Assemblea del popolo sardo: dimenticati i lavoratori

2 Dicembre 2009
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Elena Zolo - Rete 28 Aprile CGIL Sardegna

Quanto è avvenuto  nel corso della così detta “Assemblea del Popolo Sardo”, promossa da Cgil, Cisl e Uil è estremamente grave. I fatti odierni impongono una seria riflessione sull’idea di democrazia, sulla idea stessa di sindacato a partire dal ruolo stesso che il sindacato deve avere.
Quel che è successo oggi è grave perché chi l’ha organizzata ha dimenticato i lavoratori, che non hanno potuto portare il proprio contributo al dibattito ed è grave perché al termine della assemblea è stato distribuito un documento (preconfezionato) anche a nome della Cgil con contenuti mai discussi e approvati in nessun organismo della Cgil e nemmeno fatto votare nella cosi detta “Assemblea del popolo sardo”.
L’assemblea è stata organizzata da Cgil, Cisl e Uil con interventi blindati. Hanno potuto parlare l’Assessore Regionale al Lavoro (Cappellacci era assente a causa della febbre), i presidenti delle associazioni datoriali, i rappresentanti della chiesa, del volontariato, della stampa.., ma i promotori non hanno previsto nessuno intervento dei lavoratori.
Con il passare delle ore questa grave esclusione ha fatto montare la rabbia dei lavoratori, quelli della Eurallumina, presenti in tuta da lavoro e casco, hanno chiesto di fare intervenire un loro portavoce e, sentendosi negare questa possibilità, hanno fortemente manifestato il proprio disappunto.
La presidente dell’assemblea ha dichiarato che siccome non sono solo i lavoratori della Eurallumina ad avere problemi ma anche quelli di Porto Torres, di Ottana, della Alcoa, ecc. non avrebbe parlato nessun lavoratore e si sarebbe proceduto come programmato.
Solo a fine assemblea, in seguito alle sempre più rumorose proteste e manifestazioni di vera indignazione di tanti, è stato consentito ad un lavoratore della Alcoa di parlare, a nome di tutti i lavoratori in lotta, per un paio di minuti.
Sarebbe stato invece opportuno, in un momento difficile come quello attuale, consentire ai lavoratori di parlare e ascoltare le loro testimonianze, i problemi, le difficoltà, le proposte e anche le eventuali critiche.
Nelle conclusioni si è detto che quella  è stata una grande assemblea di popolo … ma dove era il popolo? Popolo in quella assemblea ce ne era pochissimo e quel poco che c’era non poteva esprimersi. Le tute e i caschi apparivano come elemento decorativo e non erano affatto al centro di quella assemblea del popolo sardo che dalla crisi avrebbe dovuto trarre ispirazione.
Il documento finale, distribuito in sala ma non votato dai presenti, contiene analisi e proposte non solo mai discusse e approvate, ma addirittura, in molti casi, contrastate in passato dalla Cgil. In primis il federalismo e il federalismo fiscale.
Dice il documento: “L’autonomia in questo mutato quadro va quindi ripensata e la specialità ridefinita in senso federalista” e ancora: “A otto anni dalla modifica del titolo V della Costituzione e dopo l’approvazione delle norme sul federalismo fiscale, appare non più procrastinabile la revisione dello Statuto Speciale della Regione sarda… L’attuazione del federalismo interno in Sardegna, anche con il trasferimento di risorse, poteri, funzioni agli enti locali, e la costruzione di una nuova Regione, è – tra l’altro - condizione fondamentale sia per la riscrittura dello Statuto, sia per dare efficacia ed efficienza all’azione di governo, sia per garantire un’adeguata competitività all’intero sistema economico regionale”.
Ma da quando la Cgil è favorevole alla riforma in senso federalista? Da quando anche per la Cgil sono le diversità a contare e dividere? Non sono invece i temi dell’uguaglianza sociale anche in termini solidaristici alla base delle scelte politiche e sindacali della nostra organizzazione? E non si dovrebbe partire da questi valori per affrontare seriamente la questione sarda e la questione Sardegna? La questione del lavoro, dell’economia, ma anche della storia, della cultura del popolo sardo non la si può affrontare senza un vero coinvolgimento, senza una vera partecipazione di massa.
La Cgil deve ridiventare una grande organizzazione di massa, realmente rappresentativa e democratica. La Cgil deve ridiventare l’organizzazione dei cittadini, delle donne, degli uomini, dei migranti, ridiventare l’organizzazione di quei lavoratori che stamattina non ha fatto parlare.
Un sindacato realmente di rappresentanza e realmente democratico non può prescindere dai rappresentati.

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