Red
Dunque le navi cariche d’immondezza napoletana tornano sul porto di Cagliari. Al tempo della prima importazione avevamo posto alcuni quesiti.
Proviamo a ricordarne qualcuno. C’è giustificazione alla unilateralità della decisione del Presidente Soru? E’ ammissibile che il sistema istituzionale sardo conosca dell’arrivo delle navi da Napoli dalla televisione? E’ eccessivo lo sconcerto nel sapere che gli amministratori locali (Sindaci e Presidenti delle Province) non vengono coinvolti? E’ ammissibile che si mantenga il segreto sulla qualità dei carichi? E’ giustificata la militarizzazione delle operazioni prima con De Gennaro (quello del G8 di Genova) e ora, ancor più, con Bertolaso? Ed ancora quale base giuridica ha il trasporto e lo smaltimento in Sardegna se una legge regionale lo vieta espressamente? Si allude all’art. 6, comma 19, della legge della Regione Sardegna 24 aprile 2001, n. 6, che espressamente fa «divieto di trasportare, stoccare, conferire, trattare o smaltire, nel territorio della Sardegna, rifiuti, comunque classificati, di origine extraregionale», Una norma - si badi - che un anno e mezzo fa è stata dichiarata costituzionalmente legittima dalla Corte costituzionale (sent. n. 12/2007), esattamente nella parte in cui vieta l’importazione nell’Isola di rifiuti ordinari, ritenendo invece illegittimo il divieto di quelli speciali pericolosi.
Insomma, tanti quesiti, che hanno una sola risposta. In un sistema democratico qualunque finalità, piccola o grande, che interessi o susciti emozioni nell’opinione pubblica non può essere assunta se non in modo legittimo, trasparente, attraverso l’informazione e il coinvolgimento dei soggetti istituzionali interessati e dei cittadini. Le decisioni pubbliche e motivate creano dibattito, consensi e opposizioni anche aspre, com’è d’uso in democrazia. Ma anche chi non le considera giuste, le accetta perché è democratica la procedura. Le segretezze, le imperscrutabilità, le decisioni unilaterali suscitano sospetti e reazioni, al di là del merito. In ogni caso non sono giustificate.
Ma gli interrogativi aumentano e diventano angosciosi oggi. Il nuovo Governo, nella sua folle rincorsa verso le posizione neocons estreme, dice di voler tornare al nucleare. Com’è noto, la questione più sconvolgente sollevata dal nucleare sono le scorie. Rifiuti radioattivi per milioni o migliaia di anni. Nessun governo, anche dove ci sono centrali nucleari, ha ancora risolto il problema dello stoccaggio definitivo. E’ un problema che la scienza non ha ancora risolto. Non è allarmismo, allora, ma puro esercizio di razionalità, ricordare che la memoria umana è corta: sono stati dimenticati i luoghi che custodiscono le spoglie dei più grandi uomini che hanno calcato la terra, da Alessandro a Cesare a Carlo Magno. Sono stati scordati i siti in cui sono sorte importanti capitali del passato. Come si potrà mantenere la memoria dei luoghi di ricovero dei rifiuti nucleari? Inoltre, il mondo è stato e sarà sconvolto da cataclismi, terremoti, maremoti e altri sommovimenti. Come incideranno questi eventi su quei siti, ormai abbandonati e dimenticati? Ed, infine, è corretto, sul piano etico, lasciare alle generazioni future un onere così pesante? In fondo, dato che già si prospettano fonti diverse, è un lascito immane per risolvere problemi che, dal punto di vista storico, sono solo contingenti.
