Gianna Lai
Per la rilevanza che ha nella lotta sociale per il lavoro e lo sviluppo della Sardegna, torniamo con due interventi sull’Assemblea del popolo sardo, tenutasi nei giorni scorsi a Cagliari. Il primo ci immerge nel clima dell’assemblea, il secondo ne da una valutazione critica da un angolo visuale che a noi sta particolarmente a cuore, quello della democrazia e della partecipazione dei lavoratori.
Le osservazioni anche critiche non debbono, però, far dimenticare che l’idea di una mobilitazione unitaria, capillare e permanente è giusta ed è quanto occorre per un’efficace lotta per il lavoro oggi nella nostra Isola. Da questo punto di vista c’è stato l’appunto della Presidente del Consiglio regionale, che non è stata assurdamente invitata, e c’è il malcontento di tanti lavoratori, espresso nell’articolo (che pubblichiamo a parte di seguito) di Elena Zolo. Bisogna recuperare rapidamente sul terreno del coinvogimento, facendo di questa mobilitazione unitaria un grande fatto popolare e di democrazia. Solo così, creando un fronte ampio, del resto, si può sperare di vincere una battaglia di così grande difficoltà.
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La platea della Fiera è gremita di operai in tuta e casco, di lavoratori e pensionati e quadri sindacali provenienti da tutta l’isola, mentre si succedono al microfono associazioni e esponenti politici e sociali che portano saluti e solidarietà all’Assemblea delle rappresentanze del popolo sardo, organizzata a Cagliari da Cgil, Cisl e Uil. Al centro il lavoro, dare vita ad un Patto per le riforme e per un nuovo Piano di Rinascita, che nelle relazioni introduttiva e finale richiama la partecipazione popolare degli anni Cinquanta al progetto sindacale e politico per l’occupazione e lo sviluppo dell’isola. Partendo oggi dai 150 mila sardi senza lavoro e senza ammortizzatori sociali, dai lavoratori precari, dai poveri e dai loro territori che devono gestire direttamente le risorse, divenendo i luoghi centrali del dibattito, delle scelte, della politica.
La gente è talmente tanta da non poter essere contenuta nella sala, e si vive la tensione di chi non ha la sicurezza del posto di lavoro, la sicurezza del futuro: è venuta da Portovesme, da Portotorres, da cagliaritano e dal nuorese per avere risposte, per sapere come opporsi alla crisi, alla cassa integrazione, ai licenziamenti di massa. E contesta i politici e gli inutili loro discorsi di circostanza, e si distrae e dimostra disinteresse se i discorsi si fanno troppo specifici, di un’unica categoria, che non riesce a mettersi in relazione col contesto. E rumoreggia perchè vuole sentire un rappresentante degli operai, - gli interventi proseguiranno secondo gli avvicendamenti previsti- dice la presidenza, ottenendo la solidarietà di don Ettore Cannavera che parla a metà mattina. Il capellano del carcere minorile di Quartucciu, responsabile anche della Comunità “La Collina” e di strutture che accolgono gli immigrati, dice di capire la rabbia di chi protesta in sala per il lavoro, perchè è alla mancanza di lavoro, e alla conseguente condizione di estrema marginalità sociale, che deve addebitarsi la devianza e l’affollamento delle carceri. Si faccia carico il Sindacato di porre al centro la dignità del lavoro, perchè il carcere smetta di essere il luogo della vendetta, la” discarica sociale” di un paese i cui veri delinquenti sono invece liberi di circolare. Ancor più col processo breve, vera e propria prescrizione dei reati, anche di quelli più gravi.- Facciamoci carico, conclude Cannavera, di impedire che la Lega razzista e xenofoba metta le sue radici in Sardegna, insistendo su immmigrazione e sicurezza, quando l’insicurezza vera è la mancanza di lavoro, su immigrazione e identità cristiana: cosa ci può esser di cristiano a respingere uomini che fuggono la povertà e le guerre, alla ricerca di pane e dignità?-
Moltissimi gli applausi alla fine, forse anche più numerosi di quelli per don Borrozu che mezz’ora prima, a nome della Caritas, aveva ricordato la riflessione del paese di Zuri sulla povertà e denunciato appunto i livelli di povertà della Sardegna, di un sottosviluppo prodotto da responsabilità ben precise, contro cui si possono mettere in campo azioni forti di contrasto. E aveva puntato il dito contro la politica -che fa finta di non sentire i poveri bussare alla nostra porta, per i quali il vero riscatto è la dignità del lavoro-.
Le abbiamo sentite in tutti gli interventi più significativi le riflessioni su povertà e responsabilità della politica, in quello di Giacomo Meloni del sindacato CSS, la Sardegna deve combattere contro quel grande imbroglio che è il Patto di stabilità, del rappresentante degli immigrati in Italia e nel mondo, la novità è data dall’emigrazione di giovani sardi laureati e diplomati, e dei giornalisti, la novità è data da un precariato simile a quello delle altre categorie, dalla totale mancanza di tutele e di futuro per i giovani giornalisti.
Alla fine è concesso di parlare a Cristian Basso, operaio dell’Alcoa di Portovesme, che interviene a nome dei lavoratori in lotta di tutta la Sardegna. Nel silenzio più assoluto, come mai si è verificato durante la mattinata, ripercorre le vicende di una battaglia durissima, molto lunga e dalle conclusioni del tutto incerte: “L’esito del 26 novembre a Roma, è stato per noi solo un piccolo passo avanti, dal 21 dicembre saremo tutti in cassa integrazione. Quello che conta oggi è che gli operai restino uniti e che siano sostenuti dall’unità stessa dei Sindacati, perchè solo in questo modo si può far fronte alla disperazione che prende ciascuno di noi e le nostre famiglie”. Tra gli applausi i lavoratori, concentrati in particolare alla destra del palco, scandiscono più volte ” Il posto di lavoro non si tocca”, forse memori delle manganellate che pochi giorni prima avevano preso a Roma durante le manifestazioni di protesta dei giorni scorsi, come fossero anche adesso in piazza. Ed infatti, nelle conclusioni del segretario Cgil, vien annunciata per il mese di Gennaio una mobilitazione regionale, con corteo, per le vie della città.
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