Al rogo i libri sulla mafia e i loro autori!

30 Novembre 2009
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Gianluca Scroccu

“Se c’e’ una persona che per indole, sensibilita’, mentalita’, formazione, cultura e impegno politico, e’ lontanissima dalla mafia, questa persona sono io”, ha detto il Cavaliere.
  “Se c’e’ un partito che in questi anni piu’ si e’ distinto nel contrastare la criminalita’ organizzata, questo partito e’ stato Forza Italia e oggi e’ il Popolo della Liberta’”, ha insistito, “se c’e’ un governo che piu’ di tutti ha fatto della lotta alla mafia uno dei suoi obiettivi piu’ netti e coerenti, questo e’ il mio governo, che sono certo sara’ ricordato anche come il governo che ha lanciato la sfida piu’ determinata alla mafia nella storia della nostra Repubblica”.
Le ultime parole famose! Non ci crede neanche lui. Ma non ha detto solo questo il premier. Ha detto anche altro, come ci racconta Gianluca Scroccu… 
 

Il Presidente del Consiglio ha sostenuto che, fosse per lui, “strozzerebbe chi ha scritto la Piovra o i libri sulla mafia”. Immaginiamoci se una frase del genere l’avesse pronunciata Obama, presidente di uno stato dove il fenomeno mafioso è ben presente almeno dalla fine dell’Ottocento. Sappiamo già che sono seguite smentite e chiarimenti: è storia oramai ben nota e che abbiamo visto spesso. Molti si sono soffermati sul fatto che una persona che ricopre quella carica non dovrebbe pronunciare esternazioni come queste, così come altri hanno messo in evidenza il paradosso rappresentato dal fatto che Berlusconi sia proprietario di una tv che ha prodotto e trasmesso fiction e film su Cosa Nostra, oltre che di una casa editrice che ha nel suo catalogo diverse decine di opere sull’argomento.
La mafia, per sua natura, vive nascosta e non cerca pubblicità (quando l’ha fatto, come negli anni Ottanta e Novanta durante il regno dei corleonesi, ha avuto i contraccolpi maggiori). Sono stati propri gli articoli, i libri, le inchieste di tantissimi giornalisti, storici, uomini politici a squarciare il velo dell’omertà e dell’immagine oleografica che circolava sulla criminalità organizzata che anche per questo poteva prosperare indisturbata. Leggendo quei volumi migliaia di cittadini italiani hanno capito quali fossero la pericolosità e la capacità organizzativa di organizzazioni come Cosa Nostra, della Camorra o dell’Ndrangheta. Le coscienze civili di una nazione democratica si formano infatti anche grazie alla parola scritta, alle pagine che si leggono o si conservano nella propria libreria di casa e su cui si può tornare quando accadono notizie che fanno crescere in noi il desiderio di sapere. Un libro sopravvive nel tempo e può tornare a parlarci anche dopo tanti anni: basta pensare, solo per fare due esempi, alle opere di Sciascia o al libro intervista di Giovanni Falcone. E dopo se ne può discutere tutti insieme in una presentazione o in un festival letterario davanti a personaggi come Saviano, Lirio Abbate o Don Ciotti. Chi vuole che non si leggano più libri sulla Mafia o sulla Camorra, invece, vuole rendere meno trasparente l’essenza democratica della nostra Repubblica perché ritiene che sia meglio che i cittadini non pensino, non possano capire e magari successivamente indignarsi sino a cambiare le cose.

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