Ma torniamo a noi. Ricordate il gen. Carlo Jean? A cavallo dei due secoli, nella sua veste di esperto e di commissario di governo, propose di stoccare nelle miniere sarde i rifiuti nucleari. La manovra fu sventata da una mobilitazione di massa, che – raro caso nella storia autonomista – fu subito raccolta dal Consiglio regionale appunto nella legge 24 aprile 2001, n. 6, che sancì il divieto di importazione nell’Isola di qualunque tipo di rifiuto esterno. Ora, la palese violazione di questa legge da parte di chi ha il dovere di custodirla e di assicurarne il rispetto (il Presidente), pone un quesito inquietante. Quali garanzie abbiamo noi sardi a fronte di una sicura, ancorché illegittima, scretazione dei siti di stoccaggio delle scorie delle future centrali nucleari? E quale affidamento possiamo fare sui nostri governanti, dopo il disinvolto “tradimento” della legge regionale vigente, da parte di chi è preposto a farla rispettare? Non sono queste legittime, ragionevoli ed elementari pretese di partecipazione democratica? Ed allora è eccessivo chiedere a Soru e agli altri candidati alle prossime regionali di assumere un impegno esplicito su questi delicati problemi? Un chiarimento in proposito è necessario e doveroso. Anziché abbandonarsi a deteriori tatticismi o a contrattare conferme o nuove candidature, non vi sembra il caso che le forze politiche e gli aspiranti candidati debbano parlar prima dei problemi e dei programmi. O anche chiedere questo è lesa maestà?
Rifiuti: di grazia, possiamo chiedere di sapere?
29 Maggio 2008
3 Commenti
3 commenti
1 Cristina
29 Maggio 2008 - 11:28
Vorrei ricordare che la legge regionale n. 8/2001 (che si è tentato di abrogare con il referendum regionale del 12-13 giugno 2005 che non ha raggiunto nemmeno il quorum) consente l’introduzione di “(…) rifiuti di origine extra-regionale” da utilizzare come materie prime, e in virtù di questa legge la Portovesme srl tratta i cosidetti “fumi di acciaieria”dando lavoro a 850 dipendenti diretti (dati Unione Sarda 2005). Come è evidente quindi il problema dei rifiuti in Sardegna è un problema complesso che va discusso in modo approfondito prendendo in considerazione tutti gli aspetti.Per quanto riguarda il caso campano vi è un grosso rischio immediato per la salute pubblica che forse le regioni più responsabili (?) dovrebbero cercare di fare in modo che non si realizzi.
2 A.P.
29 Maggio 2008 - 19:58
Ha ragione Cristina, la l.r. n. 8/2001 dispone che il divieto di cui alla legge regionale 24 aprile 2001, n. 6 non si applica “ai rifiuti di origine extraregionale da utilizzarsi esclusivamente quali materie prime nei processi produttivi degli impianti industriali ubicati in Sardegna e già operanti alla data di approvazione della presente legge, non finalizzati al trattamento e allo smaltimento dei rifiuti”. Si sà i rifiuti possono essere anche un business. E dunque è bene non essere chiusi. Tuttavia, la disposizione non smentisce, ma conferma il divieto per l’importazione di rifiuti del tipo di quelli in arrivo da Napoli, che sono destinati allo smaltimento. Si pone, dunque, una questione pregiudiziale di legalità. Come si può autorizzare l’importazione e il trattamento se esso è vietato dalla legge regionale? E come fà il Presidente, che è il custode della legalità autonomista, ad autorizzare un’attività che è vietata dalla legge regionale? Siamo tutti d’accordo sulla solidarietà, ma essa deve svolgersi nel rigoroso rispetto della legge. Tanto più oggi che il quadro costituzionale e normativo è sotto il tiro delle destre e la questione rifiuti viene militarizzata. In ogni caso, non si può non concordare con Cristina, si tratta di questioni molto rilevanti e talora complesse; ma, proprio per questo, su di esse tutto è ammesso fuorché la decisione solitaria. Occorre informazione e partecipazione. E ciò tanto più è necessario in vista della scelta di siti di stoccaggio dei rifiuti nucleari, di cui ci si dovrà per forza occupare nel momento in cui il governo intende (sciaguratamente) impiantare centrali nucleari. Anzi, bisogna occuparsi anche dei siti di queste ultime. Ed allora è troppo chiedere che siano investite delle questioni l’insieme delle istanze in cui si esprime la democrazia? Non è bene lavorare a trovare soluzioni razionali e condivise, anziché imposte? O sapendo che l’uomo solo al comando vuol rimanere tale, dobbiamo, per non contrariarlo e non offendere la sensibilità dei suoi ultras, smettere di pretendere di essere cittadini informati e attivi anziché destinatari passivi di decisioni assunte da altri? Mi pare che chi chiede partecipazione avanzi la più elementare pretesa democratica: discutere pacatamente e serenamente. O no?
3 cristina
30 Maggio 2008 - 23:04
Informazione, consapevolezza e partecipazione…parole sacrosante
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