Obama sacrifica il vento pacifista alla ragion di Stato?

2 Dicembre 2009
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Amsicora

“Prima si arriva e prima si riparte”. Questa è la linea di Obama per l’Afghanistan. Tre anni e via. Prima distruggere al Qaida e impedirne il ritorno in Afghanistan e Pakistan, e poi partire. Per l’operazione servono 30.000 militari americani in più entro l’inizio dell’estate 2010, ma il grosso delle truppe sarà di ritorno in patria entro il 2013.
Che dire? Sette anni fa proprio a West Point, l’accademia dove si formano le elite militari USA, l’allora presidente George W. Bush tenne a battesimo la dottrina sulla guerra preventiva. Obama, sette anni fa, da senatore, aveva tuonato contro l’imminente invasione dell’Iraq, affermando di “non essere contro tutte le guerre, ma solo contro le guerre stupide”. Ora, da presidente, sembra giungere allo stesso risultato dopo tre mesi di discussioni con ministri, generali e con un ampio ventaglio di leader alleati (oggi la tedesca Angela Merkel e il polacco Tusk) “perché l’Afghanistan non è un problema di un solo paese ma di tutto il mondo”, ha detto il portavoce Robert Gibbs.
Non è stata una decisione facile per il presidente che la prossima settimana a Oslo accetterà il premio Nobel per la pace. In tempi di recessione, l’opinione pubblica negli Usa è ostile all’escalation. Se l’opposizione repubblicana applaude, i progressisti sono in fermento. I pacifisti di CodePink hanno già manifestato davanti alla Casa Bianca e da New York a Berkeley i democratici liberal scenderanno in piazza. Non c’è dubbio che le intenzioni di Obama siano diverse da quelle di Bush. C’è già il calendario del rientro e c’è un coinvolgimento degli alleati nelle decisioni. Ma i risultati sono al fondo identici, e, all’epoca, Obama, da senatore, in solitudine aveva votato contro.
Quello annunciato “é lo sforzo finale”, ha detto Gibbs. Dopo i rinforzi di oggi Obama non intende mandarne altri. Alle truppe USA si aggiungono almeno cinquemila soldati di almeno otto nazioni alleate tra cui l’Italia (fino a 800 uomini in più). E’ quasi quanto chiesto dal comandante delle truppe americane e Nato nella regione, Stanley McChrystal. Con quali obiettivi? Impedire che i Talebani rovescino il governo di Kabul e condurre l’Afghanistan ad un’accettabile ordine democratico. In questa direzione a Karzai Obama ha chiesto impegni precisi, tra cui l’istituzione di tribunali anti-corruzione. Inoltre, le forze Usa saranno affiancate da unità specifiche dell’esercito afghano in un nuovo sforzo di trasformare le forze locali in una entità combattente autonoma. Riportata la situazione alla normalità, c’è la prospettiva di una presenza ridotta di truppe Usa in Afghanistan, come gli Stati Uniti hanno fatto in Germania, Giappone, Corea del Sud e Bosnia.
Finora è stato un fiasco e non si capisce perché d’ora innanzi dovrebbe funzionare. Obama, più che cavalcare il vento pacifista che lo ha portato alla Casa Bianca, sembra riassorbito dalla ragion militare . “Di più e più in fretta”, è uno slogan efficace, ma che non convince.

1 commento

  • 1 Bomboi Adriano
    2 Dicembre 2009 - 12:24

    Rwanda 1994: 1 milione di morti (e senza l’impiego di alcuna arma moderna). L’occidente non aveva intenzione di investire un solo dollaro per calmierare la situazione. Bisogna andare avanti con una seria strategia, senza lasciare il Popolo Afghano in balia di una teocrazia (che potrebbe tornare) e che noi stessi occidentali contribuimmo a creare con il Talebanismo dopo l’invasione sovietica del 1979 e con l’indifferenza generale seguita al crollo dell’URSS. E poi ci sono i vari interessi geopolitici, quelli che nel mondo moderno sono miscelati alla retorica della democrazia. Ma andarsene oggi non avrebbe alcun senso politico, economico o umanitario.

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