Ma cosa dicono i consiglieri di Palazzo dei marescialli? Il ddl viola più principi costituzionali, a cominciare da quelli dell’obbligatorietà dell’azione penale, del giusto processo e dell’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge. Tutto questo non solo perché ponendo termini perentori alla conclusione del processo impedisce che nei casi più complessi si possa arrivare all’accertamento delle responsabilità, ma anche perché crea disparità di trattamento irragionevoli, escludendo dalla nuova disciplina alcuni reati (come per esempio quello di immigrazione clandestina, che è pure una semplice contravvenzione) e i recidivi.
La Commissione si sofferma soprattutto sul “tradimento” del giusto processo: la disciplina che si vuole introdurre “non sembra adeguatamente considerare i principi sanciti dall’articolo 111 della Costituzione”, che vuole una giustizia rapida ma non superficiale; “né sembra legittimata dalla giurisprudenza della Corte di Strasburgo sui diritti dell’uomo”. E per spiegare quanto sia poco comprensibile prevedere termini così rigidi per la conclusione di un processo (sei anni complessivi, due per ogni grado di giudizio), a prescindere dalla sua complessità, la Commissione usa un’immagine efficace: “é come assegnare due ore per ogni intervento chirurgico”. L’allarme dei consiglieri riguarda soprattutto quella che viene ritenuta la sicura amnistia per i reati contro la pubblica amministrazione e in particolare per la corruzione: è in contrasto anche con gli impegni presi dall’Italia in sede internazionale, avvertono i consiglieri, richiamando la Convenzione dell’Onu firmata dall’Italia nel 2003 e ratificata proprio quest’anno, che impegna i firmatari a perseguire questo reato, anche adottando termini lunghi di prescrizione.
Quanto al numero dei processi che saranno cancellati il Csm smentisce le rosee previsioni di Alfano, sulla base dei dati raccolti nelle audizioni dei procuratori e dei presidenti dei tribunali dei principali distretti giudiziaria: i processi che finiranno nel nulla vanno da un minimo del 10 a un massimo del 60%. Tra le situazioni più allarmanti quella di Roma dove, secondo il Csm, saranno buttati a mare il 45% dei processi pendenti davanti a gip e gup; il 70% dei dibattimenti monocratici e collegiali; e il 90% dei procedimenti pendenti davanti al giudice di pace. Una sorte che nella capitale riguarderà, tra gli altri, il processo a Lady Asl e Calciopoli. Ma le conseguenze potrebbero essere anche peggiori, visto che il processo breve farà crollare, segnala la Commissione, il ricorso ai riti alternativi. Dati ancora più preoccupanti nel civile: a Bari finirà nel nulla il 67% dei processi, a Bologna il 50%, a Milano il 41%, a Palermo il 43%, a Torino il 23% a Venezia il 46%.

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